Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30747 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24385-2018 proposto da:

A.N., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 39/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 15/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

A.N. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 39/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 15 gennaio 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2-14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia ritenuto credibile la narrazione dei fatti resa dall’istante, circa le ragioni che lo avrebbero indotto ad abbandonare il suo Paese di origine, ai fini della concessione della protezione sussidiaria, senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;

Ritenuto che:

il ricorso per cassazione debba contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421);

in particolare sia necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989);

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte territoriale non ha affatto escluso – come dedotto dal ricorrente – l’attendibilità della vicenda narrata, che, ben al contrario, ha ritenuto del tutto credibile, in quanto logica, coerente e dettagliata, nè ha omesso di considerare l’episodio accaduto presso il seggio elettorale e la documentazione allegata a sostegno, ma ha ritenuto che siffatto isolato episodio, non seguito da altre minacce nè nei confronti del ricorrente nè del padre, attivista politico, che tutt’ora vive in Pakistan – non poteva tradursi in un atto di persecuzione politica, ai fini del riconoscimento all’istante, che non svolge attività politica, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

Ritenuto che:

per quanto concerne il riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, debba essere rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, e che il relativo accertamento costituisca apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064);

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte ha accertato (p. 5) – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate – l’insussistenza di una situazione attuale di violenza indiscriminata nel Pakistan, essendo ivi diminuiti di molto anche gli attacchi terroristici, ed il mezzo si concreta sostanzialmente nella deduzione di questioni giuridiche astratte, relative al regime della protezione internazionale, ed in una generica allegazione di una situazione di insicurezza esistente in quel Paese;

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo il permesso di soggiorno per motivi umanitari pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura;

Ritenuto che:

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – sia evidente che la analisi dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo e allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018;

Rilevato che:

nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato che nessuna particolare situazione di vulnerabilità ha dedotto l’istante, il quale è in giovane età ed in buona salute, ha in Pakistan tutta la sua famiglia, e non corre pericolo specifici – per le ragioni suesposte circa la situazione generale del Paese d’origine – per la sua incolumità;

il motivo di ricorso si limita, per contro, ad operare un riferimento del tutto generico, ed infondato, alla mancanza di accertamenti al riguardo, in realtà – come detto – effettuati dal giudice di seconde cure – ed alla necessità di un bilanciamento tra il grado di inserimento raggiunto in Italia e la condizione di provenienza, in realtà effettuato dalla Corte territoriale, sicchè la censura non coglie neppure la ratio decidendi della decisione impugnata;

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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