Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30715 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12512-2008 proposto da:

BNL SPA, BNP PARIBAS SA (Società Anonima di diritto Francese), in

qualità di incorporante della Banca Nazionale del Lavoro S.P.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIALE G. MAZZINI 9-11, presso lo

studio dell’avvocato SALVINI LIVIA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CIPOLLA GIUSEPPE MARIA, con procura speciale

notarile del Not. Dr. MARIA NIVES IANNACCONE di MILANO, rep. n. 60998

del 17/04/2008;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VOGHERA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso lo studio

dell’avvocato RAMADORI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LOVISETTI MAURIZIO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 148/2007 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 15/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato SALVINI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 148/45/07, depositata il 15.1.08, la CTR della Lombardia, in riforma della decisione della CTP di Pavia, ha rigettato il ricorso proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. nei confronti del Comune di Voghera avverso il diniego di rimborso dell’ICI, versata in eccesso negli anni 1995-1999. I giudici d’appello hanno ritenuto spirato il termine di decadenza triennale, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, individuando il “dies a quo” nel momento di effettuazione dei versamenti, e non in quello della definizione del giudizio relativo alla quantificazione dell’imposta in base ai valori contabili, in quanto tale procedimento riguardava altro oggetto e si era concluso con sentenza di cessazione della materia del contendere, per avere gli immobili ricevuto l’attribuzione della rendita catastale, già dal 1992.

Per la cassazione della sentenza, ricorrono la BNP Paribas S.A., che ha incorporato la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., nonchè quest’ultima, quale conferitaria del ramo d’azienda bancaria; il Comune di Voghera resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va, preventivamente, rilevato che, a norma dell’art. 2504 bis c.c., introdotto dalla riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) e qui applicabile, per essere la fusione per incorporazione avvenuta, come riportato in ricorso, per atto del 25.9.2007, Liguori Notaio, la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. SU n. 19698/2010). Paribas è, dunque, legittimata a proporre il ricorso avverso la sentenza emessa nei confronti della società partecipante alla fusione e, del pari ammissibile, è il ricorso della BNL, successore a titolo particolare nel diritto controverso, in quanto conferitaria del ramo d’azienda.

Con il primo motivo, deducendo violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, comma 1; art. 2935 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, nonchè art. 53 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, le ricorrenti lamentano che, nell’individuare l’inizio del decorso del termine di decadenza con riferimento alle date dei singoli versamenti, la CTR non ha tenuto conto che lo stesso Comune aveva ritenuto, in seno all’avviso di accertamento in rettifica del dicembre 2001, che la base imponibile doveva esser rappresentata dai valori contabili dell’unità immobiliare. Solo nel corso del giudizio d’impugnazione avverso tale atto, proseguono le ricorrenti, l’Ente impositore “mutando il titolo della pretesa” aveva annullato in autotutela l’avviso di accertamento, ritenendo che la tassazione doveva avvenire in base alle rendite catastali. La sentenza n. 273 depositata il 12.12.2002 della CTP di Pavia, che, in conseguenza dell’atto di ritiro, di tenore conforme alle difese della contribuente, ha dichiarato cessata la materia del contendere contiene, dunque, l’accertamento giudiziale del diritto controverso in relazione al parametro di liquidazione dell’imposta – valore catastale, in luogo dei valori contabili – e la sua emissione segna l’inizio del termine di decadenza per il recupero delle maggiori imposte, indebitamente assolte in applicazione del parametro errato.

A conclusione, le ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: “Dica codesta S.C. se, a seguito dell’intervenuto annullamento in via di autotutela dell’avviso di rettifica ICI per erronea determinazione da parte dell’ente locale della base imponibile, la sentenza della Commissione tributaria – che abbia dichiarato la cassazione della materia del contendere sul presupposto delle ragioni giudizialmente fatte valere dal contribuente ed accolte dall’ente stesso in autotutela – costituisca titolo per ripetere, a far data dal deposito della sentenza, il tributo indebitamente assolto”.

Il motivo è infondato. A norma del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 13, abrogato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, lett. f, ma applicabile “ratione temporis”, il termine triennale per il rimborso delle somme versate e non dovute, che ha natura speciale rispetto a quello previsto dalle regole civilistiche in tema di prescrizione, decorre “dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione”.

