Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30735 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. III, 26/11/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 26/11/2019), n.30735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6545-2018 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUALTIERO

SERAFINO 8, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MIGLIORINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PENSO;

– ricorrente –

contro

D.G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI

PARIOLI 180, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO SCICCHITANO,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5348/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.A. ricorre, avvalendosi di due motivi, corredati di memoria, per la cassazione della sentenza n. 5348/2017 della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 9 agosto 2017.

D.G.E. propone controricorso.

Il ricorrente espone di essere stato chiamato in giudizio da d.G.E. nella qualità di custode dell’ex Albergo (OMISSIS) per essere condannato, ex artt. 2043,2051,2053 c.c., a risarcirgli il danno psico-fisico, quantificato in Euro 2.266.824,22, subito per la caduta in una buca all’interno del piazzale dell’ex albergo, avvenuta nella tarda notte del (OMISSIS).

Il Tribunale adito, quello di Roma, respingeva la domanda attorea, con sentenza n. 15816/2014.

La sentenza era fatta oggetto di appello dall’odierno resistente, contestando l’errata interpretazione delle prove in ordine alla pericolosità della zona.

V.A. eccepiva l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. e riproponeva, con appello incidentale, la questione della propria carenza di legittimazione passiva, fondata sul fatto di non essere titolare nè gestore del piazzale ove si era verificato l’incidente, già rigettata in prime cure.

Il Giudice d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, riformava la sentenza del Tribunale di Roma, riteneva sussistente la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., perchè la caduta era stata provocata dalla mancanza di protezione laterale destra della piazzola di accesso all’ex albergo e perchè non era stata fornita la prova del caso fortuito; riconosceva il concorso di responsabilità dell’appellante ex art. 1227 c.c. per la condotta imprudente ed azzardata, consistita nella volontà di accedere di notte e in assenza di segnali che potessero essere interpretati come fonti di notizie tranquillanti, atta a far divenire fonte di grave danno una situazione normalmente innocua; quantificava il danno in Euro 293.603,26 e ne poneva la metà a carico dell’appellato, condannandolo altresì al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 99,101,100 e 112 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e la propria carenza di legittimazione passiva non essendo proprietario, nè custode, nè gestore del piazzale dell’ex albergo ove si era verificata la caduta.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè la falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. conseguente al diniego del caso fortuito e la falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 2051 c.c.

Ciò di cui il ricorrente si lamenta è una erronea valutazione delle questioni di fatto che avrebbe indotto la Corte d’Appello a ritenere che la vittima avesse provato il nesso di causa tra la cosa e l’evento di danno – solo in ragione della prova che il danno era derivato dalla caduta – e non dimostrato dall’odierno ricorrente il caso fortuito, rappresentato dalla condotta eccezionale ed abnorme della vittima idonea come tale ad interrompere il nesso eziologico ed a porsi quale causa esclusiva dell’evento, nonostante fosse emerso che la vittima conosceva la struttura e il suo stato di abbandono, vi si fosse volontariamente recato con gli amici di notte e vi si fosse introdotto invito domino, scavalcando la barra di accesso allo scopo di fare uno scherzo alle due ragazze che lo accompagnavano.

2.1. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata non si sottrae, infatti, a talune delle critiche in iure formulate dal ricorrente; in particolare, la motivazione della Corte territoriale merita di essere integrata e corretta attraverso una più puntuale disamina della condotta tenuta dalla vittima ai fini della sua idoneità a rappresentare la causa esclusiva dell’evento di danno occorsogli.

Il caso fortuito, che ben può essere costituito dal comportamento della vittima, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, è stato sottoposto ad un profondo esame da tre recenti pronunce di questa Corte regolatrice: Cass. 01/02/2018, nn. 2478, 2480, 2482.

Tali pronunce, e quelle successive che vi si sono conformate (da ultimo, cfr., ad esempio, Cass. 08/10/2019, n. 25028), hanno messo a fuoco i seguenti caratteri del caso fortuito:

a) in primo luogo, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale (imprevedibilità quindi intesa come obiettiva inverosimiglianza dell’evento);

b) il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera “occasione” della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente;

c) il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità da cose in custodia si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare, tuttavia, l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile, di tal modo che quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto l’indagine eziologica sottende sul un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela;

d) quando manchi l’intrinseca pericolosità della cosa e le esatte condizioni di essa siano percepibili in quanto tali, ove la situazione comunque ingeneratasi sia superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, va allora escluso che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenuto integrato caso fortuito.

Applicando tali principi alla vicenda per cui è causa, pur dovendosi premettere che non è compito di questa Corte stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione possibile dei fatti nè di condividerne la giustificazione, dovendo solo verificare se la giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Cass. 17/06/2009, n. 14098), si ritine che, nel caso di specie, la Corte d’Appello abbia violato le norme di legge che regolano il regime della responsabilità ex art. 2051 c.c., atteso che, a differenza di quanto da essa ritenuto, la condotta della vittima non ha solo concorso a produrre l’evento di danno, ma è stata la causa esclusiva dello stesso.

La condotta di D.G.E. possedeva, infatti, inequivocabilmente i caratteri del fortuito, siccome appena delineati: egli si era avventurato, di notte, in un’area abbandonata, non facilmente accessibile, anzi interclusa al pubblico, senza uno scopo apprezzabile – non potendo esservi stato indotto dalla curiosità ingenerata dal cartellone pubblicitario ancora presente, sebbene l’albergo fosse in disuso da tempo: circostanza, peraltro, che a lui ed ai suoi amici, tutti della zona, non poteva essere ignota.

Deve dunque ritenersi erronea la conclusione del giudice a quo che, pur avendo esaminato le circostanze riferite, non le ha ritenute capaci di integrare il caso fortuito, anzi ha escluso che V.A. avesse provato la ricorrenza del caso fortuito.

3. Il primo motivo è assorbito.

4. Per finire, pur non essendo stato investito da impugnazione il capo della pronuncia relativo al quantum debeatur nella parte in cui ha riconosciuto accanto al danno biologico il danno esistenziale, ricorrendo alle massime di comune esperienza (p. 17 della sentenza), il Collegio, nell’esercizio della sua attività nomofilattica, ritiene opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che, secondo un orientamento cui è opportuno dare seguito, dà luogo ad una inammissibile duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale”, altrimenti definibile “esistenziale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente, quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale.

E’ possibile che a quanto liquidato a titolo di danno biologico si sommi una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perchè non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sè, la paura, la disperazione). Ne deriva che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione” (Cass. 27/03/2018, n. 7573).

A tal fine, però, è necessario che il giudice faccia “emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, in coerenza con le risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sè tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento” (Cass. 31/01/2019, n. 2788).

5. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, l’istanza risarcitoria formulata da D.G.E. deve essere rigettata.

6. Avuto riguardo per l’esito alternativo delle fasi di merito si compensano tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso. Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta la richiesta risarcitoria formulata da D.G.E.. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza civile della Corte di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA