Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30713 del 21/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30713 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CALAFIORE DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 19430-2012 proposto da:
BIPROGET S.R.L. UNIPERSONALE IN LIQUIDAZIONE P.I.
02516850126, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA

LUDOVISI 16, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO
CORAIN, che la rappresenta
2017

e difende unitamente

all’avvocato ROBERTO TESTA, giusta delega in atti.
– ricorrente –

3847
contro

ISTITUTO NAZIONALE

I.N.P.S.
SOCIALE,

C.F.

80078750587,

DELLA PREVIDENZA

in persona del suo

Data pubblicazione: 21/12/2017

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.
C.F. 05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2012 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 17/02/2012 R.G.N. 2020/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA
CALAFIORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MAURTZTO CORATN;
udito l’Avvocato ANTONINO SGROI.

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

n.r.g. 19430-2012
Biproget s.r.1./Inps

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n.5/2012 del 17 febbraio 2012,
accogliendo l’impugnazione proposta dall’INPS avverso la sentenza emessa dal
Tribunale in funzione di Giudice dei lavoro di Varese, ha rigettato l’opposizione a
cartella esattoriale proposta da Biproget s.r.l. sulla base della infondatezza della
pretesa contributi’Va dell’INPS relativa alla natura subordinata dei rapporti di lavoro
intercorsi con Verusca Carù e Filomena Verde, qualificate dalla opponente come

La Corte territoriale, dopo aver ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità per
genericità dell’atto d’appello e quella di carenza di potere dell’INPS in ordine
all’iscrizione a ruolo ex art. 24 d.lgs. n.46/1999 per la pendenza di un giudizio di
opposizione avverso ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del
lavoro a seguito di accertamenti dello stesso ufficio, ha valutato, contrariamente al
tribunale, che vi fossero prove idonee della sussistenza della-subordinazione nelle.
prestazioni rese dalle due lavoratrici da ravvisarsi nel fatto che, a fronte della
generica indicazione sull’oggetto e sulle modalità dell’attività da svolgere indicata
nel contratto stipulato nell’ottobre 1999, era emerso dall’esame degli atti che
l’attività svolta non era di consulenza ma di telemarketing ed inserimento dati al
computer e che gli stessi contenuti del contratto stipulato nell’ottobre 2002
deponevano per la sussistenza degli indici della subordinazione quali l’utilizzo di
beni aziendali e rispetto dell’orario di lavoro. Inoltre, la prova testimoniale aveva
confermato tali valutazioni dimostrando che le lavoratrici dovevano giustificare le
assenze ed erano soggette a controlli.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Bitproget s.r.l. articolando
quattro motivi cui resiste l’INPS con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e o falsa applicazione

dell’art. 434 cod. proc. civ. in relazione al rigetto dell’eccezione di inammissibilità
dell’atto d’appello proposto dall’INPS fondata sul difetto di specificità
dell’impugnazione; il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 24 del d.lgs. n.46/1999 in relazione alla circostanza che l’iscrizione a ruolo
era avvenuta prima della decisione del ricorso in opposizione avverso ordinanza
ingiunzione emanata dalla Direzione provinciale del lavoro di Varese a seguito dello
stesso verbale ispettivo sotteso alla cartella impugnata; il terzo motivo denuncia la
violazione dell’art. 2697 cod. civ. e la falsa applicazione degli artt. 246 cod. proc.
civ. e 10 del d.lgs. 124/2004 e contestualmente l’omessa motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio in relazione alla circostanza che, ferma l’irrilevanza dei

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collaboratrici coordinate e continuative.

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Biproget s.r.1./Inps

contenuti del verbale ispettivo, l’INPS non avrebbe assolto all’onere di provare la
natura subordinata dei rapporti di lavoro intercorsi con le signore Carù e Verde
anche in ragione dell’incapacità a testimoniare di quest’ultima; il quarto motivo di
ricorso, infine, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 e
ss. cod. civ. laddove la Corte territoriale aveva. fitenutò ,I’sistenza di una
presunzione di subordinazione richiamandosi a precedenti di legittimità-non correlati
al caso di specie con ciò errando nel procedimento di qualificazione dei ràpporti di

2.

Il primo motivo è inammissibile. La giurisprudenza di questa Corte di

cassazione ha in più occasione affermato che il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, fondato sul principio della responsabilità della redazione
dell’atto, vale anche per i motivi d’appello in relazione ai quali si denuncino errori
da parte dei giudici di merito. Ne consegue che il ricorrente, che (come nella
fattispecie) denunci la violazione e falsa applicazione degli artt. 434 e 414 cod.
proc. civ. nonché la omessa ed insufficiente motivazione circa la mancata
declaratoria della nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare
nel ricorso, nel loro impianto specifico, i detti motivi formulati dalla controparte (
Cass. n. 9734/2004; 86/2012). Il motivo in esame, in contrasto con tale principio,
si limita ad esprimere una valutazione di genericità dei motivi d’appello proposti
dall’INPS ma non li riproduce, né riporta il loro contenuto. Viene, solamente,
trascritto il punto della motivazione della sentenza impugnata che spiega le ragioni
dell’infondatezza dell’eccezione di genericità dell’appello contrastandola con
l’affermazione che l’unico articolato motivo d’appello aveva criticato la valutazione
dell’istruttoria specificando i vari punti contestati. Deve, peraltro, ricordarsi che
questa Corte di legittimità (vd. n. 86/2012; 12664/2012) ha pure affermato che
anche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione “errores in
procedendo”, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo
accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si
prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del
motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo
quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile
valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito
di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere
direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali. In applicazione
di questo principio, la S.C. ha affermato che il ricorrente, ove censuri la statuizione
della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’inammissibilità, per difetto
di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di trascrivere il contenuto del

lavoro in contestazione.

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mezzo di impugnazione nella misura necessaria ad evidenziarne la genericità, e non
può limitarsi a rinviare all’atto medesimo.
3.

Il secondo motivo è infondato. La ricorrente sostiene che la sentenza

impugnata abbia violato l’art. 24 terzo e quarto comma dei d.igs 46/1999 in quanto
ha ritenuto legittima l’iscrizione a ruolo del credito contributivo, avvenuta il
28.11.2005, nonostante fosse pendente un giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del lavoro a seguito del medesimo

4.

Questa Corte di cassazione ha di recente affermato il principio secondo cui

l’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999, riconnette l’effetto impeditivo
dell’iscrizione a ruolo all’atto di accertamento posto a monte e non già dell’atto
esecutivo che sta a valle. (In applicazione del principio la S.C, confermando la
sentenza di merito, ha ritenuto che il giudizio di opposizione al ruolo comunicato
con cartella esattoriale – o il ricorso in sede amministrativa – non impedisce all’Inps
l’iscrizione di altri crediti, pur se il ruolo impugnato si fondi sulle medesime
premesse di fatto e di diritto di quelli successivamente formati, salvo l’eventuale
effetto preclusivo vincolante della formazione del giudicato su uno dei giudizi di
opposizione). (Cass. n. 9159/2017).
5.

In particolare, l’art. 24 terzo comma cit. prevede l’impugnazione dell’atto di

accertamento da cui derivano conseguenze sanzionatorie al fine di agevolare,
attraverso un unico preliminare accertamento giurisdizionale, la risoluzione di una
serie di controversie distinte che potrebbero derivare dallo stesso atto di
accertamento in tempi e con soggetti pubblici diversi ( ad es. INPS, INAIL, DTL) in
applicazione del principio d’economia dei mezzi giuridici ed anche allo scopo di
evitare il proliferare dei processi, con rischio di esiti contraddittori.
Dal tenore della norma si deduce, inoltre, che in caso di proposizione dell’azione di
accertamento negativo delle pretese contributive iscrivibili in ruoli,si determina una
stasi nel procedimento amministrativo di formazione del ruolo, ovvero una
temporanea carenza del potere-dovere della p.a. di agire in via esecutiva. Infatti in
pendenza del ricorso in prevenzione contro l’accertamento, l’iscrizione a ruolo non
potrà essere eseguita ed occorrerà attendere un provvedimento esecutivo del
giudice (che convalidi in tutto o in parte la pretesa previdenziale di cui all’atto
impugnato) ed in conformità allo stesso.
Da tali premesse discende che l’opposizione alli ordinanza ingiunzione emessa dalla
D.P.L., poiché riferita ad un provvedimento consequenziale rispetto all’atto di
accertamento che sta a monte, non coincide con l’impugnazione dell’accertamento

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verbale di accertamento posto a base dell’iscrizione a ruolo.

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ispettivo in sé considerato che può impedire la legittima iscrizione a ruolo del
credito contributivo.
6. Con il terzo motivo la parte deduce che la corte territoriale ha giudicato sulla
base del solo verbale ispettivo, violando la regola del riparto dell’onere della prova
incombente sull’Inps e non rilevando che l’unico accertamento effettuato tra il
febbraio ed il marzo 2002, durante l’esecuzione delle collaborazioni, aveva
confermato la regolarità delle medesime. Il giudizio si sarebbe, quindi, formato sulla

sentenza impugnata non avrebbe spiegato l’incongruenza tra l’esito di regolarità del
verbale del 2002 e la conclusione dell’accertamento del 2004, sotteso alla cartella e
che era stato sollecitato dalla denuncia di Filomena Verde. La testimonianza delle
due presunte lavoratrici dovrebbe poi ritenersi nulla o almeno inattendibile attesa
l’incapacità a testimoniare delle medesime nel giudizio di accertamento dell’obbligo
contributivo.
6.1. Il motivo che richiama contemporaneamente il vizio di violazione di legge e
l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio è infondato e, per certi
versi, inammissibile. Infatti, la Corte territoriale non ha posto in essere alcuna
violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., configurabile soltanto
nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa
da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma. La
sentenza impugnata, infatti, non attribuisce alla società opponente l’onere di
provare che i rapporti di collaborazione fossero genuini ma poggia sulla concreta
valutazione del complessivo materiale istruttorio e la questione viene risolta
attraverso la valutazione di sufficienza degli indici di subordinazione ravvisati e
singolarmente esaminati.
6.2. Quanto, poi, alla ulteriore denuncia di falsa applicazione dell’art. 246 cod. proc.
civ. va rilevato che il motivo è privo di specificità. Infatti, deve ricordarsi che (vd.
Cass. SS.UU. n. 21670/2013) la nullità della testimonianza resa da persona
incapace, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela dell’interesse
delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere
eccepita subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi
dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ.,qualora detta eccezione venga
respinta, l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle
conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti ritenere
rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza, rilevabile
d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.

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base di mere petizioni di principio e senza concreti accertamenti in tatto ed in più la

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Da ciò discende che qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta
l’omessa motivazione del giudice d’appello sull’eccezione di nullità della prova
testimoniale (nella specie, per incapacità ex art. 246 c.p.c.), il ricorrente ha l’onere,
anche in virtù deirart. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di indicare che detta eccezione è
stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p.c. subito dopo
l’assunzione della prova e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle
conclusioni ed in appello ex art. 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale

relativo. (vd. Cass. n. 6555/2005; 23896/2016).
Nel caso di specie il motivo risulta del tutto carente di tali indicazioni.
6.3. E’ infondata la denuncia di falsa applicazione dell’art. 10 del d.lgs. 124/2004.
La critica è diretta a scardinare il giudizio della Corte territoriale sulla effettiva
sussistenza dei rapporti di lavoro subordinati attraverso la considerazione della
sostanziale inidoneità probatoria degli elementi raccolti in sede di accertamento
ispettivo che, a seguito della introduzione del d.lgs. n. 124/2004 avrebbe perso la
sua connotazione di atto pubblico che fa prova fino a querela dì falso.
La sentenza impugnata, tuttavia, non ha posto in essere la violazione addebitatale
in quanto ha proceduto alla disamina dei contratti collaborazione coordinata e
continuativa stipulati nell’ottobre 1999 e nell’ottobre 2002 con Verusca Carù e
quello stipulato il 1.10.2002 con Filomena Verde, ha tenuto conto della
testimonianza di Filomena Verde, dell’ispettrice Gasperini e dell’amministratore
della società Broggini ed ha, quindi, dato applicazione al principio più volte
espresso da questa Corte secondo il quale, nel giudizio promosso dal contribuente
per l’accertamento negativo del credito previdenziale incombe all’INPS l’onere di
provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva, che l’Istituto fondi su rapporto
ispettivo. A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, pur
non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino a prova contraria,
quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare, mediante
allegazione delle dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque, liberamente
valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori (Cass. 9521/2010;
22862/2010; 14965/2012).
7. Il terzo motivo contiene anche la denuncia di vizio di omessa motivazione circa
un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.
civ. e la sua illustrazione riporta, oltre a valutazioni relative al valore in concreto
attribuibile ad accertamenti svolti in epoca successiva alla cessazione dei rapporti
ed alla irrilevanza delle qualificazioni giuridiche adottate dai verbalizzanti, i punti
della decisione del Tribunale di Varese che aveva accolto le tesi difensive della

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la relativa eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere

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società. Inoltre, dopo l’inserimento nel testo della riproduzione della nota della
Direzione provinciale del lavoro di Varese inviata a Filomena Verde e relativa agli
esiti delle denunce dalla stessa presentate, il motivo ravvisa in tale documento il
dato probatorio decisivo per l’esito dei giudizio trascurato immotivatamente. Infatti,
da tale nota poteva evincersi che per il periodo 1.3.1999- 31.1.2002 il rapporto di
collaborazione era stato riconosciuto valido.
7.1. Il motivo è infondato.

360, n. 5, c.p.c., come modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006 ratione
temporis applicabile alla fattispecie, si denuncia omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o
decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere
per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e
proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo,
modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto
dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e
decisivo.(vd. Cass. 17761/2016; 21152/2014).
Nel caso di specie, il fatto decisivo dovrebbe ravvisarsi nella circostanza che un
primo accertamento ispettivo svoltosi nell’anno 2002 si era concluso con il
riconoscimento di validità del rapporto di lavoro di collaborazione continuativa
svoltosi con Filomena Verde. E’, tuttavia evidente che, per ritenere- nei soli
confronti di tale lavoratrice- la potenziale decisività di un simile accertamento, al
fine di definire in senso positivo per la ricorrente la presente controversia,
occorrerebbe attribuire all’intervenuto accertamento un valore di inoppugnabilità di
cui è decisamente privo trattandosi di attività amministrativa ispettiva, non
destinata ad assolvere alla funzione di accertamento della natura giuridica dei
rapporti di lavoro esaminati.
La motivazione della corte territoriale è, dunque, certamente sussistente, priva di
lacune o di incongruenze logico giuridiche: la Corte ha, con preciso riferimento alle
emergenze istruttorie, accertato che le due lavoratrici, indipendentemente dal tipo
di contratto stipulato con la società ricorrente, agivano secondo gli ordini del
titolare, erano obbligate alla presenza giornaliera ed a osservare un orario di lavoro
predeterminato che se non osservato le obbligava a pagare una penale;
percepivano una retribuzione fissa e svolgevano semplici mansioni di fissazione di
appuntamenti con potenziali clienti; erano obbligate a presentare certificato medico
in caso di malattia come provato documentalmente. Ha poi spiegato le ragioni per
le quali ha ritenuto di non dare rilievo all’accertamento ispettivo svoltosi nel 2002,

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In primo luogo, infatti, va osservato che il motivo di ricorso con cui, ai sensi dell’art.

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trattandosi di accertamento effettuato senza la collaborazione delle lavoratrici,
contraddetto dalle risultanze istruttorie raccolte.
8. Il quarto motivo, infine, lamentando la violazione e o falsa applicazione degli
artt. 2094 e 2222 cod. civ. critica, in realtà, io sviiuppo della motivazione della
sentenza impugnata laddove la stessa nel dare sostegno alla decisione ha
richiamato precedenti di legittimità ritenuti non coerenti con le fattispecie concrete.
Inoltre, sarebbero errati i criteri utilizzati per qualificare come subordinati i rapporti

Deve ricordarsi che questa Corte di legittimità, con orientamento consolidato, ha
affermato che ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o
subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei
criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce
accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da
motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle
risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il
rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (vd. Cass. n.
9808/2011; 23455/2009).
Ora, la sentenza impugnata, dopo aver indicato i molteplici elementi di giudizio
utilizzati per giungere alla qualificazione dei rapporti lavorativi, ha elencato varie
massime di questa Corte di cassazione riferite a fattispecie in cui, posto che la
prestazione lavorativa di collaborazione era resa all’interno dell’azienda con
materiali ed attrezzature proprie della stessa (Cass. n. 10043/2004, 11502/2000),
si è ritenuta la sussistenza di una presunzione di dipendenza ex art. 2094 cod. civ.
Inoltre, sul presupposto che talune attività avrebbero potuto essere svolte sia in
regime di subordinazione che di autonomia, la sentenza richiama Cass.
18692/2007, secondo cui la presunzione di subordinazione opera laddove le
mansioni svolte sono del tutto corrispondenti a quelle dei lavoratori subordinati
dell’impresa. Infine, laddove, invece gli indici risultano non univoci perché non è
agevole l’apprezzamento della etero direzione e dello stabile inserimento
industriale, la sentenza ha richiamato la necessità di una valutazione globale dei
dati raccolti mediante utilizzo anche di criteri sussidiari quali il rischio economico o
l’esistenza di una organizzazione imprenditoriale ( Cass. n. 11502/2000).
9. E’ proprio alla luce del principio di necessaria valutazione di tutti gli elementi di
prova raccolti mediante la loro reciproca relazione che la sentenza ha giudicato sulla
qualificazione dei rapporti di lavoro, in ragione dell’affermazione del principio di
effettività. Nessun automatismo presuntivo risulta, quindi, utilizzato ed, anzi, vi è
piena applicazione del principio affermato da questa Corte di legittimità secondo il

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fì/

lavorativi delle lavoratrici.

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quale ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o
subordinato assume rilievo l’accertamento, da parte del giudice del merito, della
sussistenza del requisito della subordinazione – incensurabile in sede di legittimità
se correttamente e sufficientemente motivato – intesa come assoggettamento della
prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporne secondo le mutevoli
esigenze di tempo e di luogo proprie dell’organizzazione imprenditoriale e di
controllarne intrinsecamente lo svolgimento attraverso direttive alle quali il

messa a disposizione delle proprie energie lavorative per il raggiungimento degli
scopi produttivi dell’impresa. Rispetto a tale accertamento hanno rilievo sintomatico
elementi quali la continuità della prestazione, il versamento a cadenze periodiche
fisse del relativo compenso, il coordinamento dell’attività lavorativa rispetto
all’assetto organizzativo aziendale, l’esecuzione del lavoro all’interno della struttura
dell’impresa con materiali ed attrezzature proprie della stessa, non essendo
ciascuno di essi, autonomamente considerato, idoneo a determinare la
qualificazione del rapporto, ma potendo essì costituire, globalmente considerati
nell’ambito dell’indagine volta ad accertare la sussistenza del requisito della
subordinazione, indici concordantì, gravi e precisi, rivelatori dell’effettività di tale
sussistenza (Cass. n. 3853/1995; 10831/1997;5214/1998;8555/2001).
10. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente
deve essere condannata al pagamento, in favore del contro ricorrente delle spese
del presente giudizio, in applicazione del criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio che liquida, in favore del contro ricorrente, in Euro 4000,00 per compensi,
Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese
accessorie di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 ottobre 2017.

lavoratore è obbligato ad attenersi, così come è obbligato a mantenere nel tempo la

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