Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30760 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 26/11/2019), n.30760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9529-2018 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del Procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 82,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO BONOLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENZO GRELLI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIO SAVINI 7,

presso lo studio dell’avvocato VALENTINA ROMAGNA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LORENZO ZANELLA;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TREVISO, depositato il

22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relator Dott. CAMPESE

EDUARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in nome e per conto di Siena NPL 2018 s.r.l. (d’ora in avanti, più semplicemente Banca), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c., avverso il decreto n. 915/2018, reso dal Tribunale di Treviso il 22 febbraio 2018, reiettivo della sua opposizione, e art. 98 L. fall., contro la mancata ammissione al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione dei propri crediti di Euro 575.777,51, in via ipotecaria, ed Euro 17.874,21 in chirografo, invocati, rispettivamente, in forza di un contratto di mutuo fondiario intercorso con quest’ultima società in bonis e per le spese e competenze della corrispondente procedura esecutiva intrapresa anteriormente al suo fallimento. Resiste, con controricorso, la curatela del menzionato fallimento.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale, sulla premessa che la descritta richiesta di insinuazione era stata depositata il 4 aprile 2017, oltre il termine previsto dalla L. Fall., art. 101, comma 1, ritenne che: i) la documentazione prodotta dimostrava che la odierna ricorrente fosse venuta comunque a conoscenza del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (risalente al 17 settembre 2014), tanto desumendosi dalla perizia di stima depositata, il 16 giugno 2015, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare allora in corso in danni di quest’ultima ed in cui uno dei creditori procedenti era la Banca; dall’inequivocabile tenore della corrispondenza intercorsa tra il legale della Banca ed il curatore fallimentare, da cui emergeva che al primo era stata rivolta dal secondo la richiesta di disponibilità della sua assistita a far parte del comitato dei creditori, e che detto legale aveva risposto fornendo le indicazioni circa il funzionario di riferimento della vicenda; dalla medesima richiesta inviata dal curatore al funzionario della Banca il 28 novembre 2014; i) la curatela aveva comunque inviato alla Banca, all’indirizzo PEC risultante dal Registro Ini-pec, l’avviso ex art. 92 L. Fall., il cui esito di mancata consegna a causa di

“Mailbox, doveva considerarsi imputabile alla destinataria stessa, che, omettendo di controllare la capienza residua, non aveva fatto uso diligente del proprio account di posta elettronica certificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate censure prospettano:

I) “Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 92 e art. 101, u.c., “, per avere il tribunale ritenuto irrilevante l’omesso avviso ex art. 92 L. Fall., (nella specie perchè non recapitato, atteso l’esito negativo del messaggio di consegna della corrispondente PEC visibile da parte del solo mittente) da parte del curatore del fallimento, da considerarsi, invece, integrare causa non imputabile del ritardo della richiesta di insinuazione. Si assume che “nell’attuale sistema, in cui la domanda di ammissione al passivo è soggetta a nidi termini di decadenza, la comunicazione prevista dalla L. Fall., art. 92 non può essere sostituita da notizie asseritamente pervenute in ria informale da un soggetto estraneo rispetto alla Banca o comunque da un soggetto che ne era solo dipendente, non potendo essere posto a carico del creditore, tantomeno ai fini della valutazione della sua inerzia, l’onere di informami sul fallimento del proprio debitore” (cfr pag. 6 del ricorso);

II) “Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Nel ribadirsi le argomentazioni di cui al precedente motivo, si assume che il tribunale “abbia errato nel valutare le prove Jo rnitegli dal curatore, ritenendole idonee ad ottemperare al disposto di cui all’art. 101 L. Fall. Inoltre il tribunale ha ritenuto, e qui sta l’omesso esame (irta un fatto decisivo per il giudizio. oggetto di discussione tra le parti, che anche soggetti terzi, come può essere un legale esterno a cui si appoggia la Banca o un suo dipendente, equivalgano alla conoscenza dell’intervenuto fallimento da parte degli apici della Banca”, e che se tale fatto storico, oggetto di discussione nel corso del giudizio, “fosse stato oggetto di esame da parte del tribunale, avrebbe portato all’accoglimento del

ricorso ex art. 98 (cfr. pag. 10 del ricorso);

III) “Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 92 e 101, u.c., L. Fall. e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16”, per avere il tribunale erroneamente affermato che il descritto esito negativo del messaggio di consegna di posta elettronica equivalesse all’effettiva consegna della e-mail PEC, così implicitamente applicando il D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, specificamente dettato per il processo civile telematico così da non poter riguardare comunicazioni che avvengono al di fuori del processo.

