Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30743 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18716-2007 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO

CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELINI ANTONIO,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

INPDAP, in persona del Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA S. CROCE IN

GERUSALEMME 55 presso lo studio dell’avvocato FIORENTINO GIUSEPPE,

che lo rappresenta e difende procura speciale Notaio Dr.ssa VALERIA

MORGHEN in Roma REP. 170579 del 4/8/2009; MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,

in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE

PROVINCIALE TRENTO, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 30/2006 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

TRENTO, depositata il 31/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALERMO CARLO per se medesimo, che

si riporta agli scritti;

udito per il resistente l’Avvocato ALBENZIO GIUSEPPE, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VIOLA Alfredo Pompeo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 22.6.2007 è stato notificato all’INPDAP, all’Agenzia delle Entrate e al Ministero della Giustizia un ricorso di P.C. per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 31.5.2006), che ha accolto l’appello proposto dall’INPDAP avverso la sentenza n. 22/3/2005 della Commissione Tributaria di primo grado di Trento che (sul ricorso proposto dal P. contro l’INPDAP e nel già costituito contraddittorio con l’Agenzia e con il Ministero) aveva invece parzialmente accolto il ricorso del contribuente.

L’INPDAP da una parte ed il Ministero insieme all’Agenzia dall’altra si sono difesi con controricorso.

Il ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 23 novembre 2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con istanza di data 18.12.2002 indirizzata all’INPDAP – sede di (OMISSIS), P.C. – assumendo di essere “invalido civile per atti di terrorismo”, per effetto dell’attentato subito a Trapani il 2.4.1985, e titolare di pensione privilegiata di 1^ categoria e riconoscimento di assegno di superinvalidità – chiedeva l’esenzione dall’IRPEF della propria pensione, con decorrenza 11.9.1998 e restituzione degli arretrati, in applicazione della L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 6 e del D.P.R. n. 510 del 1999, art. 16; il diniego dell’INPDAP era stato impugnato avanti al Tribunale di Trento (che si era dichiarato privo di giurisdizione) e poi avanti alla locale Commissione Tributaria.

Chiamata in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero della Giustizia, ed esperita domanda di rimborso in sede amministrativa, il ricorrente invocava pure lo jus superveniens della L. n. 206 del 2004, estensiva della medesima esenzione a tutte le vittime del terrorismo. L’adita CT di primo grado, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero, accoglieva il ricorso del P. solo in ragione della normativa sopravvenuta, riconoscendogli il diritto all’esenzione a decorrere dal 26.8.2004.

La predetta pronuncia è stata impugnata in via principale dall’INPDAP, che si è doluto di carenza sia del requisito della natura terroristica dell’attentato sia della specifica qualità di “superinvalidità” dell’assegno pensionistico goduto dal P., ed in via incidentale dal P., che ha chiesto l’accertamento del diritto all’esenzione con decorrenza dal 11.09.1998.

L’adita CT di secondo grado ha accolto l’appello dell’INPDAP, ed ha così integralmente rigettato l’impugnazione del silenzio-rifiuto proposta dal P..

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CT oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che era risultato che il P. avesse fruito della “speciale elargizione disciplinata dalla L. n. 302 del 1990 che, sotto un comune denominatore, senza operare alcun distinguo, attribuiva la pensione privilegiata sia alle vittime del terrorismo che a quelle della criminalità organizzata”.

L’esenzione IRPEF qui invocata, invece, era stata subordinata dalla L. n. 510 del 1999 al requisito della titolarità cumulativa della pensione di invalidità e dell’assegno di superinvalidità. La L. n. 206 del 2004 (che aveva esteso i benefici fiscali di cui alla L. n. 407 del 1998, art. 2, commi 5 e 6 alle sole vittime di attentati terroristici) non poteva trovare applicazioni al caso del P. per una serie di ragioni: sia perchè egli era vittima del reato di strage ed associazione di stampo mafioso (e non di atti di terrorismo); sia perchè il fatto storico era anteriore alla disposizione normativa che disciplina le conseguenze subite dalle vittime di atti terroristici; sia perchè non poteva avere rilievo l’attestazione del Commissariato del Governo, correlata ad un regime giuridico che non operava distinzione tra vittime del terrorismo e vittime della criminalità organizzata; infine, il P. non aveva mai fruito dell’ulteriore presupposto richiesto dalla L. n. 510 del 1999, art. 16, e cioè l’assegno di superinvalidità.

4. Il ricorso per cassazione Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre motivi d’impugnazione e si conclude – senza previa indicazione del valore della lite – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. I motivi d’impugnazione.

Preliminarmente occorre evidenziare che – nel contesto della memoria illustrativa – la parte ricorrente ha dato atto del fatto che a seguito della nomina di apposito Commissario straordinario di Governo per l’attuazione della L. 3 agosto 2004, n. 206, è stata data attuazione da parte di tutti gli enti qui convenuti in giudizio alla menzionata disciplina di legge, sicchè l’INPDAP ha comunicato in data 9.4.2008 al P. l’avvenuta detassazione dell’assegno pensionistico ed il rimborso degli arretrati a decorrere dall’entrata in vigore della ridetta disciplina di legge, dandovi poi coerente seguito.

La stessa parte ricorrente ha qualificato dette condotte come “fatti estintivi delle obbligazioni dedotte dal ricorrente a fondamento delle domande di cui alla presente controversia”, utili ad “integrare i presupposti per una pronuncia di cessazione della materia del contendere per intervenuto riconoscimento delle pretese”, sia pure limitatamente alla “domanda di esenzione sub 2, con decorrenza dal 26 agosto 2004”, e perciò alla medesima domanda che era stata inizialmente accolta dalla Commissione di primo grado (sul punto riformata dalla sentenza della Commissione di secondo grado).

La conseguente richiesta formulata dalla parte ricorrente di dichiarazione della cessazione della materia del contendere è stata assentita verbalmente dalle altre parti costituite all’udienza di discussione (oltre che dal P.M.), sicchè a questa Corte non resta che provvedere in conformità, di che si dirà in dispositivo.

La parte ricorrente ha però anche dichiarato di avere persistente interesse alla pronuncia sulle restanti domande e cioè, essenzialmente, a quella concernente l’antergazione del beneficio di esenzione dell’imposizione fiscale sin dalla decorrenza del 11.09.1998, e perciò in applicazione della L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 6 e del D.P.R. n. 510 del 1999, art. 16, permanendo a questo proposito il diniego da parte delle Amministrazioni qui intimate.

Ai predetti fini si impone l’esame dei motivi di impugnazione che sono stati proposti dalla parte ricorrente avverso la decisione di primo grado, motivi con cui la parte ricorrente si duole:

1) di violazione e falsa applicazione di legge e di omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione, per avere la Commissione di secondo grado di Trento disconosciuto la status del ricorrente di “vittima del terrorismo”;

2) di violazione e falsa applicazione di legge, per avere la Commissione di secondo grado di Trento disconosciuto che il ricorrente fosse percettore di assegno di superinvalidità;

3) di violazione e falsa applicazione di legge, e di insussistente o insufficiente motivazione per avere la Commissione di secondo grado di Trento statuito la compensazione delle spese legali, per quanto la L. n. 206 del 2004, art. 7 preveda che le spese del procedimento sono a carico dello Stato.

Il ricorso – esaminato nei limiti di cui si è detto – è infondato.

Ed a questo proposito è sufficiente prendere in esame l’impugnazione rivolta nei confronti di una delle due rationes decidendi su cui è fondata la decisione della Commissione di secondo grado di Trento, e cioè quella relativa al difetto in capo al P.C. del presupposto della titolarità dell’assegno di superinvalidità, siccome previsto dal D.P.R. n. 510 del 1999, art. 16.

Secondo gli assunti di parte qui ricorrente (enucleati dal secondo motivo di impugnazione, che contro la predetta ratio si rivolge in termini esclusivi), l’erroneità della menzionata ratio (per violazione ed erronea applicazione della L. 20 novembre 1998, n. 407, art. 6; del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 100 e del D.P.R. n. 915 del 1978, art. 15) si desumerebbe dalla lettura del D.M. 17 ottobre 1991, n. 93020 (all. 4 al ricorso di primo grado) dal quale emerge che al P. vennero riconosciute infermità dipendenti da causa di servizio con diritto a pensione privilegiata di prima categoria, con conseguente attribuzione dell’assegno non reversibile di superinvalidità, a sensi del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 100 e del D.P.R. n. 915 del 1978, art. 15, comma 2 (che ha appunto aggiunto a quelle previste dal dianzi menzionato D.P.R. n. 100 del 1973 un’altra categoria di grandi invalidi, fruenti dello “assegno integrativo non reversibile”, sia pure determinato nella misura della metà di quella stabilità nella lettera H della tabella E annessa alla L. n. 313 del 1968, tabella richiamata dal D.P.R. n. 100 del 1973).

Ai predetti fini non può invece tenersi conto della produzione in questo grado di giudizio della sentenza Tribunale di Trento n. 164/2006, al quale il ricorrente annette valore di res iudicata anche ai fini delle statuizioni richieste nel presente procedimento ma (per come si desume chiaramente dal quesito di diritto formulato in calce al motivo di impugnazione) nella sola ottica della domanda subordinatamente proposta ai sensi della L. n. 206 del 2004, domanda in riferimento alla quale – come dianzi si è detto – deve intendersi cessata la materia del contendere.

