Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30761 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. II, 28/11/2018, (ud. 20/04/2018, dep. 28/11/2018), n.30761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25729/2014 R.G. proposto da:

U.F., Z.A., V.N., F.P.G.,

G.M., R.G., FI.EL., S.L., tutti

rappresentati e difesi dall’Avv. OLLARI Roberto, con domicilio

eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso lo studio dell’Avv.

Placidi Giuseppe;

– ricorrenti –

contro

FE.GI., rappresentato e difeso dall’Avv. Moglia Marco, Avv.

Marchini Roberto e dall’Avv. Pagliari Giorgio con domicilio eletto

in Roma, viale Parioli n.180, presso lo studio dell’Avv. Braschi

Francesco Luigi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1701

depositata il 20 settembre 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 aprile

2018 dal Consigliere Milena Falaschi.

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Tribunale di Parma, con sentenza n. 537 del 12 giugno 2001, mentre respingeva tutte le domande proposte da Fe.Gi. nei confronti di Ga.Ol. per carenza di legittimazione passiva, condannava in solido i convenuti U.F., Z.A., V.N. e Gi.Ma. (succeduta in qualità di erede a Gi.Li. e A.E.), alla quale poi succedeva Fi.El., nonchè i terzi chiamati in causa G.M., F.P.G., S.L. e R.G., in solido, al pagamento della somma di Euro 4.648,11 oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno, costituito nel deprezzamento del fabbricato di proprietà dell’attore realizzatosi in seguito alla violazione delle distanze, respinta ogni altra domanda; rigettava, inoltre le domande riconvenzionali e dichiarava compensate per metà le spese di lite;

– sul gravame interposto dal Ferri, la Corte d’Appello di Bologna, nella resistenza degli appellati, i quali con appello incidentale riproponevano le domande riconvenzionali, accoglieva l’appello principale e in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava, altresì, U., Z., F., G., Fi., V., R. e S. ad arretrare l’edificio condominiale di loro proprietà alla distanza legale di dieci metri dal fabbricato di proprietà dell’ appellante, rigettati nel resto sia l’appello principale sia quello incidentale;

– per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna ricorrono U.F., Z.A., V.N., F.P.G., G.M., R.G., Fi.El., S.L. sulla base di quattro motivi di ricorso;

– l’intimato Fe.Gi. resiste con controricorso;

– in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato anche memoria illustrativa.

Atteso che:

– con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 872,873,874 e 877 c.c., nonchè il vizio di motivazione, in riferimento al criterio di prevenzione nelle costruzioni degli immobili oltre all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ad avviso dei ricorrenti la Corte territoriale avrebbe erroneamente valutato la data di edificazione dell’edificio condominiale rispetto alla data di costruzione delle autorimesse di proprietà della parte intimata. La violazione del principio di prevenzione risulterebbe, peraltro, quale conseguenza dell’erronea interpretazione da parte della Corte d’Appello di Bologna della CTU, con particolare riferimento ai documenti estratti dall’Ufficio Tecnico Comunale, in esito alla quale gli immobili di parte convenuta sono stati ritenuti edificati in epoca precedente rispetto all’edificio condominiale.

Il motivo è inammissibile prima che infondato per plurime ragioni: in primo luogo, perchè incentrato su una questione nuova, non trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate; in secondo luogo, per avere ad oggetto un accertamento di merito.

In siffata ipotesi il ricorrente al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cfr., Cass. n. 8206 del 22/04/2016; Cass. n. 23675 del 18/10/2013).

Nella specie non risulta essere stata trattata dalle parti la questione circa l’epoca di edificazione del condominio, fissata dalla Corte distrettuale all’anno 1984; nè la circostanza che detta epoca sia stata accertata dal CTU risulta aver formato oggetto di contestazione nella fase di merito da parte del ricorrente;

– il secondo motivo denuncia una violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale del tutto incomprensibilmente accolto sia la domanda proposta in via principale sia la domanda proposta in via subordinata.

La censura è infondata.

Alla pagina 14 e seguenti dello stesso ricorso per cassazione è riportata per esteso la sentenza di primo grado dalla quale risulta chiaramente che sia la domanda di abbattimento della parte di immobile realizzata in dispregio della normativa regolarmente vigente sia la domanda per il risarcimento del danno erano state entrambe formulate in via principale.

