Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30732 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato (comunicazione depositata il 4 giugno 2008) in Roma al

Lungotevere Marzio n. 3 presso lo studio dell’avv. IZZO Raffaele che

lo rappresenta e difende, insieme con gli avv. Maria Rita SURANO,

Antonella FRASCHINI, Ruggero MERONI ed Elena FERRADINI

(dell’Avvocatura Comunale), in forza della procura speciale

rilasciata in calce al ricorso;

– ricorrente –

CONTRO

Comune di Locate Triulzi (MI), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato (nel giudizio di appello) in Milano alla

Piazza Emilia n. 1 presso lo studio del “rag. Giuseppe Munafò”;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4/15/04 depositata il 25 febbraio 2004 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 8

novembre 2011 dal Cons. dr. Michele Dr ALONZO;

sentite le difese del Comune di Milano, perorate dall’avv. Irma

Marinelli (delegata);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.ssa

ZENO Immacolata, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato il 30 marzo 2005 al Comune di Locate Triulzi “ente impositore”) e depositato il 19 aprile 2005, il Comune di Milano “contribuente”) – premesso che con “due avvisi di accertamento” (“esclusivamente motivati per mancata presentazione della denuncia e del mancato versamento dell’imposta”) l’altro Comune aveva (1) richiesto il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) per gli anni 1993 e 1994 relativamente ad un “complesso immobiliare” ivi acquistato “con i finanziamenti concessi ai sensi della L. … n. 118 del 1985, art. 4 e facente parte del patrimonio di edilizia residenziale pubblica” di esso Comune di Milano “perchè … effettivamente adibito per soddisfare le esigenze abitative di categorie sociali in difficoltà” (“a queste assegnato in godimento tramite bando pubblico”) e (2) irrogato le afferenti sanzioni -, in forza di sei motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 4/15/04 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (depositata il 25 febbraio 2004) che aveva disatteso il suo appello avverso la decisione (113/41/01) della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, previa riunione, aveva respinto i ricorsi con i quali esso ricorrente aveva eccepito l'”illegittimità” di detti avvisi (1) per “carenza di motivazione” e (2) per “violazione” del ” D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) che esenta da ICI gli immobili di proprietà dei Comuni destinati ad attività istituzionali” (“Edilizia Residenziale Pubblica”).

Il 22 gennaio 2010 il Comune di Milano depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Con ordinanza n. 9477/10 depositata il 21 aprile 2010 questa sezione, ritenuta “rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. … n. 504 del 1992, art. 1, lett. a) per contrasto con gli artt. 2, 3 e 38 Cost. Italiana”, sospendeva “il giudizio” e “ordina(va) la … trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale”.

Con “ordinanza” n. 172 depositata il 19 maggio 2011 la corte delle leggi dichiarava l'”inammissibilità delle questioni … in riferimento agli artt. 2 e 38 Costi.” e l'”infondatezza” di quella riferita all’art. 3 Cost..

Il 2 novembre 2011 il ricorrente depositava ulteriore memoria.

Il Comune di Locate Triulzi non svolgeva attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello del Comune di Milano osservando (in sintesi):

– gli “avvisi di accertamento” (nei quali “è stata contestata la mancata denuncia ed il mancato pagamento dell’imposta”) “risultano sufficientemente e correttamente motivati” (“tanto che il ricorrente ha potuto agevolmente compiere la propria difesa”): poichè “solo in sede contenziosa il Comune di Milano ha comunicato che, a suo avviso, gli immobili erano destinati a finalità istituzionali …, solo in quest’ ultima sede … il Comune di Locate Triulzi poteva confutare tale affermazione”;

– “gli immobili in questione … non possono godere dell’esenzione di cui all’… art. 7, comma 1, lett. a)” in quanto “non destinati ad attuare un compito istituzionale del comune”: nelle norme dettate dalla L.R. Lombardia n. 91 del 1983 (“disciplina dell’assegnazione e della gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”) e L.R. n. 1 del 2000 (“funzioni delegate o trasferite agli enti locali ed alle autonomie funzionali”), infatti, non si rinviene “un eventuale obbligo dei Comuni” (cui “nell’ambito della gestione” di detti alloggi “sono state trasferite … tutte le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione”) di “reperire ovvero …

realizzare alloggi con destinazione a edilizia residenziale pubblica”.