Dovendosi fare ricognizione dei dati normativi, conviene anzitutto trascrivere il testo del D.P.R. n. 510 del 1999, art. 16 che contempla il beneficio di cui qui si tratta:

“L’esenzione dall’IRPEF del trattamento privilegiato di prima categoria, con assegno di superinvalidità” di cui al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 100, e successive modificazioni, erogato ai soggetti che abbiano subito un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni per gli atti di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico di cui alla L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 1, è applicata d’ufficio da parte degli ordinatori secondari di spesa, a decorrere dall’11 dicembre 1998, per gli eventi verificatisi successivamente a detta data. Per gli eventi verificatisi prima dell’11 dicembre 1998, si procede a domanda degli interessati.

Secondo l’assunto di parte attrice, in sostanza, il richiamo contenuto nella predetta norma all’assegno spettante secondo i criteri del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 100 non sarebbe esaustivo, atteso il disposto del D.P.R. n. 915 del 1978, art. 15, comma 2, il quale a sua volta prevede:

“In aggiunta alla pensione od all’assegno temporaneo, gli invalidi affetti da lesioni o infermità” elencate nella tabella E, annessa al presente testo unico, hanno diritto ad un assegno per superinvalidità, non riversibile, nella misura indicata nella tabella stessa.

Agli invalidi affetti da lesioni o infermità o da complesso di menomazioni fisiche che diano titolo alla 1^ categoria di pensione e che non siano contemplate nella tabella E compete, in aggiunta alla pensione od all’assegno temporaneo, un assegno integrativo, non riversibile, in misura pari alla metà dell’assegno di superinvalidità previsto nella lettera H della tabella E”.

Va chiarito che la “tabella E” di cui si parla nel secondo comma dell’art. or ora menzionato è identica a quella (annessa alla L. 18 marzo 1968, n. 313) richiamata nel D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 100, siccome il T.U. approvato con il D.P.R. n. 915 del 1978 è sul punto puramente ricognitivo della disciplina già precedentemente in vigore.

Fatto chiaro il quadro normativo di riferimento, resta di piana evidenza che il beneficio attribuito dal D.P.R. n. 915 del 1978, predetto art. 15, comma 2 non può affatto qualificarsi come assegno di superinvalidità (denominazione contenuta nel titolo della tabella E dianzi menzionata, che appunto reca come rubrica “tabella e assegni di superinvalidità”), già per il fatto stesso della differente dizione utilizzata nei due diversi commi di cui detto art. 15 si compone.

Nel comma 1, invero, si parla di “assegno per superinvalidità, non riversibile”; nel secondo comma invece si parla di “assegno integrativo, non riversibile” per il quale ultimo – ai soli fini della determinazione dell’ammontare – si rinvia a quello “di superinvalidità” previsto nella lettera H della tabella E. Chiaro quindi che la differente terminologia adoperata dal legislatore non può che avere avuto il fine di differenziare i due distinti appannaggi, distinguendoli anche ai fini degli istituti correlati e degli effetti riflessi che alle due autonome tipologie di appannaggio sono riferibili.

E pertanto, il riferimento al “trattamento privilegiato di prima categoria, con assegno di superinvalidità di cui al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 100, e successive modificazioni” (contenuto nel D.P.R. n. 510 del 1999, art. 16) non può che essere inteso “strictu sensu”, cioè nel senso del riferimento alle sole erogazioni che competono secondo l’elencazione della menzionata “tabella E” del predetto T.U. n. 915 del 1978.

Tra queste ultime non compare quella che il P. assume gli sia stata attribuita con il D.M. n. 93020 del 1991 (in ricorso neppure menzionato con modalità idoneamente autosufficienti e che consentano di identificare le infermità per effetto delle quali il trattamento è stato riconosciuto spettante), erogazione che solo per l’ammontare è parificata alla metà di quella spettante per assegno “di superinvalidità” a mente della lettera H della “tabella E”. E d’altronde, trovando titolo l’assegno integrativo non riversibile di cui qui si tratta in affezioni che danno “titolo alla 1^ categoria di pensione e che non siano contemplate nella tabella E”, non è chi non veda che la stessa sostanza che costituisce motivo per il riconoscimento del predetto assegno integrativo differisce da quella che costituisce motivo per il riconoscimento dell’assegno di superinvalidità, sicchè appare logico concludere che si tratta di istituti affatto diversi e parificati ai soli fini della determinazione dell’ammontare.

Consegue da quanto sin qui detto che l’intero ricorso (per gli aspetti di residuo interesse) non possa essere accolto, rimanendo assorbito ed irrilevante sia il primo motivo di impugnazione (giacchè riferito all’altra delle due autonome rationes che sorreggono la decisione) che il terzo motivo (giacchè fondato sull’applicazione della L. n. 206 del 2004, alla quale – come già si è detto – il P. ha dichiarato di non avere più interesse).

La regolazione delle spese di lite è informata al principio della integrale compensazione, atteso l’esito sostanziale delle domande proposte dalla parte ricorrente, alcune delle quali hanno pacificamente trovato soddisfazione in sede amministrativa.

P.Q.M.

la Corte dichiara cessata la materia del contendere per gli aspetti in controversia relativi al periodo di applicazione della L. n. 206 del 2004. Respinge il ricorso per il resto. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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