Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30709 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 25/11/2019), n.30709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26054-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), subentrata a titolo

universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche

processuali, della società EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI CAUSI;

– ricorrente-

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del Dirigente Generale pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio dell’avvocato GIANDOMENICO CATALANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORELLA FRASCONA’;

– controricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps (SCCI SPA),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO,

EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– intimati –

e contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 413/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 30/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Ravenna, ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto di Equitalia Servizi Riscossione s.p.a. nei confronti di S.G. in relazione a crediti previdenziali contestatigli negli anni 2006 e 2008 attraverso la notifica di cinque cartelle di pagamento non opposte, ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5;

la Corte territoriale, diversamente dal primo giudice, ha richiamato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, col quale il Supremo Collegio ha affermato che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento non è atta a trasformare il termine di prescrizione breve di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, da quinquennale in ordinario decennale;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria;

l’Inps e l’Inail hanno opposto difese con tempestivo controricorso, mentre S.G. è rimasto intimato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia per la Riscossione contesta “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto, in particolare degli artt. 2946 e 2953 c.c. in relazione al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, e al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12,24,25,49, poichè la notifica della cartella rende il credito definitivo e quindi applicabile il termine di prescrizione decennale”; la censura contiene una critica – sotto il profilo indicato in epigrafe – alla soluzione adottata dalla Corte territoriale cui la stessa è approdata sulla scorta della tesi interpretativa espressa dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con la sentenza n. 23397/2016 in materia di inapplicabilità della prescrizione decennale ordinaria ai crediti previdenziali oggetto di cartelle di pagamento notificate e non opposte;

con il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto, in particolare dell’art. 2946 c.c. in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24, 25 e 49, poichè, trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento andava applicato il termine di prescrizione decennale”; insiste nel ritenere che al caso in esame dovrebbe essere applicata la prescrizione decennale ordinaria, atteso che, a seguito della notifica della cartella il credito contestato si trasformerebbe in un quid novi, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, e che in mancanza di una norma ad hoc la quale preveda un termine di prescrizione quinquennale, si applicherebbe quello ordinario decennale;

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 e del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17, Norma speciale in materia di riscossione che stabilisce il termine decennale di prescrizione, applicabile a tutte le entrate iscritte a ruolo”; contesta la pronuncia gravata là dove ha ritenuto che il regime di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, che prevede il termine di prescrizione decennale, non debba trovare applicazione ai crediti previdenziali iscritti a ruolo e affidati in riscossione, bensì ai soli crediti di natura tributaria;

i tre motivi, esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, non meritano accoglimento;

la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla decisione delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, cui in questa sede s’intende dare continuità, ove si afferma che “Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.”;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti delle parti costituite; nulla spese nei confronti di S.G. rimasto intimato;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controricorrenti, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3000 in favore dell’Inail ed Euro 3000 in favore dell’Inps a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge. Nulla spese nei confronti di S.G..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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