2. Rileva preliminarmente il Collegio che il decreto impugnato si configura come una pronuncia basata su due distinte raliones decidendi, ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere della Banca ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso (0-.. Cass. n. 2663 del 2019, in motivazione, Cass. n. 21490 del 2005 e Cass. n. 7838 del 2015. In senso sostanzialmente conforme si vedano anche Cass. n. 2736 del 2013, e, soprattutto, Cass., SU, n. 3840 del 2007, in motivazione).

2.1. Nella specie, le suddette rationes risultano attinte, rispettivamente, dai motivi primo e secondo (la prima di esse), e (la

seconda) dal terzo. peraltro, evidente che ove almeno una di tali rationes resista alle censure ad essa mosse, diverrebbe irrilevante lo scrutinio dell’altra, atteso che, alla stregua dei principi giurisprudenziali rinvenibili in Cass. n. 20153 del 2018, Cass. n. 18641 del 2017 e Cass. n. 15350 del 2017 (tutte richiamate nella più recente Cass. n. 29916 del 2018), la stessa non potrebbe comunque produrre l’annullamento del provvedimento impugnato.

3. In via logicamente prioritaria, va esaminato il terzo motivo, da ritenersi, peraltro, fondato (indipendentemente dall’inesatto richiamo alle disposizioni violate, di per sè non costituente circostanza impeditiva dell’esame del motivo ove ne risulti comunque chiaro il contenuto. Cfr. Cass. n. 12690 del 2018).

3.1. Invero, il D.L. n. 179 del 2012, art. 17, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, ha introdotto la L. Fall., art. 31-bis, rubricato Comunicazioni del curatore, a tenore del quale: 1. Le comunicazioni ai creditori e ai titolari di diritti sui beni che la legge o il giudice delegato pone a carico del curatore sono effettuate all’indirizzo di posta elettronica certificata da loro indicato nei casi previsti dalla legge. 2. Quando è omessa l’indicazione di cui al comma precedente, nonchè nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, tutte le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. 3. In pendenza della procedura e per il periodo di due anni dalla chiusura della stessa, il curatore è tenuto a conservare i messaggi di posta elettronica certificata inviati e ricevuti.

3.2. Orbene, è pacifico tra le parti che l’avviso ex art. 92 L. Fall. inviato dal curatore del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione alla Banca, all’indirizzo PEC risultante dal Registro Ini-pec, era risultato non consegnato per “Mailbox fult”: conseguentemente, una volta ritenuto, dal tribunale trevigiano, che un siffatto esito negativo fosse imputabile al destinatario dell’avviso stesso, il quale non aveva fatto uso diligente del proprio account di posta elettronica certificata omettendo di controllarne la capienza residua, si sarebbe dovuto accertare, alla stregua della L.Fall. art. 31-bis, comma 2, l’avvenuta effettuazione, o meno, del medesimo avviso presso la cancelleria del tribunale fallimentare. Una siffatta circostanza, però, nemmeno è stata allegata dalla curatela, sicchè, da un lato, deve affermarsi che, nella specie, l’esito negativo suddetto, benchè ritenuto imputabile al destinatario dell’avviso, deve ritenersi equivalente ad un’omissione dell’avviso ex art. 92 L. Fall. non avendo il curatore fallimentare allegato (ancor prima che documentato) di aver provveduto al suo deposito in cancelleria come impostogli, per una ipotesi siffatta, dalla L.Fall., art. 31-bis, comma 2,; dall’altro, deve trovare applicazione il principio, già ripetutamente affermato da questa Corte, per cui il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall’art. 92 L.Fall., integra sì la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore, ma il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso predetto (cfr. Cass. n. 10121 del 2019; Cass. n. 16103 del 2018; Cass. n. 23302 del 2015; Cass. n. 4310 del 2012).

4. Ne deriva, dunque, che la fondatezza della doglianza in esame, lungi dal determinare l’accoglimento del ricorso, impone l’esame dei suoi primi due motivi, che può essere effettuato unitariamente in ragione della loro evidente connessione, e che, come si è anticipato, investono l’ulteriore, autonoma ratio decidendi posta dal tribunale veneto a fondamento della propria decisione: vale a dire che la curatela odierna controricorrente aveva fornito adeguata dimostrazione che Banca fosse venuta comunque a conoscenza dell’esistenza del dichiarato fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione. Lo scrutinio di tali censura rivela la loro complessiva insuscettibilità di accoglimento.

4.1. In proposito, giova immediatamente rimarcare che la reiterata insistenza della Banca – anche nella memoria ex art. 380-bis c.p.c. – in ordine all’assunto che la mancata comunicazione dell’avviso ex art. 92 L. Fall. avrebbe dovuto comportare, sic et simpliciter; la non imputabilità ad essa del ritardo con cui aveva proposto la propria domanda di ammissione al passivo, posto che “la comunicazione prevista dall’art. 92 L.Fall. là non può essere sostituita da notizie asseritamente pervenute in via informale da un soggetto estraneo rispetto alla Banca o comunque da un soggetto che ne era solo dipendente, non potendo essere posto a carico del creditore, tantomeno ai fini della valutazione della sua inezia, l’onere di informarsi sul fallimento del proprio debitore” (cfr. pag. 6 del ricorso), oblitera totalmente il diverso, costante orientamento giurisprudenziale richiamata al precedente p. 4.2, nè si confronta con esso.

4.2. Fermo quanto precede, il tribunale trevigiano ha ritenuto che la curatela aveva fornito adeguata dimostrazione che la Banca fosse venuta comunque a conoscenza del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (risalente al 17 settembre 2014), tanto desumendolo dalla documentazione rinvenuta in atti, già specificamente descritta al precedente p. 1.1., da intendersi qui richiamato.

4.3. Posto, allora, che nell’ipotesi di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi della L.Fall. art. 101, u.c. (cd. supertardiva o ultratardiva, cioè proposta – come nel caso – oltre il termine, di legge o fissato dal tribunale, di cui al comma 1 della medesima norma, computato rispetto al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo e pacificamente superato anche nella fattispecie de qua), la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (cfr.Cass. n. 10121 del 2019; Cass. n. 16103 del 2018; Cass. n. 19017 del 2017; Cass. n. 23302 del 2015; Cass. n. 20686 del 2013), ritiene il Collegio che la riportata conclusione del menzionato tribunale sia immune dalle censure ad essa ascritte.

4.3.1. Invero, non è ragionevolmente dubitabile che il legale della Banca (Avv. Enzo Gretti, lo stesso costituito anche in questa sede nel suo interesse) abbia avuto conoscenza del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione o dal novembre 2014, cioè da quando aveva ricevuto la richiesta della curatela volta ad ottenere la disponibilità della sua assistita di far parte del comitato dei creditori (analoga richiesta era poi stata inviata dalla curatela anche a colui il quale gli era stato indicato dal medesimo legale come funzionario della Banca di riferimento per tale vicenda), o, in ogni caso, dal giugno 2015, data della perizia di stima depositata nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare allora in corso in danni della società poi fallita ed in cui uno dei creditori procedenti era proprio la Banca.

4.3.2. Costituisce, poi, principio di carattere generale quello per cui quanto avviene in udienza deve considerarsi noto alle parti (attraverso la mediazione del difensore), che, per quanto qui interessa, sono, nel processo di esecuzione, il creditore (nella specie, giova ricordarlo, anche la Banca odierna ricorrente) ed il debitore, ricordandosi, altresì, che, ai sensi dell’art. 40 del Codice Deontologico Forense approvato il 17 aprile 1997 e vigente fino al 15 dicembre 2014 (qui utilizzabile, dunque, ralione lemporis, almeno in relazione al momento in cui il legale della Banca aveva ricevuto la richiesta della curatela di sondare la disponibilità della propria assistita a far parte del costituendo comitato dei creditori), l’avvocato è tenuto ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli quando lo reputi opportuno (ed ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta); deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di determinati atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione; deve riferire al proprio assistito il contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse di questi. Disposizioni affatto analoghe, peraltro, sono contenute nell’art. 27, commi 7 ed 8, del medesimo Codice approvato il 31 gennaio 2014, entrato in vigore il 16 dicembre 2014 e rimasto vigente fino all’1 luglio 2016, applicabile, pertanto, in relazione al momento (giugno 2015) in cui il legale della Banca assisteva quest’ultima nel corso della citata procedura esecutiva.

4.3.3. La Banca odierna ricorrente, dunque, certamente doveva considerarsi a conoscenza, quanto meno dalle date predette (novembre 2014 o, al più tardi, giugno 2015), della sopravvenuta dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (risalente al 17 settembre 2014). Da ciò consegue la inammissibilità della domanda L. Fall., ex art. 101, comma 4, proposta dalla prima solo il 4 aprile 2017 (cfr. pag. 2 del decreto impugnato), pacificamente oltre il termine, di legge o fissato dal tribunale, di cui al comma 1 della medesima norma, computato rispetto al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento predetto.

4. Il ricorso va, pertanto, respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, dandosi atto, altresì, ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, – giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., nella indicata qualità, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 26 novembre 2019

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