Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30718 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3005-2007 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GOLLIN GIANFRANCO con studio

PIAZZA XX SETTEMBRE 7 MONSELICE (PD), (avviso postale), giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI MONSELICE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 76/2005 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 01/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GOLLIN, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

introduttivo, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 10 dicembre 2001, il Comune di Monselice notificava a G. V. avvisi di liquidazione ICI per gli anni 1994/1999 relativamente a due unità immobiliari, “per aver accertato una maggiore imposta dovuta in base alla rendita attribuita dall’UTE”.

Proposta senza esito istanza di accertamento con adesione, la contribuente impugnava gli avvisi convenendo in giudizio anche l’Agenzia del Territorio, nei cui confronti – sul presupposto che la classificazione degli immobili non le era stata in precedenza notificata – ne chiedeva per uno di essi la rideterminazione, con riduzione della rendita catastale assegnata. In primo grado i ricorsi erano dichiarati inammissibili perchè tardivi. La CTR confermava la decisione di inammissibilità del ricorso proposto contro l’Agenzia del Territorio e rigettava nel merito quelli proposti nei confronti del Comune. La G. ricorre con sette motivi avverso la sentenza d’appello. L’Agenzia del Territorio resiste con controricorso. Il Comune di Monselice non si difende.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo deduce nullità della sentenza per violazione del contraddittorio. La violazione sarebbe incorsa per la mancata notificazione della istanza di discussione della causa in pubblica udienza alla Agenzia delle Entrate, parte necessaria del giudizio concernente il provvedimento di attribuzione della rendita catastale, impugnata insieme all’avviso ICI 1994, che ne aveva fatto la prima applicazione.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse a proporlo della parte ricorrente. Concerne diversa parte processuale, che non vi ha aderito, ed è interessata alla conservazione della pronuncia, che le è stata favorevole.

Il secondo motivo deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 68 e art. 166 c.p.c.). Lamenta che la CTR non avrebbe deciso sulla “eccezione di nullità ed inammissibilità della comparsa di costituzione in appello dell’Agenzia del Territorio di Padova”, fondata sul rilievo che sarebbe stata sottoscritta da funzionario non legittimato.

Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, atteso che l’impugnativa dell’atto di attribuzione della rendita catastale proposta nei confronti dell’Agenzia del Territorio è stata considerata tardiva perchè proposta oltre i 60 giorni dalla notificazione dell’avviso ICI 1994 che ne faceva applicazione (L. n. 342 del 2000, ex art. 74, comma 2). La tempestività del ricorso doveva essere verificata d’ufficio, sicchè la costituzione dell’Agenzia non ha avuto rilievo processuale.

Col terzo motivo (deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 e degli artt. 157, 166 e 347 c.p.c.) si lamenta che l’eccezione di tardività del ricorso introduttivo sarebbe stata sollevata dalla Agenzia non con la comparsa di costituzione in appello ma con successiva memoria illustrativa, che si assume tardiva.

Anche questo motivo è inammissibile, giacchè la intempestività del ricorso era a base della decisione di primo grado, e doveva essere controllata dal giudice d’appello anche d’ufficio.

Il quarto motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e vizio di ultrapetizione. La CTR, condannando la ricorrente alle spese del giudizio, ha liquidato in suo favore anche quelle del primo grado, che – assume il ricorrente – non erano state domandate dall’Agenzia. Ha inoltre liquidato compensi per attività non svolte, e senza riguardo al valore della lite.

Il motivo concernente le spese di primo grado è fondato. Non risulta che l’Agenzia avesse proposto appello incidentale avverso la sentenza della CTP, ed è dunque escluso che la CTR potesse modificarne la pronuncia emessa in punto spese. E’ invece inammissibile la doglianza concernente la liquidazione delle spese del giudizio d’appello (se in tal senso va interpretata la censura, stilata in termini ambigui), perchè fondata sull’assunto che il valore della lite fosse “dato dal differenziale tra la rendita accertata e la rendita richiesta” (mentre la lite sul classamento è tipicamente di valore indeterminato), e non corredata da indicazioni e calcoli che rendano perspicuo che la somma complessiva liquidata dalla CTR comprenda voci non spettanti.

Il quinto motivo deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2, 14 e 19 e L. n. 218 del 1997, art. 6), sulla tesi che la istanza di accertamento con adesione prevista dalla L. n. 218 del 1997, proposta avverso l’atto di accertamento ICI 1994, fosse valsa a sospendere il termine di impugnazione del classamento con esso comunicato.

Il motivo è infondato, perchè la L. n. 218 del 1997, art. 1 concerne soltanto le imposte ivi specificamente indicate (sui redditi, iva, invim, successioni, donazioni, registro e catastali).

Non dunque l’imposta ICI. L’istanza di concordato proposta al Comune avverso l’avviso di liquidazione ICI era dunque inammissibile, e non valeva a sospendere i termini di impugnazione nei confronti del Comune (ancorchè la diversa decisione motivata dalla CTR sul punto a pag. 24 della sentenza sia ormai coperta da giudicato). Nè poteva valere a sospenderli nei confronti dell’Agenzia del Territorio, alla quale non era stata rivolta.

Il sesto motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e L. n. 342 del 2000, art. 74. Sostiene che con l’avviso notificato nel dicembre 2001 non potesse pretendersi l’applicazione della nuova rendita catastale agli anni anteriori.

Il motivo è infondato. In base alla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 gli atti attributivi di rendita catastale adottati anteriormente al 31 dicembre 1999 e non notificati al contribuente prima di quella data acquistano efficacia con la notificazione di un qualsiasi atto impositivo che li abbia successivamente recepiti, insieme al quale possono essere impugnati. E’ questa la fattispecie di causa, nella quale il Comune ha richiesto ICI liquidata in base al classamento posto in atti nel marzo 1999. Le rendite con esso attribuite sono divenute definitive perchè non tempestivamente impugnate nei termini, come sopra detto. E la loro efficacia risale al 14 giugno 1989, quando (dato pacifico in causa) il contribuente ha presentato la denuncia di variazione di consistenza e destinazione dell’immobile presa a base del nuovo classamento.

Da ultimo il ricorso deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame del “motivo attinente al merito della valutazione e fissazione della rendita catastale”.

La doglianza è correlata alla tesi che il ricorso proposto avverso il classamento non fosse tardivo. Mentre la inammissibilità del ricorso escludeva che potesse valutarsene il merito.

Vanno dunque respinti tutti i motivi di ricorso salvo la prima parte del quarto, concernente la condanna al rimborso delle spese del primo grado di giudizio. In questo giudizio di legittimità il ricorrente è sostanzialmente soccombente, e va condannato al rimborso delle spese nei (soli) confronti dell’Agenzia del Territorio (giacchè il Comune di Monselice non si è difeso).

PQM

In parziale accoglimento del quarto motivo, cassa la condanna della contribuente al rimborso delle spese del primo grado di giudizio nei confronti dell’Agenzia del Territorio. Rigetta nel resto il ricorso.

Condanna la ricorrente a rimborsare all’Agenzia del Territorio le spese del giudizio di legittimità,liquidate in Euro 1500 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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