Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30745 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 26/11/2019), n.30745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28566-2017 proposto da:

P.G. nella qualità di titolare dell’Impresa Individuale

SAFE AUTONOLEGGIO DI P.G., elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA PIETRO MEROLLI 2, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO ROSATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARCO BORDONI;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Direttore Generale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLEMENTE IX 10,

presso lo studio dell’avvocato LUCIA FELICIOTTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARZIO BRAZESCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2531/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.G., imprenditore individuale esercente l’attività di noleggio di camper, nel 2012 convenne dinanzi al Tribunale di Milano la società Vittoria Assicurazioni s.p.a., esponendo che:

-) aveva noleggiato un camper a D.R.A.;

-) questi aveva denunciato il furto del mezzo;

-) il mezzo denunciato come sottratto era coperto da una polizza assicurativa, stipulata con la Vittoria Assicurazioni s.p.a., a garanzia dei danni da furto.

Chiese pertanto la condanna della società convenuta al pagamento dell’indennizzo contrattualmente dovuto.

2. La Vittoria si costituì ed eccepì, per quanto in questa sede rileva, che esistevano molti dubbi sul fatto che il veicolo fosse stato effettivamente rubato, ovvero non fosse stato piuttosto fraudolentemente occultato dall’utilizzatore.

A tale difesa il proprietario del mezzo replicò, con la prima memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, che il contratto prevedeva comunque la garanzia sia per i rischi di furto, sia per il rischio di appropriazione indebita, e chiese la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo contrattualmente previsto per questa seconda ipotesi di rischio.

3. Il Tribunale (sentenza 29.1.2015 n. 741) rigettò le domande attoree ritenendole non provate; la Corte d’appello di Milano (sentenza 8.6.2017 n. 2531), adita dal soccombente, condivise l’opinione del primo giudice circa l’assenza di prova dell’effettivo avverarsi di un furto; e quanto alla domanda di pagamento dell’indennizzo contrattualmente previsto per il rischio di “appropriazione indebita” ne rilevo la novità e la dichiarò inammissibile.

4. Avverso la sentenza d’appello P.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito la Vittoria con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, formalmente richiamando l’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 111 Cost.; nonchè dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 183 c.p.c., commi 5 e 6.

Sostiene che la richiesta del pagamento dell’indennizzo previsto dal contratto per l’ipotesi di appropriazione indebita non era una domanda nuova, ma una modifica della domanda originaria (avente ad oggetto pur sempre la condanna dell’assicuratore all’adempimento del contratto), resa necessaria dalle difese della convenuta, la quale aveva contestato l’esistenza del furto.

1.2. Il motivo è fondato, sia pure per ragioni diverse da quelle dedotte dall’attore: ragioni che tuttavia, per quanto si dirà, è consentito a questa Corte rilevare d’ufficio.

1.3. Come accennato, nel caso di specie l’attore domandò la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo, invocando la garanzia prevista dal contratto di assicurazione per l’ipotesi di furto.

L’assicuratore, oltre a contestare tale pretesa, allegò che la perdita del mezzo oggetto del noleggio era stata causata da una appropriazione indebita, e non da un furto.

Nella prima udienza del giudizio di primo grado l’attore, che pure avrebbe potuto riqualificare la propria domanda originaria, ed invocare perciò il pagamento dell’indennizzo dovuto per l’ipotesi di perdita dovuta ad appropriazione indebita, non lo fece. Modificò, invece, la propria domanda solo con la prima memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6: ed incorse in tal modo nella preclusione prevista dall’art. 183 c.p.c., comma 5 (il quale stabilisce che “nella (..) udienza (di trattazione) l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”.

Tale norma, infatti, consente all’attore di formulare le domande nuove che siano conseguenze delle eccezioni del convenuto solo nella prima udienza, e non nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6.

La memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, consente all’attore di precisare e modificare le domande “già proposte”, ma non di proporre le domande e le eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal convenuto, le quali vanno invece proposte entro la prima udienza di trattazione (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 9880 del 13/05/2016, Rv. 639817 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016, Rv. 638877 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25409 del 12/11/2013, Rv. 629119 – 01; Sez. U, Sentenza n. 3567 del 14/02/2011, Rv. 616565 – 01).

1.4. La società convenuta, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, eccepì il maturare di tale preclusione.

Il Tribunale tuttavia, il quale avrebbe dovuto rilevare d’ufficio il maturare della preclusione (Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016, Rv. 638877 – 01), non lo fece, incorrendo così in una nullità: esaminò, infatti, nel merito la domanda attorea, senza chiedersi se tale domanda fosse stata tempestivamente proposta, violando in tal modo l’ordine delle questioni di cui all’art. 276 c.p.c., comma 2, il quale imponeva di esaminare per prima la questione concernente l’ammissibilità in rito della domanda di pagamento dell’indennizzo per l’ipotesi di avveramento del rischio di appropriazione indebita; e solo dopo, superato positivamente tale vaglio di ammissibilità, sarebbe stato possibile giudicare sul merito della questione.

1.5. Ne consegue che, per effetto del principio di conversione delle nullità in motivi di gravame, tale errore avrebbe dovuto essere fatto valere di chi vi aveva interesse (la società convenuta) in grado di appello e nelle forme dell’appello incidentale condizionato, ma non attraverso la mera riproposizione dell’eccezione di novità, ex art. 346 c.p.c..

Infatti, avendo il Tribunale statuito sul merito della domanda, in tal modo quel giudice rigettò l’eccezione di inammissibilità, incorrendo nella violazione della regola che impone l’ordine di esame delle questioni (art. 276 c.p.c., comma 2).

Tale regola, come noto, mentre non prevede alcun ordine di trattazione per le varie questioni di merito (sicchè il giudice resta libero di esaminare per prima quella che ritiene, come è d’uso dire, “più liquida”), stabilisce una gerarchia rigorosa tra l’esame delle questioni di rito e l’esame di quelle di merito, stabilendo che non possa mai esaminarsi il merito d’una domanda, se prima non vengano affrontate e risolte “le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio”.

Se pertanto il giudice, violando tale regola, si pronunci sul merito ignorando la questione pregiudiziale, incorre in un error in procedendo. Tale error in procedendo tuttavia, quando sia potenzialmente svantaggioso per la parte comunque vittoriosa ed appellata, deve essere rimosso con l’appello incidentale condizionato, altrimenti si formerà il giudicato sulla violazione dell’ordine di esame delle questioni, violazione che perciò non sarà più ulteriormente censurabile.

Tutti i principi che precedono sono stati già affermati da questa corte, a Sezioni Unite, con la sentenza Sez. U, Sentenza n. 11799 del 12/05/2017 (in particolare, ai p. 9.3.3.1 e ss. della motivazione).

Da quanto esposto consegue che la Corte d’appello di Milano non avrebbe potuto pronunciarsi sulla questione della novità della domanda di pagamento dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore per l’ipotesi di avveramento del rischio di appropriazione indebita, perchè tale questione era stata risolta in modo viziato dal Tribunale (che esaminò nel merito la domanda senza porsi il problema della sua ammissibilità), ma tale errore, consistito nella violazione dell’art. 276 c.p.c., comma 2, non era stato censurato in via incidentale e condizionata in grado di appello, sicchè sulla ammissibilità di quella domanda si era formato il giudicato interno.

Giudicato che, come noto, può essere rilevato ex officio in sede di legittimità anche se formatosi a seguito della sentenza di primo grado, salva l’ipotesi, qui non ricorrente, in cui il giudice d’appello abbia deciso sulla portata dell’atto di appello e, quindi, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato (Sez. 2 -, Ordinanza n. 5133 del 21/02/2019, Rv. 652696 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 6087 del 13/03/2018, Rv. 647754 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 1284 del 22/01/2007, Rv. 595137 01).

1.6. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio, affinchè il giudice di rinvio, rilevato il giudicato interno in merito all’ammissibilità della domanda di pagamento dell’indennizzo dovuto per l’ipotesi di appropriazione indebita, la esamini nel merito, in applicazione dei seguenti principi di diritto:

(a) la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, consente all’attore di precisare e modificare le domande “già proposte”, ma non di proporre le domande e le eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal convenuto, le quali vanno invece proposte a pena di decadenza entro la prima udienza di trattazione;

(b) l’ordine di trattazione delle questioni, imposto dall’art. 276 c.p.c., comma 2, mentre lascia libero il giudice di trascegliere, tra varie questioni di merito, quella che ritiene “più liquida”, gli impone per contro di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito. La violazione di tale regola costituisce una causa di nullità del procedimento, che resta tuttavia sanata se non venga fatta valere con l’impugnazione o, nel caso in cui la parte che ne risulti svantaggiata sia quella vittoriosa in primo grado ed appellata, con l’appello incidentale.

1.7. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti.

2. Le spese.

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal

giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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