Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 307 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 307 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 2533-2011 proposto da:
DI DOMENICO CARMINE DDMCMN63S1D662Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SANTA MAURA 49, presso lo studio
degli avvocati MANCINI GIOVANNI e CASCIERE DOMENICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARILENA VOZZA, giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente Contro
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA
80209932587 in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

Data pubblicazione: 09/01/2014

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3109/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Marilena Vozza che si riporta agli
scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso;
udito per la controricorrente l’Avvocato Ettore Figliolia che si riporta
agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del
ricorso.

n

Ric. 2011 n. 02533 sez. M3 – ud. 26-09-2013
-2-

ROMA del 22.6.2010, depositata il 19/07/2010;

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Carmine Di Domenico ha proposto ricorso per cassazione contro l’Università
degli Studi di Roma” La Sapienza” avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma del
19 luglio 2010, che ha rigettato l’appello da lui proposto avverso la sentenza del Tribunale
di Roma del 4 ottobre 2006, che aveva rigettato la sua domanda rivolta contro detta
Università per ottenere, in dipendenza delle frequenza da parte sua di un corso di

specializzazione medica in geriatria di quattro anni negli anni accademici 1990/911993/94, nella situazione di inadempienza statale alle direttive comunitarie CEE 75/362,
75/363 e 82/76, il pagamento degli importi a titolo di borsa di studio per detta frequenza,
nonché, subordinatamente, il riconoscimento di essi a titolo di ingiustificato arricchimento.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso l’intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo si denuncia “omessa esposizione nella sentenza d’appello
dei motivi giustificativi della declaratoria di difetto di legittimazione passiva
dell’Università: generico rinvio ai motivi espressi nella Cass. sez. I. n. 24440/2009”.
Vi si lamenta in primo luogo che la Corte territoriale avrebbe fatto un riferimento del
tutto generico a tale pronuncia, onde sarebbe stato impedito al ricorrente di conoscere
l’effettiva motivazione della decisione dell’appello.
In secondo luogo, si sostiene che i principi di cui a quella decisione non sarebbero
stati applicabili alla situazione del ricorrente, perché essi concernerebbero solo i medici
specializzatisi in corsi conclusisi antecedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 257
del 1991, che aveva attuato tardivamente le direttive comunitarie, mentre il ricorrente
aveva frequentato successivamente gli anni di corso 1991/92, 1992/93 e 1993/94: la
prospettazione — ma non è chiaro – sembrerebbe implicare che ameno per questi tre ani la
pretesa sarebbe stata fondata.
§1.1. Con un secondo motivo — che si premette funzionale al riconoscimento del
diritto ala borsa di studio nei termini di cui al d.lgs. n. 257 del 1991 per i detti tre anni – si
prospetta “violazione e falsa applicazione delle disposizioni ex artt. 6 e 8 del d.lgs.
257/1991 e dello stesso d.lgs. in combinato con l’art. 1292 c.c., nella parte in cui la
sentenza d’appello: 1) dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Università “La
Sapienza” e, nel contempo, non riconosce il diritto del Di Domenico alle borse di studio e
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Est. Const Raffaele Frasca

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

al risarcimento verso l’Università. 2) non riconosce la scindibilità dell’obbligazione
solidale passiva dell’Università (art. 1292 c.c.)”.
La prima censura lamenta che la Corte d’Appello non abbia ritenuto la titolarità del
diritto alla borsa di studio in capo al ricorrente e, quindi, la legittimazione passiva
sostanziale dell’Università quanto agli anni di frequenza 1991/92-1993/1994, per i quali la
posizione del ricorrente sarebbe stata invece regolata dal d.lgs. n. 257 del 1991.
La seconda censura, sul presupposto che fosse applicabile la disciplina del d.lgs. n.

