Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30756 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.V., C.P., C.A.,

elettivamente domiciliati in Roma, via S.S. Pietro e Paolo n. 50,

presso lo studio dell’avv. Vincenzo Mauro, rappresentati e difesi

dall’avv. Iozzo Vincenzo;

e

T.R. elettivamente domiciliato in Roma, via S.S. Pietro e

Paolo n. 50, presso lo studio dell’avv. Vincenzo Mauro, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè

I.F., IO.Ri., I.A., I.V.,

IO.An., I.R., I.C., I.

G.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sez. 26^, n. 63 del 26 maggio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29.11.2011 dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per l’Agenzia ricorrente, l’avvocato dello Stato Alessandro

Maddalo;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 377

c.p.c., u.c.;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale

POLICASTRO Aldo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dalla sentenza impugnata, emerge che, in esito al decesso della dante causa (avvenuto il (OMISSIS)), gli eredi presentarono, in data 8 settembre 2000, dichiarazione di successione, con riferimento a testamento pubblico redatto il 20 giugno 1988.

Emerge, inoltre, che, a seguito del riscontro, nel novembre 2001, di ulteriore disposizione testamentaria, gli eredi presentarono ulteriore denunzia di successione “sostitutiva della precedente”, ai sensi della L. n. 346 del 1990, art. 28, comma 8.

Su tali presupposti, l’Agenzia provvide a liquidare l’imposta in applicazione dei criteri di cui alla L. n. 346 del 1990, vigente al tempo dell’apertura della successione e della prima dichiarazione, e gli eredi proposero ricorso, sostenendo, tra l’altro, in funzione del tempo della “disposizione sostitutiva”, l’applicabilità della L. n. 388 del 2001, art. 13 ovvero, in subordine, quella dei criteri di liquidazione di cui alla L. n. 342 del 2000, in forza della specifica previsione transitoria di cui al relativo art. 69, comma 15.

L’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello dei contribuenti, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale.

I giudici di appello ritennero applicabile alla fattispecie la previsione di cui alla L. n. 342 del 2000, in base al rilievo che era determinante la circostanza che il rinvenimento della nuova disposizione testamentaria era avvenuto nel novembre 2001 ed alla considerazione che l’ambito di applicazione di detta legge era fissata in funzione della data della dichiarazione e non di quella dell’apertura della successione.

Avverso tale decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.

I contribuenti hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motive di ricorso, l’Agenzia deduce “violazione dell’art. 587 c.c., comma 1, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 28, comma 6, e art. 31 e della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 69, comma 15” e formula il seguente quesito di diritto: “… se una dichiarazione con la quale il de cuius si limiti a precisare il luogo di deposito dei titoli e del liquido in relazione ai quali aveva in precedenza disposto con testamento pubblico non possa essere qualificata come disposizione testamentaria, con la conseguenza che il rinvenimento di una dichiarazione siffatta successiva alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione principale, essendo tale dichiarazione inidonea a determinare alcun mutamento nella devoluzione dell’eredità, non da luogo alla riapertura dei termini per la presentazione della dichiarazione ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 2000, art. 28, comma 6, e art. 31, comma 2, lett. e)”.

Con il secondo e terzo motivo di ricorso, l’Agenzia censura in diversa prospettiva, sul piano del vizio di motivazione, la qualificazione di nuova disposizione testamentaria attribuita dai giudici di appello alla dichiarazione del de cuius conosciuta nel novembre 2001.

Atteso che si verte in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo l’1 marzo 2006 e prima del 4 luglio 2009 (cfr. Cass. 22578/09), occorre, prioritariamente rispetto ad ogni altra valutazione, rilevare l’inammissibilità delle censure proposte dall’Agenzia, per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c..

Ai sensi della disposizione indicata, invero, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico (così come quello posto dall’Agenzia a corredo del primo motivo), ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino (come avviene in relazione al secondo e terzo motivo del ricorso dell’Agenzia) solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis, (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07).

Il ricorso appare, peraltro, carente anche sul piano dell'”autosufficienza”, posto che, mentre la decisione di appello attribuisce alla seconda dichiarazione della dante causa carattere di vera e propria disposizione di natura testamentaria, nè dalla sentenza medesima nè dal ricorso emerge se e come, in sede di merito, fosse stata prospettata la questione della necessità di riconoscere a tale seconda dichiarazione una diversa natura.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.

Per la natura della controversia e tutte le specificità della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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