Inoltre, la stessa evidenza risulta ancora a pagina 43 del ricorso ove sono riportate le conclusioni degli atti introduttivi del giudizio d’appello.

Ne consegue che nessun pregio è la doglianza essere mossa al riguardo alla sentenza impugnata;

– con il terzo motivo nel dedurre l’omesso esame da parte della Corte d’Appello di specifica impugnazione, contenuta nell’appello incidentale, quanto alla condanna degli appellati al risarcimento del danno, derivante dalla maggiore incombenza provocata dal fabbricato dei ricorrenti alla proprietà finitima a causa della violazione della distanza legale dal confine, nella sostanza censura la inconciliabilità delle affermazioni della Corte distrettuale.

In altri termini, la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto essersi verificato il passaggio in giudicato di tale capo della sentenza di primo grado per acquiescenza nonostante la evidenza del gravame incidentale interposto.

La doglianza è fondata.

Va preliminarmente ritenuta l’ammissibilità del mezzo, con il quale viene dedotto un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e comunque “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, sindacabile in sede di legittimità, anche dopo la riforma introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modificazione dalla L. n. 134 del 2012(cfr Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014).

Nel merito, quanto sostenuto dai ricorrenti trova ampio riscontro nella stessa sentenza impugnata laddove nell’esporre i fatti indica quale motivo di appello incidentale “l’assenza di motivazione in ordine alla condanna al risarcimento dei danni per Lire 9.000.000 per una presunta maggiore incombenza del fabbricato condominiale, sia per quanto attiene all’esistenza del pregiudizio che alla sua qualificazione”, a fronte di detta illustrazione a pagina 24 stabilisce del tutto illogicamente che “il capo della sentenza recante la condanna degli appellati al risarcimento dei danni per la somma di Lire 9.000.000 (Euro 4.648,11) è passata in giudicata non essendo stato gravato da alcuno degli appellati soccombenti”;

– il quarto ed ultimo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 872,873 e 2933 c.c., oltre ad omessa motivazione con riguardo alle opere necessarie per la realizzazione in concreto dell’arretramento dell’edificio condominiale, nel rispetto della distanza di 10 metri dal fabbricato del Fe..

Il motivo è infondato.

In primo luogo occorre rilevare che allorchè sia realizzata una costruzione in violazione delle distanze o dei confini, la riconosciuta illegittimità della stessa non ne comporta necessariamente la demolizione integrale, ma, unicamente, la riduzione entro i limiti di legge, con demolizione delle sole parti che superano tali limiti. Pertanto, nell’ipotesi in cui venga ordinata la demolizione della costruzione illegittima, senza specificare l’esatta misura della inosservanza di distanze o confini, tale accertamento può essere effettuato esclusivamente dal giudice dell’esecuzione, nell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 612 c.p.c. (cfr. Cass. n. 4577 del 25/10/1977).

In secondo luogo, le norme del codice civile che disciplinano le distanze fra gli edifici e quelle integrative dei regolamenti edilizi locali fondano, nelle controversie fra privati, il diritto soggettivo di colui che si ritenga danneggiato dalla loro violazione al risarcimento del danno ed alla riduzione in pristino ovvero allo spostamento della costruzione alla distanza prescritta da dette fonti normative, senza che possa in contrario rilevare – almeno in via di principio – il disposto dell’art. 2933 c.c., e l’ivi previsto divieto di distruzioni pregiudizievoli per l’economia nazionale (Cass. Sez. Un. n. 6582 del 14/07/1994).

Inoltre, costituisce orientamento consolidato in giurisprudenza che l’art. 2933 c.c., comma 2, sia riferito alle sole fonti di produzione o distribuzione della ricchezza dell’intero paese e, pertanto, non è invocabile per evitare lo spostamento di una costruzione alla distanza prescritta dalle norme in materia, comportando la persistenza di detta costruzione, al contrario, una lesione di pur rilevanti interessi individuali (Cfr. Cass. n. 25890 del 31/10/2017).

Conclusivamente, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati i restanti, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio a diversa Sezione della Corte di appello di Bologna, affinchè si pronunci sulla questione risarcitoria oggetto di appello incidentale.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese della presente fase, a diversa Sezione della Corte di appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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