Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30755 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 26/11/2019), n.30755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27056-2018 proposto da:

D.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO

61, presso lo studio dell’avvocato CESARE ANTETOMASO, rappresentato

e difeso dall’avvocato CARMELO PICCITTO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI PALERMO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositato il

20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

D.B., senegalese, impugna con un solo motivo il decreto del tribunale di Messina in data 20-7-2018 nella parte in cui è stata rigettata la domanda di concessione di un permesso per motivi umanitari;

il ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il tribunale – premesso che il richiedente aveva dedotto a fondamento della domanda uno stato di vulnerabilità per aver subito violenze in Libia (paese di transito) e di essere affetto da problemi di salute – ha rigettato la domanda di protezione umanitaria poichè il transito in Libia poteva al più lumeggiare la situazione personale e familiare del richiedente, e mettere in luce l’esistenza di specifiche vulnerabilità, ma non giustificare in sè la concessione del permesso; mentre le condizioni di salute, in base alla documentazione prodotta, imponevano semplicemente periodici controlli medici, senza che però il ricorrente risultasse attualmente sottoposto a cure; nè vi erano elementi tali da escludere che i semplici controlli medici potessero esser fatti direttamente in Senegal;

nel ricorso si denunzia a tal riguardo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27 e 35-bis, per avere il tribunale omesso di svolgere una effettiva indagine sul paese interessato (il Senegal) al fine di comparare adeguatamente l’integrazione raggiunta in Italia; si denunzia altresì l’apparenza della motivazione al riguardo;

il motivo è nella sua genericità inammissibile, visto che si incentra sull’apodittico rilievo che la comparazione, in base all’indirizzo interpretativo inaugurato da questa Corte con la sentenza n. 4455 del 2018 (secondo la versione dell’istituto della protezione umanitaria anteriore al D.L. n. 113 del 2018), “non può che avvenire sulle effettive condizioni del paese di provenienza” e che, in proposito, “non può certo bastare a sostenere la comparazione il riferimento parziale al Senegal solo in relazione ai problemi di salute del ricorrente”;

in contrario deve osservarsi che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della protezione (sia essa internazionale, sia essa umanitaria) non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (cfr. Cass. n. 27336-18, Cass. n. 3016-19); e nella specie il tribunale ha evidenziato che i profili in concreto posti a base della domanda erano giustappunto stati correlati a uno stato di vulnerabilità discendente da motivi di salute, unitamente ai patimenti subiti nel paese di transito;

non risulta neppure dal ricorso, in prospettiva di autosufficienza, che ad altro fosse stata correlata la domanda stessa, sicchè l’assunto mercè il quale si vorrebbe estesa la comparazione ad altri elementi rispetto a quelli dedotti (l’aver perso tutti i parenti, il provenire da zona in costante violazione dei diritti umani, e via seguitando) esula dai limiti necessariamente costituiti dal principio di allegazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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