Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30748 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26750-2018 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), PROCURA GENERALE PRESSO la CORTE di

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 181/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

C.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 181/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 2 marzo 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2-14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia ritenuto credibile la narrazione dei fatti resa dall’istante, circa le ragioni che lo avrebbero indotto ad abbandonare il suo Paese di origine, ai fini della concessione della protezione sussidiaria, senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma. 5, lett. c);

tale apprezzamento di fatto sia censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito;

per contro, poichè il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, il giudizio di fatto circa la credibilità del ricorrente non possa essere censurato sub specie della violazione di legge (Cass., 19/02/2019, n. 3340);

Ritenuto che:

i rilievi suesposti inducano, altresì, ad escludere anche la dedotta necessità per il giudice di merito di operare accertamenti officiosi, atteso che l’accertamento di detto giudice deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona;

pertanto, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorra procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862; Cass., 19/02/2019);

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto l’istante non credibile, avendo il medesimo dapprima, in sede amministrativa, allegato – a sostegno della sua decisione di abbandonare la Guinea Bissau – esclusivamente ragioni di carattere economico, come attestato dalla Commissione territoriale, per poi cercare di accreditare in giudizio la versione della persecuzione politica da parte di un gruppo opposto a quello al quale apparteneva suo zio, quantunque il richiedente non abbia mai dichiarato di essersi occupato di politica, e benchè non risulti agli atti del giudizio di merito che il medesimo sia stato mai minacciato;

di più, la Corte territoriale – citando in motivazione fonti internazionali aggiornate – ha accertato che la situazione sociopolitica nella Guinea Bissau è migliorata, a seguito del ristabilimento della democrazia, fin dal 2012, con l’elezione di un Presidente regolarmente eletto;

a fronte di tali motivati rilievi in fatto, il mezzo censura, peraltro, in modo del tutto generico, la violazione di norme di legge – vizio neppure deducibile, per le ragioni suindicate, in relazione alla valutazione sulla credibilità del richiedente – attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e limitandosi ad un astratto riferimento all’obbligo di cooperazione istruttoria da parte del giudice, escluso per le considerazioni suesposte – dalla valutazione di non credibilità dell’istante;

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo neppure il permesso di soggiorno per motivi umanitari, pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura; Ritenuto che:

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – è evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolga un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi;

Rilevato che:

nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato che nessuna particolare situazione – fatto salvo un percorso di avviamento al lavoro – ha dedotto l’istante, il quale è in giovane età, ha in Guinea tutta la sua famiglia, e non corre pericolo specifici – per le ragioni suesposte in ordine alla situazione generale del Paese – per la sua incolumità;

il motivo di ricorso si limita, per contro, ad operare un riferimento del tutto generico, ed infondato, alla mancanza di accertamenti al riguardo, in realtà – come detto – effettuati dal giudice di seconde cure – ed alla necessità di un bilanciamento tra il grado di inserimento raggiunto in Italia e la condizione di provenienza, in realtà effettuato dalla Corte territoriale, sicchè la censura non coglie neppure la ratio decidendi della decisione impugnata;

Ritenuto che: per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA