Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30738 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10618/2007 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA P.L. DA

PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato GEREMIA Rinaldo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato JORIO GUIDO, giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del legale

rappresentante pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 117/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 28/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato JORIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In fattispecie di recupero d’imposte dirette per il 1997, l’amministrazione finanziaria ha emesso avvisi di accertamento nei confronti di S.P., dipendente della coop. Agricon, ritenendo che egli fosse socio occulto della fallita ditta individuale Maurimarket di D.F.M.. L’ipotizzata società di fatto, esclusa in sede fallimentare, è invece ritenuta tale dai giudici tributari di merito con decisione, confermata in sede di gravame, che ha disatteso le tesi del S., impugnante gli atti impositivi e poi appellante le sfavorevoli pronunzie di prime cure.

In particolare, la CTR-Lombardia, con decisione del 28 marzo 2006, ritiene l’effettiva esistenza di una società di fatto Maurimarket, frutto del coinvolgimento di vari soggetti. In tal senso militano, secondo il giudice d’appello, convergenti indizi quali la contabilizzazione da parte dell’intestatario D.F. di un “finanziamento a tasso zero” di L. 1.020.000.000 e di un credito del S. di L. 410.000.000, il tutto da valutarsi in unione ai dati obiettivi, quali la modestia assoluta del capitale netto negli anni 1996 e 1997 e il fatturato enormemente cresciuto nei due anni. Ciò costituisce, per il giudice di secondo grado, segno inequivocabile del manifesto interesse di terzi coinvolti, nel perseguimento dell’incremento degli utili d’impresa, compreso il S..

Rileva, inoltre, che -mancando dichiarazioni fiscali-l’Ufficio aveva legittimamente proceduto D.P.R. n. 600, ex art. 41, derogando agli elementi contabili, ritenuti inattendibili, e valorizzando altre fonti probatorie, non contrastate da allegazioni dell’appellante.

Sostiene che, essendo irrilevanti in sede tributaria gli esiti della procedura fallimentare a carico della sola ditta individuale Maurimarket, inconsistenti erano le giustificazioni addotte dal S., atteso che: a) l’erogazione di somme alla Maurimarket era comprovato da dichiarazioni rese da terzi all’A.G.; b) inoltre, l’asserita restituzione di un debito del Centro Carni Mombelli alla coop. Agricon, per il tramite del dipendente S., non aveva riscontro contabile; c) infine, era assolutamente inverosimile la versione sul ripianamento del debito della soc. Mombelli verso la coop. Agricon tramite accollo della ditta Maurimarket e storno della percentuale fissa dell’otto per cento sul fatturato di rapporti commerciali.

Il soccombente propone, nei confronti del Ministero delle finanze, ricorso per cassazione affidato a due motivi e memoria; l’Agenzia delle entrate si costituisce spontaneamente e resiste con controricorso, mentre l’intimato Ministero non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 22 marzo 2011, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

A. Preliminarmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’intimato Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. La chiamata ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso del contribuente va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimata ad causam e che, pur non intimata, si è spontaneamente costituita con rituale controricorso (Sez. 5^, n. 8177 del 2011 e n. 27452 del 2008).

B. Con il primo mezzo, il contribuente – denunciando violazione di legge e correlato vizio di motivazione e lamentando il malgoverno dei principi regolativi dettati, in terna di società di fatto, dall’art. 2727 c.c., e segg. e art. 2247 c.c., e segg. – pone a questa Corte due quesiti di diritto:

“1) Se il giudice di merito nel risalire da un fatto noto ad un fatto ignoto abbia analizzato nel dettaglio tutti i singoli fatti portati alla sua attenzione dalle parti del processo e, previa valutazione della portata unitaria di ciascuno di essi, abbia verificato, all’esito di una comparazione globale attraverso un giudizio di sintesi, se essi fossero tali da far ritenere, non solo verosimile, ma effettivamente provata e sussistente la reale esistenza di un organismo sociale”.

