Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30738 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2018, (ud. 04/10/2018, dep. 27/11/2018), n.30738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al nr. 20557-2017 proposto da:

PIEMME COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARCO ARENA;

– ricorrente –

Contro

SICET SRL SOCIETA’ ITALIANA COSTRUZIONI EDILI TORTOLI, in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSLMO ORLANDO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURIZIO MANETTI,

CRISTINA MARSILI LIBELLI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. R.G. 4780/2010

del TRIBUNALE di FIRENZE, emessa il 30 giugno 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04 ottobre 2018 dal Consigliere Relatore Dott.

GIUSEPPE GRASSO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale che, visti gli artt. 42,295,380 ter

c.p.c. chiede che la Corte di cassazione, in camera di consiglio,

cassi l’ordinanza impugnata e disponga la prosecuzione del giudizio

indicato in premessa dinanzi al Tribunale di Firenze; con le

statuizioni conseguenti.

Fatto

RITENUTO

che la s.r.l. Piemme Costruzioni, premesso che il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 30 giugno 2017, aveva disposto la sospensione della causa promossa dalla s.r.l. SICET nei confronti della esponente, avente ad oggetto pretesi crediti dell’attrice nei confronti della convenuta subappaltatrice e di quest’ultima, in riconvenzionale, nei confronti della prima, sul presupposto della pendenza di un processo penale, che vedeva come imputati i legali rappresentanti della società convenuta, in ordine al reato di danneggiamento degli appartamenti di cui al contratto oggetto del processo civile, propone regolamento di competenza avverso il provvedimento in parola, esponendo, in sintesi, quanto segue:

– in precedenza, altra ordinanza (21 gennaio 2013), con la quale era stata disposta la sospensione della causa civile, era stata annullata dalla Cassazione, con ordinanza n. 3919/2014, a seguito di regolamento proposto dalla medesima parte, non constando all’epoca la pendenza di alcun processo penale;

– prodotto in giudizio dalla controparte il decreto di rinvio a giudizio nei confronti dei soggetti indicati in premessa, il Tribunale, accolta istanza della SICET, con l’ordinanza impugnata aveva sospeso il giudizio civile;

– la motivazione addotta era apparente e tautologica, non essendo stato spiegato perchè l’esito del processo penale avrebbe avuto effetti su quello civile e, sul punto, il principio espresso in sede di legittimità (Cass. n. 15641/2009) era stato riportato mutilato di una parte decisiva dal provvedimento, dovendo ricorrere, perchè possa farsi luogo alla sospensione, una ipotesi prevista espressamente dalla legge ovvero la sussistenza di un “vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità”, al fine di scongiurare conflitto fra giudicati;

– qui mancava il rapporto di pregiudizialità e la sospensione si poneva in contrasto con il novellalo art. 42 c.p.c., e, come aveva affermato questa Corte, con la ragionevole durata del processo, invero: a) non v’era coincidenza soggettiva; b) non rilevava la previsione di cui all’art. 75, c.p.p.; c) non v’era identità di cause; c) in ogni caso la domanda di risarcimento per i danni vandalici agli immobili era stata tardivamente avanzata;

ritenuto che la SICET resiste con memoria difensiva, in seno al quale deduce difetto dello ius postulandi dell’avvocato nominato per il giudizio di merito.

Diritto

CONSIDERATO

che il dedotto difetto di ius postulandi non sussiste, avendo questa Corte (Sez. 6 n. 28701, 27/12/2013 -Rv. 629748 -; conf nn. 3538/1995, Rv. 491400; 4345/2012, Rv. 621751) reiteratamente affermato che in materia di regolamento facoltativo di competenza, il difensore della parte munito di procura speciale per il giudizio di merito, ancorchè non abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, è legittimato alla proposizione dell’istanza di regolamento ove ciò non sia espressamente e inequivocabilmente escluso dal mandato alle liti, in quanto l’art. 47 c.p.c., comma 1, norma speciale che prevale sull’art. 83 c.p.c., comma 4, il quale presume la procura speciale conferita per un solo grado del giudizio, senza che sia necessaria una successiva ratifica (nella specie, una specifica delibera autorizzativi dell’assemblea);

considerato che il ricorso è fondato per le ragioni di cui appresso:

a) le Sezioni Unite (n. 1670, 1/10/2003, Rv. 567287) hanno precisato non essere consentita la sospensione discrezionale del processo, spiegando che nel quadro della disciplina di cui all’art. c.p.c. – come novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353 – non vi e più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale: ove ammessa, infatti, una tale facoltà oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato codice di rito, art. 42 – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi del nuovo art. 111 Cost.; dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa “ope iudicis” del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., di ogni sospensione del processo, quale che ne sia la motivazione, e che il ricorso deve essere accolto ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione “ex lege” (di recente, conf., Sez. 6, n. 23906, 25/11/2010, Rv. 614971);

