Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3076 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.06/02/2017),  n. 3076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29232-2015 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AVEZZANA 3,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE DI MATTIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELANGELO

MUCCIACCIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOLOGNA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3321/2014 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata

il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato Salvatore DI MATTIA, che si riporta agli atti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata depositata la seguente relazione:

“1. Il Tribunale di Bologna ha rigettato la domanda proposta da G.C. per la condanna del Comune di Bologna al risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro occorsole in occasione dell’uso di una strada da parte della stessa.

2. Avverso la sentenza del tribunale bolognese ha proposto ricorso per cassazione G.C. sulla base di tre motivi d’impugnazione.

3. Il Comune di Bologna non ha svolto difese in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

5. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per essere il tribunale di Bologna incorso in errore di giudizio e di procedura, con contestuale violazione dell’art. 2727 c.c., per aver ignorato tutte le presunzioni gravi, precise e concordanti, comprovanti il nesso causale tra il sinistro oggetto d’esame e i danni sofferti da essa ricorrente.

6. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 2051 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in cui sarebbe incorso il tribunale, per aver trascurato la natura di responsabilità aggravata connessa all’applicazione di detta norma, avente carattere oggettivo; e ciò sulla base di un’errata interpretazione dei fatti di causa in relazione all’identificazione di un caso fortuito a monte dei danni concretamente sofferti dalla G..

7. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il tribunale erroneamente rilevato l’insussistenza di alcuna insidia nella conformazione dei luoghi percorsi dall’attrice danneggiata, e per aver escluso la colpa dell’amministrazione convenuta nella produzione del fatto dannoso oggetto d’esame.

8. Tutti e tre i motivi sono inammissibili.

Con riguardo ai motivi in esame – espressamente dedotti dalla ricorrente come forme diverse di violazione di legge -, ritiene il relatore opportuno ribadire – in conformità al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità – come, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consista nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).

Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità della valutazione operata dal tribunale in ordine agli elementi istruttori complessivamente acquisiti nel corso del giudizio, e in un invito rivolto alla corte di legittimità di procedere a una rinnovazione del giudizio di merito sulla base di un’interpretazione dei fatti di causa ritenuta più adeguata, secondo la soggettiva prospettazione della ricorrente.

Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare, non già un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge (come accade per il classico caso della violazione di legge), bensì una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato nel trascurare il contenuto rappresentativo proprio di talune fonti probatorie o nel travisarne altri.

Ciò posto, in ossequio al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili.

Osserva infatti il relatore come – dovendo il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto risolversi in un giudizio sulla fattispecie astratta contemplata dalla norma di diritto applicabile al caso concreto, e dovendo la relativa denunzia avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della sentenza impugnata che si assumono essere in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza e/o dalla dottrina prevalente – deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si censura come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n.10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 91 85 del 21/04/2011, Rv. 616892).

9. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere dichiarato inammissibile”;

2. La ricorrente ha presentato memoria ex art. 380-bis c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione trascritta e di doverne fare proprie le conclusioni, tenuto altresì conto della totale inidoneità delle considerazioni critiche illustrate nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a incidere sulla relativa correttezza nonchè sull’integrale condivisibilità degli apprezzamenti in essa contenuti.

4. Il ricorso dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo all’adozione di provvedimenti in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l’amministrazione controricorrente svolto difese in questa sede.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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