Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30749 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27945-2018 proposto da:

M.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 378/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

M.A.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, avverso la sentenza n. 378/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 19 marzo 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso — denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo il permesso di soggiorno per motivi umanitari, pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura; Ritenuto che:

secondo la disciplina previgente applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – nell’interpretazione che più volte ne ha dato questa Corte – non possa essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, e neppure il diritto possa essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti, quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Sentenza CEDU 8/4/2008 Ric. 21878 del 2006, Nyianzi c. Regno Unito) (Cass., 28/06/2018, n. 17072);

il riconoscimento della protezione umanitaria, secondo i parametri normativi stabiliti dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 2, e dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, anche nei confronti del cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato d’integrazione sociale nel nostro paese, non possa, pertanto, escludere l’esame specifico ed attuale della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine (Cass., 23/02/2018, n. 4455);

Rilevato che:

nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, in fatto, che il richiedente – il quale, dall’età di dieci anni, aveva lasciato il (OMISSIS), in passato teatro di pesanti scontri tra i ribelli indipendentisti e le forze governative, per stabilirsi definitivamente a Dakar, città che non presenta particolari criticità dal punto di vista della sicurezza = aveva abbandonato il proprio Paese “dichiaratamente per motivi economici”, ossia per trovare altrove migliori possibilità di lavoro come idraulico;

la Corte ha, altresì, accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate, citate nella motivazione – che perfino la regione del (OMISSIS), della quale l’istante era originario, ha in corso un procedimento di pacificazione e che è in atto, ormai da anni, una tregua tra le opposte fazioni, mentre sono in corso trattative per una soluzione negoziale dell’intero conflitto;

nel motivo di ricorso il ricorrente si limita ad operare un ampio ed astratto excursus con riferimento ai presupposti giuridici generali della forma di protezione in parola, nonchè una generica allegazione in ordine al pericolo di violazioni dei diritti umani, che lo attenderebbe in caso di ritorno in patria, con riferimento, tuttavia, al (OMISSIS), ormai abbandonato da molto tempo e nel quale – come dianzi detto è comunque in corso una tregua da anni;

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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