b) non solo il giudicato penale ha efficacia di giudicato civile nelle sole ipotesi contemplate dall’art. 654, c.p.p., ma si è avuto modo di affermare (Sez. 6, n. 6510, 4/4/2016, Rv. 639706) che non sussiste rapporto di pregiudizialità tra il processo penale avente ad oggetto i reati di falso e truffa ed il processo civile volto ad ottenere una pronuncia ex art. 2932 c.c., atteso che, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che e oggetto di imputazione nel giudizio penale;

egualmente anche in relazione al comb. disp. dell’art. 75, c.p.p., dell’art. 295c.p.c., dell’art. 654c.p.p. e dell’art. 211 attuaz. c.p.p.; difatti dispone il predetto art. 75: “1. L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile.

2. L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile.

3. Se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge”;

b2) Il giudizio civile può essere sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dell’art. 654c.p.p. e dell’art. 211 disp. att. c.p.p., ove una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto di tale giudizio, purchè la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile; pertanto, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato (in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso la configurabilità di una relazione di pregiudizialità fra un giudizio civile, relativo alla corresponsione della provvigione nell’ambito di un rapporto di mediazione, ed uno penale, concernente fatti di reato asseritamente commessi dal legale rappresentante della società richiedente detta provvigione in concorso con la proprietaria dell’immobile oggetto delle trattative di vendita) – Sez. 6, n. 18202, 11/7/2018, Rv. 649656 -;

b2) anche nei casi in cui si è giudicato con meno rigore il nesso d’invincibile dipendenza, la piena identità dei fatti materiali viene giudicata irrinunciabile, come nel caso di cui alla ordinanza n. 673, 15 gennaio 2014 (Rv. 630346), con la quale si è affermato che la sospensione necessaria del giudizio civile, secondo citiamo dispongono l’art. 295 c.p.c., l’art. 654 c.p.p. e l’art. 211 disp. att. c.p.p., richiede l’identità dei fatti materiali oggetto di accertamento in entrambi i giudizi, con l’eccezione delle limitate ipotesi previste dall’art. 75 c.p.p., comma 3;

c) nel caso in esame, in primo luogo, deve osservarsi che la domanda per risarcimento aquiliano (assorbita la dedotta questione d’intempestività) ben poteva e doveva essere separata da duella contrattuale (art. 103 c.p.c.), infatti, la sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente ad una sola di più domande cumulate nello stesso processo a norma dell’art. 104 c.p.c. non è idonea, di per sè, a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, giacchè l’art. 103 c.p.c., comma 2, richiamato dall’art. 104 medesimo codice, comma 2, attribuisce al giudice il potere di disporre la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo ovvero di non disporla quando in concreto la separazione non risulti opportuna; peraltro, poichè la sospensione del processo rappresenta un’evenienza che interferisce sul suo normale svolgimento e la sua disciplina (l’improntata a maggior rigore, incidendo sul principio della ragionevole durata del processo, il giudice, quando venga in rilievo una causa di sospensione relativa ad una sola delle domande cumulate nello stesso processo, deve fornire adeguata motivazione delle ragioni di opportunità del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali quanto alla separazione delle cause e quindi della decisione di estendere l’ambito di operatività della sospensione a tutte le domande cumulate (Sez. L. n. 21029, 2″1/2004, Rv. 577908);

c1) i fatti non sono sovrapponibili e le parti in causa non sono le stesse: 1. anche ove restasse accertata la responsabilità degli imputati da essa non potrebbe risalirsi tout cour a quella civile della società, anzi, in linea di principio preclusa dall’accertato dolo, che eliderebbe ogni relazione causale; 2. non risulta essere stata individuata la norma che ricollegherebbe all’accertamento del reato un effetto nel giudizio civile e tale non potrebbe giammai essere il D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5, il quale disciplina al responsabilità amministrativa della persona giuridica, e non di certo quella civile; 3. non si riscontra, come si è anticipato, la fattispecie regolata dall’art. 73 c.p.p., comma 3;

considerato che all’esposto consegue la cassazione del provvedimento impugnato con restituzione degli atti per il prosieguo al Giudice del merito, il quale regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rimette le parti, anche per le spese del regolamento di competenza, davanti al Tribunale di Firenze, con riassunzione nel termine di cui all’art. 50 c.p.c., decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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