257 del 1991, postula che, essendovi, nell’ambito di quella disciplina, una ripartizione di
adempimenti fra l’Università ed i Ministeri dell’Università, del Tesoro e della Sanità ai fini
della sua attuazione, bene il ricorrente avrebbe potuto agire solo nei confronti della prima,
essendo detta ripartizione riconducibile all’ambito della solidarietà.
§1.2. Con un terzo motivo — cui viene premesso che sarebbe funzionale solo al
riconoscimento della fondatezza della pretesa riguardo all’ano d corso 1990-1991 – si
prospetta “violazione e falsa applicazione nella sentenza d’appello dell’art. 6 della L.
168/1989, degli artt. 1 e 8 della L. 398/1989, nonché delle direttive comunitarie nn. 75/363
e 82/76/CEE”.
Con una prima censura, sul presupposto che l’art. 6 della 1. n. 168 del 1989 aveva
attribuito “autonomia didattica, organizzativa, finanziaria e contabile …”, che all’art. 1 di
detta legge si era disposto che “le Università … conferiscono borse di studio per la
frequenza delle scuole di specializzazione …” e che all’art. 8, comma 2, era stato precisato
che “le disposizioni della presente legge si applicano anche agli iscritti alle scuole di
specializzazione della facoltà di medicina e chirurgia fino alla data di entrata in vigore
della legge di attuazione delle direttive comunitarie in materia di formazione a tempo pieno
dei medici specialisti”, si sostiene che, essendo stato altresì previsto dall’art. 6, comma 4,
della stessa legge, che fosse stabilita con decreto del Ministro del Tesoro, sentito il
Consiglio Universitario Nazionale, la misura della borsa di studio e non essendo ciò stato
fatto, si sarebbe dovuto ritenere applicabile “in via analogica” l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del
1991, che aveva attuato proprio l’art. 6, comma 4.
Con una seconda censura ci si duole che la sentenza impugnata abbia riconosciuto il
diritto al risarcimento del danno in relazione alla vicenda della frequenza del corso nei
confronti dello Stato e non dell’Università, ancorché la sentenza della Corte di Giustizia 25
febbraio 1999, causa C131/97, Carbonari, avesse ipotizzato che per i corsi accademici
anteriori al 1991/92 il giudice nazionale potesse assumere come parametro di valutazione
del danno l’importo di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 257 del 1991: la prospettazione
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Est. Cons. 1iffa1e Frasca

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

implicita sembrerebbe che la legittimazione sostanziale dell’Università resistente sarebbe
stata negata erroneamente perché sarebbe supposta dal detto d.lgs.
§1.3. Con un quarto motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt.
2041 e 2042 c.c. in presenza del presupposto ritenuto dal secondo giudice per il quale
l’Università non era passivamente legittimata ed in presenza dei fatti risultati pacifici per i
quali: 1) l’Università tratteneva ingiustamente le somme che lo Stato (tramite il Ministero
dell’Università) le elargiva per il pagamento delle borse al Di Domenico; 2) l’Università

beneficiava dell’opera di ricerca e studio del Di Domenico, senza elargirgli alcun
compensa, in tal modo arricchendosi ingiustamente. Contestuale omissione, insufficienza e
contraddittoria motivazione sulle suddette circostanze decisive per l’accoglimento della
domanda subordinata di arricchimento”.
§2. L’esame dei motivi può procedere congiuntamente, in quanto riguardo ad essi
assume valore decisivo per evidenziarne comunque l’infondatezza la giurisprudenza ormai
consolidata con cui questa Corte, sulla premessa che il diritto configurabile in relazione
alla posizione dei medici specializzandi in corsi seguiti nella situazione di mancata
attuazione delle note direttive CEE, a seguito del loro inadempimento da parte dello Stato
Italiano, verificatosi il 31 dicembre 1982, fosse qualificabile come diritto al risarcimento
originante da una responsabilità contrattuale dello Stato ex lege (Cass. sez. un. n. 9147 del
2009), ha statuito che il diritto così qualificato è configurabile soltanto nei confronti dello
Stato stesso ed ha escluso (con conferma del principio espresso da Cass. n. 22440 del 2009,
che aveva assunto la qualificazione di cui alle SS.UU.) che sia configurabile nei confronti
delle università degli studi, presso la quale il corso di specializzazione era stato seguito,
negando la legittimazione sostanziale di quest’ultima, e nel contempo ha anche precisato
che il diritto così individuato riguarda anche gli specializzandi – come il ricorrente frequentanti il corso di specializzazione in ani “a cavallo” dell’entrata in vigore del d.lgs.
n. 257 del 1991, che, attuando tardivamente le direttive, previde una disciplina conforme
alle stesse soltanto con riferimento agli specializzandi iscrittisi a corsi di studio a partire
dall’anno accademico 1991-1992.
Sotto il primo aspetto si veda già una delle quattro sentenze “gemelle” dell’aprile
2011 (che chiarirono i termini della prescrizione decennale applicabile all’azione), cioè
Cass. n. 10814 del 2013, la quale, dopo avere ampiamente ribadito le ragioni giustificative
dell’individuazione dell’unico diritto esistente in relazione alla vicenda degli
specializzandi nei termini di cui a Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, nel paragrafo 10 della
motivazione pervenne a cassare senza rinvio la sentenza impugnata nel punto in cui aveva
5
Est. Cons. Ra ae e asca

