Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30718 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 25/11/2019), n.30718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19668-2017 proposto da:

FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

MARAZZA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO

MARAZZA, DOMENICO DE FEO;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 866/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 20/2/2017, in accoglimento dell’appello proposto da P.P., ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra l’appellante e la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma con decorrenza dal 3/2/2010 e la conseguente esistenza tra le parti d’un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; ha poi condannato la Fondazione al pagamento in favore dell’appellante di un’indennità risarcitoria ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, commisurata a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge;

a fondamento del decisum, la Corte territoriale, dopo aver richiamato i principi espressi da questa Corte con la sentenza 20 marzo 2014, n. 6547, ribaditi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 260 del 2015, ha ritenuto che la causale apposta al contratto (“esigenze del servizio sartoria legate alla lavorazione di nuovi costui ed ai lavori di ripristino, manutenzione e/o noleggiati da terzi, per la preparazione, per le prove e le recite degli spettacoli sottoelencati”) fosse priva del requisito della specificità in ragione della indeterminatezza e vastità del concetto “esigenze del servizio di sartoria” e della mancanza di evidenziazione di caratteristiche e particolarità idonee ad individuare la necessità dell’assunzione temporanea di quella determinata lavoratrice, da adibire alla ordinaria attività di sarta;

contro la sentenza la Fondazione Teatro dell’Opera ha proposto ricorso per cassazione sulla base dei motivi che di seguito si illustrano; l’intimata non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

la Fondazione ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la Fondazione denuncia la violazione degli artt. 346,434,414 e 112 c.p.c.: assume che la Corte d’appello aveva esaminato nel merito le doglianze dell’appellante, nonostante che nel ricorso in appello ella si fosse limitata a censurare la sentenza di primo grado solo con riguardo alla pronuncia di inammissibilità della domanda di conversione, senza nulla dedurre con riferimento alla nullità dei termini apposti ai singoli contratti; inoltre il motivo di censura inerente alla violazione del requisito della forma scritta riguardava un “non meglio specificato contratto”, mai intervenuto tra le parti e, quindi, mai impugnato;

2.- con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Fondazione denuncia la “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 595 (legge finanziaria 2006), della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 392 (legge finanziaria 2008) e del D.L. n. 64 del 2010, art. 3, comma 5, convertito in legge dalla L. 29 giugno 2010, n. 100, art. 1, comma 1,”: assume che, con riferimento ai periodi di efficacia del contratto dichiarato nullo, le norme indicate impedivano la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e che il cosiddetto blocco delle assunzioni operava sia con riguardo alle assunzioni in via amministrativa sia con riguardo alla costituzione giudiziale dei rapporti di lavoro;

3.- con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, convertito nella L. n. 112 del 2013”: osserva che in forza della norma di cui al D.L. n. 91 del 2013 le assunzioni di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico sinfoniche dovevano avvenire solo a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche.

4.- con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Fondazione denuncia la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1”; ritiene che il contratto rispondeva ai requisiti previsti dalla norma indicata: in particolare, il contratto specificava le esigenze e le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo le quali sussistevano “anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”;

5. il primo motivo è inammissibile;

5.1.- la Corte non è incorsa in alcun vizio di ultra petizione nè nella violazione delle norme di legge indicate, avendo ritenuto che, con il secondo motivo dell’appello, fosse stata devoluta la questione relativa alla nullità del contratto per difetto di specificità della clausola di apposizione del termine e che l’ampiezza di tale devoluzione fosse confermata dall’esatta riproduzione, nel ricorso in appello, delle conclusioni rassegnate nel ricorso di primo grado; inoltre, l’erronea indicazione della data del contratto era chiaramente dovuto ad un errore materiale, che non inficiava la specificità e validità del gravame;