2. Il Comune di Milano impugna la decisione con sei motivi.

A. Con il primo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis” nonchè “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” sostenendo che:

– “qualora sussista, come nel caso …, un’espressa norma che dispone l’esenzione totale dall’imposta …, l’Ufficio finanziario deve esporre nello stesso provvedimento i motivi per i quali ritiene di non poter applicare l’esenzione”;

– “anche la motivazione addotta in corso di causa appare inadeguata a giustificare la pretesa avanzata”;

– “l’assunto secondo il quale tali immobili sarebbero disponibili …

è privo di fondamento” perchè gli stessi “fanno parte del patrimonio indisponibile …, sono soggetti alla disciplina pubblicistica ed inderogabile del settore …, non rilevando …

l’esistenza di contratti di locazione” (“giuridicamente inquadrati come concessione-contratto”).

B. Nel secondo motivo il contribuente – addotto aver la controparte “ammesso” (“in grado di appello”) che “l’attività amministrativa dell’assegnazione degli alloggi è configurabile come attività istituzionale”: “non lo sarebbe invece … quella attinente alla gestione degli alloggi stessi” – denunzia “ancora … violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis” (“insufficiente e contraddittoria motivazione della pretesa tributaria”) nonchè “dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. (principio del contraddittorio), D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51 (domande ed eccezioni nuove) e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2”, oltre che “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, ed osserva:

– la “nuova argomentazione contraddice la precedente” non potendosi “non si può”) “negare” che i “medesimi immobili siano adibiti a fini istituzionali” se “l’attività di assegnazione degli alloggi popolari è istituzionale dei comuni”;

– “l’intrinseca contraddittorietà della pronuncia … impugnata emerge altresì se si consideri che il giudice di appello, pur ritenendo sufficiente la motivazione provvedimentale espressa in primo grado, ha di fatto condiviso solo quella espressa in appello”.

C. In terzo luogo il ricorrente – asserito essere “ovvio che l’attività di assegnazione degli alloggi non possa essere esercitata che tramite un patrimonio immobiliare” – denunzia (“in relazione alla natura indisponibile del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica e alla destinazione del patrimonio ERP a compiti istituzionali del Comune”) “violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. a) … e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4” nonchè “omessa l’insufficiente e contraddittoria motivazione” esponendo:

– avendo “il DPR … 1911, n. 616 … trasferito alle regioni … le funzioni legislative in materia di Edilizia Residenziale Pubblica” e “le Regioni … identificato nei Comuni i soggetti istituzionalmente preposti alla gestione di tutta l’attività di Edilizia Residenziale Pubblica” (che “comprende sia il reperimento degli immobili … che tutte le fasi successive di gestione”), “la circostanza che lo Stato non è esente dall’ICI per gli immobili di ERP di sua proprietà, non implica che non lo siano i Comuni, ai quali l’esercizio di tale attività è stata delegata dalla legge”;

– “gli immobili di cui si discute”, in quanto “concretamente destinati ad un pubblico servizio … assistenziale (il servizio casa)”, “fanno certamente parte del patrimonio indisponibile comunale” perchè “il patrimonio ERP” (i cui “immobili … non sono … affatto liberamente disponibili secondo criteri di libero mercato”) “rappresenta … il mezzo, lo strumento, attraverso il quale il Comune può provvedere al compito istituzionale del servizio- casa, assegnando alloggi a persone che non hanno disponibilità economica di reperire alloggi a libero mercato”.

D. Nel quarto motivo il contribuente denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. a), in relazione all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. 1) e dell’art. 12 preleggi”, nonchè “omessa, insufficiente e con-traddittoria motivazione”, sostenendo che – essendo il “presupposto” per “l’esonero dal pagamento dell’ICI” previsto dalla lett. i) “la concessione in godimento degli alloggi a fini assistenziali, a favore degli aventi diritto” (venendo, quindi, “considerato favorevolmente dal legislatore” il “complesso di attività attinente al servizio pubblico, esercitata tramite l’immobile”) “per gli immobili funzionalmente destinati ad edilizia pubblica spetta al Comune … l’esenzione dal pagamento dell’imposta ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a)” perchè la “ratio delle norme” indicate “risiede nel fatto che il beneficio sociale raggiunto dall’adempimento dei compiti istituzionali ed assistenziali va a vantaggio dell’intera collettività” (“anche della collettività residente nel Comune di Locate Triulzi e … Comuni limitrofi, di chi svolga a Milano la propria attività lavorativa”):

“l’esonero dell’ICI compensa parzialmente gli oneri economici derivanti dalla realizzazione e dalla gestione di queste iniziative di particolare utilità sociale, svolte per ragioni di interesse pubblico senza fini commerciali o speculativi”.

