Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30750 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.P., D.O.G., elettivamente domiciliati in

ROMA VIA PO 9 presso lo studio dell’avvocato NAPOLITANO FRANCESCO,

rappresentati e difesi dall’avvocato SERI MANUEL con studio in

MACERATA VIA GHINO VALENTI 11 (avviso postale), giusta delega a

margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1/2006 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 07/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO GIUSEPPE, che si riporta

agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VIOLA Alfredo Pompeo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.O.B., consigliere regionale delle Marche, propose un’istanza di rimborso di ritenute operate dalla Regione sui contributi concernenti l’indennità di carica per il diritto all’assegno vitalizio di cui alla L.R. n. 23 del 1995, art. 3.

Formatosi il silenzio-rifiuto, le eredi dell’istante C. P. e D.O.G. – presentarono ricorso alla commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, lamentando che dalla natura previdenziale dei contributi, in quanto versati ai fini dell’assegno vitalizio, dovesse derivare, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 2, lett. a), Tuir (nel testo vigente pro tempore), l’esclusione dalla base imponibile.

Codesta tesi fu accolta con decisione confermata dalla commissione tributaria regionale delle Marche. Avverso codesta statuizione, di cui alla sentenza n. 1/4/2006, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La parte intimata ha replicato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I motivi rispettivamente deducono:

(a) omessa e/o insufficiente motivazione su punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), non essendo evincibile, dalla scarna motivazione dell’impugnata sentenza, attraverso quale attività logica sia stato dedotto che la contribuzione imposta ai componenti del consiglio regionale delle Marche abbia funzione e natura previdenziale;

(b) violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 2, lett. a) Tuir e della L.R. Marche n. 23 del 1995, non avendo la commissione considerato che, per essere esclusi dalla base imponibile, devesi trattare di contributi aventi carattere previdenziale obbligatorio, con riserva di legge statale; nè avendo considerato che la stessa legge regionale succitata, istitutiva dell’assegno de quo, non parla di trattamento previdenziale, sebbene di trattamento semplicemente indennitario.

2. – Il ricorso è nel complesso fondato, avendo questa Corte già evidenziato, a corredo dell’esegesi delle disposizioni poc’anzi evocate, che le trattenute operate sull’indennità di carica dei consiglieri regionali, in base alla L.R. Marche 13 marzo 1995, n. 23, art. 3 a titolo di contributo per la corresponsione dell’assegno vitalizio, devono essere assoggettate a tassazione, non potendo applicarsi la causa di esclusione di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 2, lett. a) Tuir (per le fattispecie soggette a quel testo ratione temporis) in quanto relativa ai “contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge” (v. Cass. n. 20538/2010; n. 23793/2010). Mentre alle trattenute operate sull’indennità di carica dei consiglieri regionali delle Marche non può essere riconosciuta simile natura essendo esse finalizzate all’erogazione di un vitalizio corrispondente a un’indennità di fine mandato, esattamente al pari di quanto accade per i parlamentari cessati dalla carica. Rispetto ai quali – va rammentato – si è espressa la Corte costituzionale, a mezzo della sintonica considerazione che il corrispondente assegno vitalizio “a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all’esercizio di un mandato pubblico:

indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego” (cfr. C. cost. n. 289/1994).

A siffatta considerazione si è aggiunto il condivisibile rilievo che “il legislatore, nell’esercizio della discrezionalità di fissare la base imponibile per i redditi aventi carattere misto assistenziale e previdenziale, può anche determinare esclusioni o limitazioni in ordine a quanto concorre a formare il reddito (..) purchè in modo non irragionevole o arbitrario e senza discriminazioni o privilegi non giustificati”. E in particolare che non è tenuto, il legislatore, “a escludere, in ogni caso, dalla imposizione Irpef i suddetti assegni, che possono essere considerati come reddito e indice di capacità contributiva” (v. Corte cost., ord. n. 412 del 2000).

3. – Al citato orientamento il collegio intende assicurare continuità, non apprezzandosi, nelle posizioni qui assunte dagli intimati, argomenti idonei a determinarne un mutamento. Consegue che l’impugnata sentenza, in quanto dissonante, va soggetta a cassazione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può la Corte, decidendo nel merito della regiudicanda (art. 384 cpv.

c.p.c.), rigettare l’impugnazione avverso il silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso.

La solo recente formazione di una stabile giurisprudenza sul profilo di diritto che precede induce a compensare le spese dei gradi di merito, per giusti motivi.

Quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso il silenzio-rifiuto;

compensa le spese processuali relative ai gradi del giudizio di merito e condanna le intimate al pagamento delle spese relative al giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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