5.2.- si tratta di un apprezzamento che, in quanto congruo e fondato sull’interpretazione dell’atto giudiziario, è insindacabile in questa sede; va invero ricordato che, nel giudizio di legittimità, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito; solo nel primo caso si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta; nel secondo caso, invece, poichè l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 21/12/2017, n. 30684; Cass. 18/05/2012, n. 7932; Cass. 21/6/2007, n. 14486; Cass. 07/07/2006, n. 15603; Cass. 5/8/2005, n. 16596), controllo che nel caso in esame è senz’altro positivo, avendo la Corte territoriale espresso con coerenza, logicità e compiutezza le ragioni per le quali ha ritenuto riproposta in appello la questione relativa alla genericità della clausola di apposizione del termine;

5.3.- deve aggiungersi, per completezza, che la devoluzione al giudice dell’appello della questione relativa la convertibilità dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato implica necessariamente la devoluzione della questione presupposta, ossia la nullità del contratto: il vizio di extra-petizione ricorre solo quando la pronuncia alteri la corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato e non anche quando il giudice, senza superare il limite fissato dalle parti relativamente ai fatti costituenti il presupposto della pretesa, attribuisca alla domanda un fondamento giuridico diverso da quello ravvisato dal giudice di primo grado; in particolare, non incorre in extra-petizione il giudice d’appello se procede alla valutazione di profili giuridici che, pur riferendosi alle questioni sottoposte alla sua cognizione, non risultino espressamente contemplate nei motivi d’impugnazione e ciò in quanto la ricerca e l’applicazione della norma astratta al caso concreto rientrano nei suoi compiti istituzionali (Cass. 27/02/1970, n. 496);

6.- il secondo e il terzo motivo sono manifestamente infondati alla luce dei precedenti di questa Corte, – ai quali intende darsi qui continuità (da ultimo, Cass. 14/5/2019, n. 12776; Cass. 20/4/2018, n. 9896; Cass. 17/10/2018, n. 25959; Cass. 28/9/2016, n. 19189; Cass. 20 marzo 2014, n. 6547; conf. pure Cass. n. 10924 del 2014) -, enunciati in materia di blocco delle assunzioni, di cui alle leggi finanziarie del 2006 e del 2007, trattandosi di norme esterne alla fattispecie dedotta in giudizio, siccome riguardanti il funzionamento e l’autorganizzazione del datore di lavoro che, pur potendo incidere indirettamente sulla esistenza del rapporto di lavoro invocata dal privato, non possono far degradarne la posizione di diritto soggettivo sorta in conseguenza di atti di gestione del rapporto di tipo privatistico (cfr., Cass. Sez. Un. 894 del 1999) e non potendo, dunque, incidere sulla decisione giurisdizionale che intervenga in seguito all’entrata in vigore della disposizione normativa considerata;

6.1.- questa conclusione risulta ora imposta dalla interpretazione della normativa considerata resa dalla Corte di giustizia nella causa Sciotto (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) ed dalla necessità di evitare gravi disparità di trattamento anche alla luce della dottrina Milkova (V. Corte Giust. 9 marzo 2017, Causa C- 406/15, Milkova) dovendo scongiurarsi il rischio che la distinzione operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguata al fine perseguito da tale normativa (Cass. n. 12776/2019, cit.);

6.2.- altrettanto infondata è la tesi difensiva della Fondazione secondo cui la conversione del contratto sarebbe impedita dal D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, che prevede per il personale in esame le assunzioni per concorso, in quanto la circostanza che le assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico avvengano di norma per concorso pubblico (disposizione ben diversa da quella di cui all’art. 97 Cost.) non pone limitazioni al giudice in caso di accertata sussistenza dei presupposti per la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato (Cass. n. 9896/2018, cit.; Cass. 9 gennaio 2017, n. 208);

6.3.- sul punto, deve darsi atto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 260 del 11 dicembre 2015, condividendo la ricostruzione del quadro normativo compiuto da questa Corte, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 40, comma 1-bis (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, art. 1, comma 1, nella parte in cui prevede che il D.L. 30 aprile 2010, n. 64, art. 3, comma 6, primo periodo, convertito, con modificazioni dalla L. 29 giugno 2010, n. 100, art. 1, comma 1, si interpreta nel senso che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine”;