E. Nella quinta censura il Comune di Milano – esposto che l'”interpretazione” precedente “trova conferma nelle … analoghe discipline tributarie” – denunzia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) anche in relazione al D.P.R. n. 643 del 1972, art. 25 in materia di INVIM decennale e alla disciplina sull’IVA (art. 12 preleggi, comma 2”, nonchè “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”:

– l'”art. 25 … disponeva l’esenzione totale dall’INVIM decennale … dei Comuni per tutti gli immobili di loro proprietà” e per quelli “di proprietà di altri enti non commerciali … destinati ad attività istituzionali”, mentre “per immobili non destinati all’…

attività istituzionale l’imposta era ridotte”: “se ne desume che solo gli immobili sfruttato a fini commerciali e speculativi sono esclusi dal beneficio fiscale”; “ne sono compresi quelli, in esame, che realizzano la finalità istituzionale prefissa (… godimento di un’abitazione dignitosa da parte di persone indigenti a canoni sociali)”; “l’esenzione tributaria è … giustificata dalla natura meramente assistenziale dell’attività svolta tramite gli immobili di proprietà”;

– “la medesima ratio dell’esenzione … si ritrova anche nella disciplina IVA, … dalla quale il Comune è totalmente escluso per le attività che … svolge in quanto pubbliche autorità”.

F. In sesto (ultimo) luogo il contribuente denunzia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) in relazione al medesimo D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4, e all’art. 12 preleggi e alle pronunce della Corte Costituzionale n. 113/1996 e n. 119/99” esponendo:

– “a seguito della pronuncia” del 1996 (nella quale la Corte delle leggi “sollecitava l’intervento del Parlamento, del Governo e delle Regioni sulla questione, per il suo particolare rilievo sociale”) “il legislatore modificava il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4” disponendo “la riduzione dell’ICI al 50% … a favore degli IACP” che “avevano … sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa ICI nella parte in cui non li comprendeva nel novero dei soggetti esenti”;

– siffatta “previsione … appare coerente solo con la previsione della completa esenzione dei Comuni” in quanto “gli IACP” (a) “non sono nel novero dei soggetti esclusi da ICI” e (b) svolgono “attività … assimilabile a quella imprenditoriale”.

3. Il ricorso – nel quale sono enucleatali due questioni: una concernente la motivazione degli atti impositivi; altra relativa al fondamento della pretesa tributaria -, integrata (ex art. 384 c.p.c.) la motivazione della sentenza impugnata con le osservazioni che seguono, deve essere respinto perchè infondato.

A. La tesi del Comune di Milano secondo cui “qualora sussista, come nel caso …, un’espressa norma che dispone l’esenzione totale dall’imposta …, l’Ufficio finanziario deve esporre nello stesso provvedimento i motivi per i quali ritiene di non poter applicare l’esenzione” è priva di pregio, soprattutto nell’ipotesi (che caratterizza la fattispecie) di omessa denunzia del presupposto impositivo (possesso di un immobile astrattamente soggetto all’imposta in questione): ai fini di adempiere all’obbligo normativo di motivazione dell’atto di imposizione fiscale, infatti, l’ente impositore è tenuto esclusivamente a rendere note al contribuente le ragioni di fatto e giuridiche, espressamente indicate o finalisticamente desumibili dalle norme regolatrici ciascuna imposta, che sorreggono (nell'”an” e nel “quantum debeatur”) la specifica pretesa fiscale, non anche a motivare il disconoscimento di tutte le possibili ipotesi di esenzione e/o di riduzione dell’imposta, specie se dovute a fatti del tutto ignoti e/o, comunque, non giuridicamente conosciuti perchè non risultanti da conferenti atti pubblici costituenti necessario presupposto per l’applicazione dell’imposta (per l’ICI, dai registri catastali).

In proposito è sufficiente aggiungere che (Cass., trib., 26 ottobre 2010 n. 21875, la quale richiama “Cass. … n. 28005 del … 2008”) “l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c.” cfr.

altresì, Cass., trib., 14 gennaio 2011 n. 775: “se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo … (tra le altre, Cass. n. 4766 del 2004)”): non si ravvisa, quindi, ragione logica (nell’inesistenza di una giuridica) per imporre all’ente l’obbligo di motivare, di sua iniziativa, il disconoscimento di un fatto che deve essere provato, perciò anche (in primis) allegato, solo dal contribuente.

