Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30750 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 28/11/2018), n.30750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14989-2017 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

n.288, presso lo studio dell’avvocato MICHELA REGGIO D’ACI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO LODESERTO;

– ricorrente –

contro

KNOPEX EUROPE S.R.L., C.C.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VICENZA, depositata il

19/04/2017, emessa sul procedimento iscritto al n. 6273/2015 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

S.P., con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in data 30.07.2015, impugnava, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, il capo del dispositivo della sentenza n. 131/2015 pronunciata dal Tribunale di Vicenza – Sezione Lavoro in data 21.04.2015 con cui era stato liquidato in suo favore un compenso complessivo di Euro 3.800,00, oltre IVA ed accessori di legge per l’attività professionale prestata quale C.T.U. nel procedimento R.C.L. n. 171/2009 pendente tra C.C. e Knopex Europe ponendo la somma complessiva a carico di entrambe le predette parti, in pari misura ed in via tra loro solidale.

Il ricorrente lamentava l’errata applicazione del D.M. 30 maggio 2002, art. 2, non avendo il giudice correttamente valutato l’opera da esso ausiliario compiuta, cui era stato affidato, tra l’altro, l’incarico di rispondere a due distinti quesiti, nonchè l’omessa motivazione dei criteri di liquidazione del compenso in discussione. Dunque, evocati in giudizio C.C., nonchè Knopex Europe s.r.l., chiedeva, in riforma dell’impugnato provvedimento, la liquidazione in proprio favore del compenso in misura pari ad Euro 5.750,00.

I convenuti, cui il ricorso veniva ritualmente notificato, non si costituivano e, conseguentemente, all’udienza del 10.05.2016 ne veniva dichiarata la contumacia.

Il Tribunale di Vicenza con ordinanza ex art. 702 c.p.c. del 19 aprile 2017 dichiarava il ricorso inammissibile in quanto tardivamente proposto. Secondo il Tribunale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 17, l’opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi degli ausiliari del giudice deve essere posposta entro il termine per impugnare previsto dall’art. 702 quater c.p.c., pari a trenta giorni:

La cassazione di questa ordinanza è stata chiesta da S.P. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria. C.C. e Knopex Europe S.r.l., in questa fase, non hanno svolto attività giudiziale.

S.P. lamenta:

a). = Con l’unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, in relazione alla mancata rimessione in termini richiesta dal ricorrente contrasto di pronunce tra il Tribunale di Venezia e il tribunale di Vicenza. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Vicenza avrebbe errato nel non concedere la richiesta in remissione in termini per la rinnovazione del ricorso, non avendo considerato che la difesa del dott. S., alla prima udienza successiva alla pronuncia della Corte cost. n. 160 del 2006 aveva chiesto la remissione in termini per essere incorsa in decadenza per causa non imputabile alla parte, rilevando che alla data dell’introduzione del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e TU n. 115 del 2002, art. 170, non conteneva alcun termine per la presentazione dell’opposizione.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il motivo formulato con il ricorso poteva essere dichiarato infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.

Rileva il Collegio che il ricorso, deve essere ritenuto infondato, in tal senso, trovando conferma la proposta già formulata dal relatore, ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c..

1.a) Come è stato già affermato da questa Corte, e anche a prescindere dalla sentenza della Corte cost. n. 106 del 2006 ” (…..) il testo originario del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, comma 1, stabiliva che, avverso il decreto di pagamento delle spettanze dovute agli ausiliari del magistrato, il beneficiario e le parti processuali (compreso il pubblico ministero) “possono proporre opposizione, entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, al presidente dell’ufficio giudiziario competente”. Il testo di tale disposizione è stato sostituito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 17. Il nuovo testo del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, comma 1, stabilisce ora che “Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato (..) il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione. L’opposizione è disciplinata del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 15”. Il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 15, (intitolato “Dell’opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia”) stabilisce, a sua volta, che “Le controversie previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo”. In forza di tale rinvio, deve ritenersi che la disciplina del termine per proporre opposizione avverso il decreto di liquidazione delle spettanze agli ausiliari del Giudice, va individuata in quella di cui all’art. 702-quater c.p.c., norma dettata in tema di procedimento sommario di cognizione, che prevede che il provvedimento adottato in prima istanza dal giudice monocratico si consolida in giudicato se non è appellato “entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione” (…..). Va escluso che l’applicazione del termine per impugnare previsto dall’art. 702-quater c.p.c. sia di tipo analogico, trattandosi, invece, di termine da applicarsi in forza dell’esplicito rinvio, che il vigente testo del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, fa al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, disposizione – quest’ultima – che prevede espressamente che le controversie relative all’opposizione al decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari del giudice siano regolate dalle disposizioni relative al rito sommario di cognizione. L’espresso rinvio alle disposizioni relative al rito sommario di cognizione esclude la configurabilità di alcun vuoto normativo e, di conseguenza, la necessità di far luogo ad applicazione analogica della legge.

Appare, dunque, del tutto pacifico che il termine dei trenta giorni per l’impugnazione del provvedimento contenente la liquidazione delle spettanze all’ausiliario del giudice (nel nostro caso rappresentato dalla sentenza n. 131 del 2015), era già un termine previsto dalla norma ordinaria. La sentenza della Corte cost., in verità, è, al riguardo, semplicemente indicativa ed esplicativa della normativa esistente, tanto è vero che ha rigettato la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 34, comma 17 ed art. 15, comma 2, impugnati con riferimento agli artt. 76,3 e 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 7.

Come correttamente ha affermato la Corte distrettuale, “l’istanza con la quale il ricorrente nella consapevolezza della richiamata pronuncia della Corte nella consapevolezza della richiamata pronuncia della Corte costituzionale, sopraggiunta nelle more del presente giudizio, ha, invero, chiesto di essere rimesso in termini per provvedere alla rinnovazione del ricorso, producendo precedente conforme del Tribunale di Venezia. Tale istanza non può tuttavia essere accolta. La pretesa retroattività degli effetti della pronuncia della Corte cost. è caratteristica propria delle sole decisioni con le quali una legge viene dichiarata in contrasto con la Costituzione, e, dunque, delle sentenze di accoglimento, e non già di quelle – come la presente – in cui la questione di legittimità costituzione è stata ritenuta non fondata: nel caso di specie, poichè è stato ritenuto che non sussistesse nell’ordinamento alcun vuoto normativo in ordine ai termini per proporre impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, a tale interpretazione non può essere attribuita alcuna portata “retroattiva”, posto che soltanto le leggi di interpretazione autentica, e non certo le pronunce giurisprudenziali meramente interpretative, hanno efficacia retroattiva (…)”.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese, posto che la parte intimata in questa fase non ha volto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile Seconda di questa Corte di Cassazione, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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