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

riconosciuto legittimazione ad un’università, espressamente osservando quanto segue:
«Nella qualificazione della domanda qui ritenuta corretta alla stregua di Cass. sez. un. n.
9147 del 2009 e che corrisponde all’unico diritto configurabile in relazione alla vicenda, la
legittimazione passiva in senso sostanziale all’azione di risarcimento danni basata
sull’obbligo insorto per effetto dell’inadempimento statuale quale altro fatto rilevante ai
sensi dell’art. 1173 c.c., compete allo Stato Italiano e non, nemmeno concorrentemente,
alle Università presso le quali la specializzazione venne acquisita. Al riguardo, proprio

nella logica di qualificazione della domanda seguita dalle Sezioni Unite questa Corte si è
già pronunciata con la sentenza n. 22440 del 2009, alla quale è sufficiente rinviare.».
Successivamente, il tema dell’assoluta carenza di legittimazione in senso sostanziale
delle università veniva nuovamente esaminato e ribadito funditus da Cass. n. 23576 del
2011 e, quindi, detta carenza è stata ribadita dalle seguenti decisioni (che si indicano a
ritroso): Cass. nn. 1157 del 2013, 238 del 2013, 22037 del 2012, 22036 del 2012, 22035
del 2012, 29329 del 2012, 21720 del 2012, 21006 del 2012, 24087 del 2011, 23577 del
2011. Alle motivazioni di esse si fa rinvio.
§2.1. Una volta assunto e ribadito il detto principio, tutti i motivi, lo scrutinio dei
motivi richiede le seguenti brevi notazioni.
§2.1.1. La prima censura del primo motivo imputa del tutto infondatamente alla
sentenza impugnata di essere incorsa in difetto di motivazione, là dove ha richiamato gli
argomenti di Cass. n. 22440 del 2009 rinviando ad essi, atteso che l’esistenza di un
precedente di legittimità in termini ben può essere richiamata dal giudice di merito se,
come nella specie lo era, in termini, attraverso mero rinvio alle ragioni da esso esposte,
posto che nessuna lesione del diritto di difesa in sede di successiva impugnazione ne viene
al soccombente, che evidentemente dovrà solo discutere gli argomenti del detto precedente
e dimostrare come e perché sarebbero superabili, ma non può ritenere che vi sia difetto di
motivazione. Ciò è conclamato dal testo dell’art. 118, primo comma, delle disposizioni di
attuazione, del c.p.c. nel testo modificato dalla 1. n. 69 del 2009, che si applicava alla
decisione impugnata, giusta il secondo comma dell’art. 58 di detta legge.
La seconda censura proposta al primo motivo, viceversa, si scontra: a) con il
principio di diritto secondo cui <> (Cass. n. 19884 del
2013); b) e con quello speculare secondo cui <> (Cass. n. 17068 del 2013).
Alle motivazioni espresse in dette decisioni, le quali evidenziano che gli
specializzandi “a cavallo” dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 257 del 1991, come il
ricorrente, avevano, in relazione alla frequenza dell’intero corso, soltanto il diritto al
risarcimento nei termini di cui alle sentenze gemelle nn. 10814, 10815, 10816 e 10816 del
2011 ed alla successiva copiosa giurisprudenza di questa Corte e, dunque, un diritto
configurabile nei confronti dello Stato, è sufficiente fare rinvio.
§2.2. La richiamata giurisprudenza evidenzia anche l’infondatezza del secondo
motivo in entrambe le censure che propone.
Detta giurisprudenza – in disparte la novità della prima delle due censure, peraltro,
rilevata dall’Avvocatura, là dove si evoca la legge n. 168 del 1989, novità che la rende
inammissibile — palesa l’infondatezza del terzo motivo, peraltro basato:

a) quanto alla prima censura, su un’assolutamente generica ed indimostrata efficacia
analogica della normativa di cui alla 1. n. 168 del 1989, che, invece, aveva tutt’altro scopo
e distinti presupposti, e la cui mancata attuazione non si vede come potrebbe aver
determinato la ricaduta della fattispecie sotto il d.lgs. n. 257 del 1991, tanto più trattandosi
di disciplina di cui proprio l’art. 8, comma 2, invocato dal ricorrente aveva previsto
l’applicabilità fino all’entrata in vigore della legge di attuazione delle note direttive per i
medici specializzandi;

7
Est. C

affa le Frasca

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

b) quanto alla seconda censura su una del tutto indimostrata implicazione
dell’applicabilità della disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991 alla situazione del ricorrente
quale portato della sentenza della Corte di Giustizia, là dove essa ipotizzava sì che il
giudice nazionale potesse ricorrere analogicamente come parametro alla misura della borsa
di studio del d.lgs. n. 257 del 1991, ma senza indicare una via obbligata e, soprattutto, nulla
dire sul soggetto obbligato al risarcimento nel diritto interno, che è la questione decisiva ne
caso di specie.

§2.3. L’ultimo motivo risulta inammissibile, sia perché non si fa carico della
motivazione della sentenza impugnata, là dove essa ha sottolineato che la prospettiva
dell’ingiustificato arricchimento è esclusa dalla presenza dell’azione tipica contro lo Stato,
(che era quella ricostruita da Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 e, quindi, dalla sentenze
gemelle), sia là dove evoca del tutto anodinamente come uno dei due pretesi arricchimenti
ottenuti dall’Università l’avere trattenuto non meglio precisate somme ricevute dallo Stato
per pagare “le borse di studio” al ricorrente, così non solo introducendo una questione del
tutto nuova, ma, a monte prospettandola in modo del tutto generico.
Il motivo sarebbe comunque anche infondato proprio per l’esattezza della
motivazione enunciata dalla Corte territoriale, che è conforme al consolidato principio di
diritto secondo cui «Il carattere sussidiario dell’azione generale di arricchimento e la
conseguente non proponibilità di essa da parte del danneggiato che abbia altro rimedio per
farsi indennizzare del pregiudizio subito, non precludono la possibilità di introdurre
l’azione stessa in via subordinata, per il caso in cui l’azione tipica proposta in via
principale abbia esito negativo per carenza del titolo posto a suo fondamento.» (in
termini, ex multis, Cass. n. 4492 del 2010, secondo cui).
Tale principio, con riguardo al caso di specie giustifica l’enunciazione specificativa
del seguente principio di diritto, che si afferma ai sensi dell’art. 363, terzo comma, c.p.c.,
nell’interesse della legge, nonostante l’inammissibilità del motivo:

«Alla luce del

carattere sussidiario dell’azione generale di arricchimento e della conseguente non
proponibilità di essa da parte del danneggiato che abbia altro rimedio per farsi
indennizzare del pregiudizio subito, a favore dei medici specializzandi che avevano
frequentato corsi di specializzazione medica con iscrizione iniziale tra l’anno
accademico 1983-1984 e l’anno accademico 1990-1991 nella situazione di
inadempimento statuale alle direttive CEE 75/363, 75/362 e 82/76, deve ritenersi
esclusa la configurabilità, tanto nei riguardi dello Stato quanto nei riguardi
dell’Università presso la quale avevano frequentato il corso, di detta azione, atteso
8
Est. Co!ns. Raffaele Frasca

R.g.n. 2533 -11 (ud. 26.9.2013)

che essi disponevano di una specifica azione, che era quella di responsabilità
contrattuale ex lege contro lo Stato per l’inadempimento dell’obbligazione di
adempimento delle direttive.>>.

§3. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato, perché esattamente la Corte capitolina ha
negato la legittimazione della resistente all’azione del ricorrente.
§4. Le spese del giudizio di cassazione, attesa la notoria incertezza del regime
dell’inadempimento statuale alle direttive prima della giurisprudenza inaugurata dalle

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 26
settemb 2013.

citate sentenze gemelle, possono essere compensate per tale ragione.

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