B. Nel merito, tenuto conto della declaratoria, da parte della corte delle leggi (ordinanza innanzi richiamata) , di inammissibilità e di rigetto delle questioni di legittimità costituzionale (sollevate da questa sezione anche su sollecitazione del Comune ricorrente in presenza di un antitetico “diritto vivente”), in carenza di qualsivoglia argomentazione contraria (non rinvenibile nelle complessive osservazioni del contribuente), non resta che applicare il principio – affermato da Cass. trib., 9 gennaio 2004 n. 142 la quale, peraltro, “tenuto conto dell’identità della ratio ispiratrice e dell’analogo tenore letterale di entrambe le disposizioni”, ha richiamato a conforto anche “la giurisprudenza di questa Corte” (“Cass. 12 ottobre 2001, n. 12463; Cass. 27 ottobre 2000, n. 14198;

Cass. 10 dicembre 1994, n. 10564; Cass. 20 settembre 1991, n. 9842″) a proposito dell'”INVIM dovuta per decorso del decennio dalla data di acquisto”, per la quale “l’esenzione dall’imposta prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25, comma 2, lett. e) come modificato dalla L. 22 dicembre 1975, n. 694, art. 3 per gli immobili, appartenenti ad enti non esercenti in via esclusiva o principale imprese commerciali, destinati allo svolgimento di attività istituzionali, presuppone la destinazione immediata e diretta di detti immobili alla realizzazione dei fini istituzionali e non la semplice utilizzazione indiretta, ad esempio mediante la locazione a terzi” e ribadito nelle successive sentenze 15 novembre 2004 n. 21571, 24 ottobre 2005 n. 20577, 11 giugno 2010 n. 14094 – secondo cui “l’esenzione dall’ICI prevista dalla norma richiamata” anche ivi, come qui, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. a) “opera solo se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ente locale” “ricorre tale condizione qualora nell’immobile, per il quale si chiede l’esenzione dall’imposta, si svolga direttamente l’attività istituzionale dell’ente (ad esempio, quando nell’immobile siano ubicati la sede o gli uffici dell’ente)”: la “condizione” della immediata e diretta destinazione voluta dalla norma, come è stato osservato anche in tutte le richiamate decisioni, infatti, non è ravvisabile nel caso (che caratterizza anche la fattispecie) di immobili di edilizia residenziale pubblica perchè “il bene” è “utilizzato” (dal conduttore e/o concessionario del godimento) “per attività” (abitazione) “di carattere” indiscutibilmente “privata, … da soggetti estranei all’ente”, “costituenti un mero effetto o una mera conseguenza dell’attività svolta dall’ente medesimo”.

C. Siffatti principi non risultano incrinati dalle complessive osservazioni svolte dal Comune di Milano, in particolare nella memoria depositata in vista dell’odierna udienza (dopo il responso del giudice delle leggi).

In primo luogo – ricordato che, come specificato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 119 del 1999, che richiama la precedente “n. 404 del 1988”), “il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra i diritti fondamentali della persona” – va evidenziato che nelle menzionate decisioni questa Corte non ha mai affermato che l’acquisizione e la concessione ai beneficiari degli edifici in contestazione non siano “attività istituzionali” di esso Comune, si che l’esegesi accolta non si fonda affatto su di una “limitazione” (per così dire, “a monte”) della nozione di detta attività (asseritamente) non rinvenibile nella norma.

L'”esame del dato testuale” del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. a) (“immobili … destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”), poi, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente, impone di “escludere” dall’esenzione “le attività istituzionali che non presuppongono un “diretto utilizzo” dell’immobile da parte dell’ente possessore” perchè tale dato – al pari di quello della lett. i) (“destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè …”) e a differenza dell’altro, contenuto nella lett. g) (“fabbricati… recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104” “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” “adibiti direttamente allo svolgimento delle attività predette” di cui “alla L. 5 febbraio 1992, n 104”) – richiede sempre che gli “immobili” (nell’altro caso, solo i “fabbricati”) siano “destinati esclusivamente” o “ai compiti istituzionali” o “allo svolgimento” di una delle attività indicate dalla norma.

L’identico inciso (“destinati esclusivamente”) della fattispecie regolata dalla lett. i), peraltro e comunque, è stata coerentemente interpretata da questo giudice di legittimità in modo aderente avendo statuito (Cass., trib.: 17 settembre 2010 nn. 19731-19732, da cui gli experta, nonchè 16 luglio 2010 n. 16728 a proposito di “attività istituzionali degli enti ecclesiastici”, 16 giugno 2010 n. 14530) che pure “l’esenzione” prevista dalla lett. i) “spetta” soltanto “in relazione agli immobili” (sempre che, anche “di fatto”, “destinati esclusivamente allo svolgimento” di una delle “attività” previste) “utilizzati direttamente dai soggetti indicati dalla norma” stessa.