6.4.- aggiunge la sentenza n. 260 del 2015 che “con riguardo ai lavoratori dello spettacolo, la Corte di giustizia ha valorizzato il ruolo della “ragione obiettiva” come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipulazione dei contratti a tempo determinato e come punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità dell’impiego e le irriducibili peculiarità del settore (sentenza 26 febbraio 2015, nella causa C-238/14, Commissione contro Granducato di Lussemburgo, che riprende le affermazioni della sentenza della Corte di giustizia, 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13 e da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri)”;

6.5.- questi principi valgono a respingere i motivi di ricorso in esame non potendosi attribuire rilievo ad una norma (D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19), che secondo la stessa Corte costituzionale è “antesignana” dell’art. 40, dichiarato poi illegittimo e che, in mancanza di una diversa indicazione normativa, non può avere effetto che per l’avvenire (art. 11 preleggi);

7.- anche il quarto motivo è manifestamente infondato;

dalla ricostruzione della disciplina tempo per tempo applicabile ai contratti di lavoro con le fondazioni lirico sinfoniche, così come ricostruita nelle pronunce citate, emerge che, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati dal personale delle fondazioni lirico-sinfoniche previste dal D.Lgs. n. 367 del 1996, si applicano le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, con le uniche esclusioni costituite dall’art. 4, relativo alle proroghe, e dall’art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai rinnovi (D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, comma 4);

7.1.- pertanto, la violazione “delle norme che prevedono la forma scritta ad substantiam e la specifica indicazione della causale,…, devono essere riportate nell’ambito della disciplina ordinaria del contratto di lavoro a tempo determinato, con la conseguente conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato”;

7.2.- conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, i giudici romani hanno ritenuto che il richiamo all’esigenza di produrre determinati programmi o spettacoli, ancorchè nominativamente indicati, non è sufficiente al rispetto del principio di specificità, risolvendosi in una clausola di stile che riproduce la formula legislativa, senza evidenziare nè quale sia l’effettiva e obiettiva esigenza che ha giustificato il ricorso all’assunzione a termine – essendo evidente che la produzione di programmi e spettacoli che si succedono nel tempo costituisce una stabile e ineliminabile finalità aziendale – nè il nesso tra le esigenze in questione la specifica assunzione della lavoratrice, di cui non è stato nemmeno dedotto il possesso di competenze professionali non sostituibili con le prestazioni del personale stabilmente alle dipendenze dell’azienda;

7.3.- questo giudizio si pone in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, che ha affermato, con riferimento all’ipotesi prevista dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e) – che, nel testo sostituito dalla L. 23 maggio 1977, n. 266, consente l’assunzione a termine di personale per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, con disposizione poi riprodotta negli stessi termini nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, comma 7, lett. c), nel testo applicabile ratione temporis – che “il prescritto requisito della specificità esige che le caratteristiche oggettive dello spettacolo o del programma richiedano un apporto peculiare e temporaneo, che non possa essere fornito dal personale assunto in pianta stabile; pertanto, va esclusa la liceità dell’apposizione del termine nell’ipotesi di mera individuazione nel contratto dello spettacolo o del programma per la cui realizzazione il dipendente sia assunto, senza alcuna specificazione circa la natura e lo scopo di essi e prescindendo dalla temporaneità delle esigenze che rendono necessaria l’assunzione” (Cass. 11 dicembre 2012, n. 22657, ed ivi ulteriori richiami; Cass. 24 gennaio 2000, n. 774; Cass. 14 settembre 2012, n. 15455; Cass.21 agosto 2015, n. 17064; v. pure Cass. n. 12776/2019, cit.);

8.- in conclusione il ricorso deve essere rigettato; nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato in difetto di attività difensiva proposta dalla controparte.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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