Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3072 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 10/02/2020), n.3072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17443-2018 proposto da:

(OMISSIS) SRL, socio unico in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, V.A., quale liquidatore della

(OMISSIS) SRL, V.A., quale socio unico della (OMISSIS)

SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61,

presso lo studio dell’avvocato MARIA BERNETTI, rappresentati e

difesi dall’avvocato ROBERTO ADAMO;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO N. 535/2017 (OMISSIS) SRL, in liquidazione, in persona del

Curatore Fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. DE

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO LENER, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE C/O IL TRIBUNALE DI ROMA, PROCURATORE DELLA

REPUBBLICA C/O LA CORTE D’APPELLO DI ROMA, G.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2835/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Roma, una volta ritenuta inammissibile la domanda di concordato preventivo presentata da (OMISSIS) a r.l. in liquidazione, dichiarava, con contestuale sentenza in data 6 luglio 2017, il fallimento della compagine;

2. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 3 maggio 2018, rigettava il reclamo presentato da (OMISSIS) a r.l. in liquidazione ed V.A., socio unico e liquidatore della compagine, rilevando che la relazione del professionista L. Fall., ex art. 161, comma 3, priva di adeguata base documentale, presentava elementi di incertezza tali da non potersi ritenere correttamente attestata la fattibilità del piano;

nel contempo la corte distrettuale reputava che la sottovalutazione del debito erariale rendesse evidente la manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati;

3. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) a r.l. in liquidazione e V.A. prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) a r.l. in liquidazione; gli intimati Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma non hanno svolto alcuna difesa;

parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. alla quale ha allegato due sentenze della Commissione Tributaria regionale del Lazio;

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 160,161 e 162 L. Fall., in quanto la sentenza impugnata avrebbe attribuito al Tribunale, in sede di omologa, dei poteri di controllo eccessivamente ampi, quando invece era riservata al ceto creditorio, al momento del suffragio, la definitiva valutazione della fattibilità del piano, sulla base delle corrette informazioni fornite dal debitore proponente;

5. il motivo è inammissibile;

la Corte di merito ha osservato in primo luogo che l’indisponibilità della contabilità aziendale determinava un’ “oggettiva eccessiva incertezza nella stima del passivo concordatario, oltre che dell’attivo” e, di conseguenza, comprometteva l’attendibilità dell’attestazione prevista dalla L. Fall., art. 161, comma 3, che risultava `priva di una adeguata base documentale”; il collegio del reclamo ha poi espresso, “sotto altro autonomo profilo”, un giudizio di manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obbiettivi prefissati, a causa di una “ingiustificata sottovaluta ione” del debito erariale; in questo modo il giudice di merito da un lato ha compiuto una verifica della regolarità della procedura, indispensabile a garantire la corretta formazione del consenso dei creditori (Cass. 5653/2019, Cass. 5825/2018), dall’altro ha svolto un controllo sulla fattibilità economica del concordato, valutando l’irrealizzabilità in concreto del piano proposto dal debitore a motivo della sua manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati (Cass. 4790/2018, Cass. 9061/2017); a fronte delle plurime ragioni offerte, distinte e autonome fra loro, i ricorrenti non hanno sollevato alcuna censura rispetto al primo dei motivi illustrati, impegnandosi soltanto nel sostenere che la valutazione di fartibilità del piano fosse di pertinenza del solo ceto creditorio, e hanno reso così inammissibile, l’intera impugnazione proposta;

in vero, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (si vedano in questo senso, fra molte, Cass. 9752/2017, Cass., Sez. U., 7931/2013, Cass. 11222/2017, Cass. 18641/2017);

6. giova infine osservare come la produzione documentale effettuata dal ricorrente in uno con la memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c., risulti inammissibile, a mente dell’art. 372 c.p.c., dato che non ricorrono le ipotesi previste dal comma 1 della norma (e come sia comunque irrilevante, giacchè i documenti prodotti investono la seconda ratio decidendi, lasciando ancora una volta incontestato il primo degli argomenti offerti dalla corte distrettuale);

7. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 10 febbraio 2020

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