L’avverbio “esclusivamente” specifica univocamente il modo della destinazione dell’immobile che il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini di esentarlo dall’imposta; il “”diretto utilizzo” dell’immobile da parte dell’ente possessore”, pertanto, non introduce affatto “un requisito che la norma … non prevede”: di conseguenza è del tutto irrilevante che “il godimento degli alloggi di edilizia popolare da parte degli aventi diritto realizza la destinazione impressa dalla legge” essendo ovvio che tale godimento, proprio perchè di terzi, non integra l’utilizzo esclusivo e, soprattutto, diretto da parte del(lo stesso ente) contribuente.

L’esenzione dall’imposta comunale per gli immobili comunali destinati ad edilizia residenziale pubblica, peraltro, in difetto di espressa previsione normativa, non è tradibile neppure dall’art. 7, lett. i) D.Lgs. perchè, come già convincentemente precisato (Cass., trib., 16 giugno 2010 n. 14530), le “finalità assistenziali” perseguite dall’ente territoriale con detta destinazione non esclude (come nel caso degli IACP, finchè non sono stati destinatari di specifica previsione) che nell'”attività dell’ente” (pure comunale) sia “insita anche una caratteristica commerciale, in quanto percepisce dagli assegnatari canoni che vanno a remunerare, almeno in parte, il capitale investito”, per cui manca il “rigoroso requisito della assenza di profitto richiesta dalla norma in questione secondo la interprefazione confermata dal giudice delle leggi”; “la caratteristica commerciale della attività espletata”, peraltro, come opportunamente aggiunto, “non viene meno in forza della destinazione data al successivo utilizzo dell’eventuale profitto conseguito”.

La “disapplicazione della norma a favore dei Comuni che per …

motivi logistici mantengono i propri uffici nell’ambito del proprio territorio naturale”, ancora, non discende dall'”interpretazione fornita” da questa Corte ma dal tenore letterale del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 4 che, come visto, esclude dall’imposta “gli immobili di cui il comune è proprietario ovvero titolare dei diritti indicati nell’articolo precedente quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio”.

L’evoluzione normativa sull’imponibilità – prima totale; poi ridotta alla metà dall’art. 8, comma 4 (“riduzioni e detrazioni dall’imposta”) D.Lgs. n. 504 del 1992, come sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 55, con decorrenza dal 1 gennaio 1997″ “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche … agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari” (quindi pure quella del primo comma secondo cui “l’imposta è ridotta del 50 per cento”); indi “esclusa” (a decorrere dal primo gennaio 2008) dal D.L. 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 3, (convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 126): “l’esenzione si applica altresì nei casi previsti … dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4”) – degli immobili degli istituti detti (olim) IACP (ora ATER: “Azienda Territoriale per l’Edilìzia Residenziale”), infine, non apporta nessun argomento a favore della tesi propugnata dal Comune di Milano avendo la Corte Costituzionale ribadito (sentenze 12 aprile 1996 n. 113 e 2 aprile 1999 n. 119, entrambe in relazione all’assoggettamento all’imposta de qua degli immobili degli IACP) che (si legge nella seconda) – godendo lo stesso, “nel disciplinare la materia delle esenzioni e delle riduzioni d’imposta”, di “ampia discrezionalità” (“il cui esercizio” è “sindacabile” dalla corte delle leggi solo “per manifesta irragionevolezza o arbitrarietà”) – “il legislatore”, “non inserendo” (scìlicet, nel testo della norma ivi rilevante, ratione temporìs) “gli IACP nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7”, ha “fatto uso non irrazionale della propria discrezionalità”.

Nella decisione del 1999 si è, in particolare, precisato che l'”ampia discrezionalità” detta sottrae la norma (nel testo sostituito nel 1996) del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4 (“riduzione del 50%” dell’ICI anche per gli “alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari”) al denunziato contrasto con l’art. 3 Cost. perchè “attraverso di essa il legislatore ha … conferito uno status privilegiato, per quanto attiene all’ICI, agli IACP” : tale “status privilegiato” – che, naturalmente, risulta rafforzato dalla successiva previsione di esenzione totale -, manifestamente, non determina nessuna disparità di trattamento con il diverso trattamento degli immobili di edilizia residenziale pubblica di proprietà di altri soggetti avendo (ancora) la Corte Costituzionale (pur affermando di poter prescindere “da ogni valutazione” in proposito) comunque espresso perplessità sulla “omogeneità delle situazioni” tra immobili degli IACP e immobili comunali di edilizia detta, specificamente “poste a raffronto” da questa Corte nelle ordinanze (nn. 9477/10 e 9477/10 del 21 aprile 2010) di remissione della questione ad esso giudice delle leggi.

4. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità in quanto l’ente intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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