Citando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 16987 del 2003, 21529 del 2007), secondo la quale sentenza del giudice tributario dichiarativa della cessazione della materia del contendere è idonea a produrre, oltre all’effetto processuale tipico dell’estinzione del giudizio, anche, effetti sostanziali nei rapporti tra fisco e contribuente, nel caso in cui discenda dall’intervenuta adozione di un atto che (come dispone la L. n. 1034 del 1971, art. 23, comma 7) realizzi l'”istanza” del contribuente (e non, anche, quando sia conseguita al mero riscontro del venir meno dell’atto impugnato), le ricorrenti sostengono che il “dies a quo” del termine triennale per il rimborso vada, appunto, individuato in quello di emissione della sentenza con la quale è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere, che avrebbe valore di giudicato sostanziale sul criterio d’individuazione della base imponibile. L’assunto è infondato. Il principio generale al quale il legislatore dell’ICI si è ispirato per la determinazione della base imponibile dei fabbricati (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5) è, infatti, quello della utilizzazione delle rendite catastali, ed il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili è previsto, per i fabbricati non iscritti appartenenti alla categoria D, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, come eccezione alla regola della utilizzabilità delle rendite catastali e solo fino a quando il proprietario, rendendosi parte diligente, formuli la richieda di attribuzione della rendita stessa, (Cass. SU n, 3160 del 2011, Cass. n. 13077 del 2005, n. 6255 del 2007). Una volta intervenuta l’attribuzione della rendita, ad opera dell’Ufficio competente, il Comune ed il contribuente hanno il diritto-dovere di determinare e corrispondere l’imposta sulla base imponibile individuata in base alle rendite catastali. Tale essendo, per quanto qui rileva, il quadro normativo, ne consegue che il pagamento dell’imposta per gli anni 1995-1999, in base al valore contabile invece che alle rendite catastali – attribuite ai fabbricati fin dal 1992 come riporta l’impugnata sentenza -, è ascrivibile ad errore della contribuente, che, onde non incorrere nella prescrizione, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, avrebbe dovuto azionare la domanda di rimborso entro il prescritto triennio. La fonte del diritto alla restituzione non deriva, infatti, dalla sentenza dichiarativa di cessazione della materia del contendere emessa a definizione del giudizio d’impugnazione dell’atto di rettifica emesso dal Comune nel 2001: anche riconnettendo effetti sostanziali a tale declaratoria, l’accertamento in essa contenuto non può che esser riferito alla rettifica impugnata – annullata proprio perchè non fondata sul criterio di legge – e non può avere effetto costitutivo del “passaggio” dal criterio d’imposizione contabile a quello catastale, dalla cui applicazione deriva il credito per le restituzioni, dato che tale effetto, in via di principio, si determina ipso jure con l’iscrizione in catasto, e dato che, nella specie, l’iscrizione preesisteva, circostanza che ha, appunto, costituito la ragione dell’annullamento in autotutela dell’avviso di rettifica. Correttamente, dunque, i giudici d’appello hanno individuato con riferimento ai singoli versamenti, l’inizio del termine triennale di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, non essendo pertinente la giurisprudenza (Cass. n. 15540 del 2010; n. 11094 del 2008) invocata dalle ricorrenti in sede di difese, perchè relativa al caso, del tutto diverso, dell’impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale. Resta da aggiungere che l’argomento, secondo cui l’esegesi costituzionalmente orientata delle norme in tema di rimborso imporrebbe di individuare nella sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere il titolo per legittimare il diritto al rimborso, non può trovare accoglimento, perchè presuppone un contenuto sostanziale di tale decisione che, alla stregua di quanto si è esposto, non è, affatto, ravvisabile.

Col secondo motivo, le ricorrenti deducono, in via subordinata, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, comma 1; art. 2935 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che il ricorso proposto avverso l’avviso d’accertamento ICI del 2001 può esser considerato come una valida, e tempestiva, istanza di rimborso delle somme pagate in esubero. A conclusione, le ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto “Dica codesta S. C. se è valido e tempestivo l’esercizio del diritto di rimborso del tributo indebitamente assolto dal contribuente attraverso il ricorso giurisdizionale proposto dal contribuente nei termini di legge avverso un avviso di accertamento con il quale il tributo stesso sia stato liquidato dall’ente impositore per un importo ancora più elevato rispetto alle somme pagate, assumendo (l’ente impositore) erroneamente quale base imponibile gli stessi, identici, parametri erroneamente assunti pure dal contribuente nell’autoliquidare il tributo”. Il motivo è inammissibile: come non ha mancato di rilevare il controricorrente, la sentenza impugnata non tratta della questione oggetto del motivo, e, di conseguenza, onde evitare una declaratoria d’inammissibilità della questione stessa per la sua novità, le ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare di averla sollevata a tempo debito, ed, a tal fine, avrebbero dovuto riportare, trascrivendole puntualmente in seno al ricorso per cassazione, le parti rilevanti degli atti processuali in cui la questione era stata dedotta. Insomma, o per la sua novità o per il difetto di autosufficienza, il motivo è inammissibile.

Le ricorrenti, soccombenti, vanno condannate a pagare al Comune le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre a spese generali e ad accessori, come per legge.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 4.500,00, oltre a spese generali e ad accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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