“2) In ogni caso se, conseguentemente, ai fini della configurazione di un rapporto societario di fatto, possano ritenersi sufficienti e rilevanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c. (1) l’esecuzione di un finanziamento a favore del presunto socio; (2i) la dazione di una percentuale in relazione ad un affare determinato a favore del presunto socio, e (3) l’aumento di fatturato della società Maurimarket”.

C. Con il secondo mezzo, il contribuente – denunciando violazione di legge e vizio di motivazione e lamentando il malgoverno che il giudice di appello avrebbe fatto delle risultanze processuali e dei principi regolativi dettati dall’art. 2247 c.c., e segg. – interroga questa Corte con il seguente quesito di diritto: “Se, ai fini dell’applicazione del diritto tributario in combinato disposto con il diritto societario, posa ritenersi esistente una società di fatto anche nel caso in cui non sia stato provato e quindi accertabile l’elemento costitutivo essenziale, ex art. 2247 c.c., del conferimento di beni e/o servizi per il conseguimento di utili nell’ambito di un’attività economica”.

D. Entrambi i mezzi sono inammissibili. Il ricorrente, contestando l’interpretazione di dati documentali da parte del giudice del merito, aveva l’onere, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di trascrivere il testo dei documenti, nella loro parte saliente, al fine di porre la Corte – che, per la natura dei vizi denunciati, non ha accesso diretto agli atti – nella condizione di valutare la fondatezza e la decisività delle censure (Sez. 2, n. 19495 del 2011, GD n. 44/2011, 67). Nella specie manca la trascrizione degli avvisi accertamento, del rapporto della G.d.F., delle dichiarazioni all’A.G. e delle scritture contabili, nelle parti salienti che direttamente riguardano le censure. Peraltro, non è assolta l’esigenza di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità ex art. 366 c.p.c., dei dati necessari al reperimento delle numerose fonti documentali menzionate in ricorso (accertamento, sentenza penale, relazione L. Fall., art. 33, scritturazioni contabili, dichiarazioni all’A.G. etc.).

E. Inoltre, trascura il ricorrente che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto (che deve necessariamente essere presente con riferimento a ciascun motivo) deve essere specifico, e cioè riferibile alla fattispecie, e non generico (Sez. 2, Ordinanza n. 19191 del 21/09/2011, id. 68). Esso deve compendiare: aa) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; bb) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; cc) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie (Sez. 3, n. 19748 del 2011, ibid.).

F. Di conseguenza, sono inammissibili i motivi dell’odierno ricorso perchè corredati da quesiti di diritto non idonei, limitandosi essi, in sostanza, a chiedere a questa Corte di accertare se vi siano state o meno le violazione di legge denunciate o enunciare in via assertiva il principio di diritto in tesi applicabile. Ciò che, nella specie, rende inammissibili i motivi sono le manchevolezze dei quesiti, carenti di formulazione compiuta e autosufficiente e dunque non idonei a dar luogo a quella sintesi fattuale e logico-giuridica, che sola possa individuare in modo specifico e senza incertezze la questione di diritto che la Corte è chiamata e risolvere in funzione della regola iuris del caso concreto.

G. Ed ancora, le denunciate violazioni di legge si risolvono in una ricognizione delle fattispecie concrete (società di fatto e socio occulto), a mezzo delle risultanze di causa e attingono la tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in cassazione, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge per carente ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal rilievo che solamente quest’ultima censura e non anche la prima è mediata, come nella specie, dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. 3, n. 19748 del 2011, GD n. 45/11, 52).

H. Infine, in entrambi i mezzi, le correlate censure motivazionali trascurano che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità;

il motivo, cioè, deve contenere – a pena d’inammissibilità un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 12339 del 2010). Nulla di tutto ciò è leggibile nel caso di specie.

I. Il ricorso va, dunque, interamente disatteso con condanna del ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della sola controparte costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate a favore della costituita Agenzia delle entrate in Euro 4.000,00 per onorario oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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