Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30698 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. II, 27/11/2018, (ud. 15/03/2018, dep. 27/11/2018), n.30698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16625-2013 proposto da:

Nuova Gierre Srl, (OMISSIS), R.R. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in Roma, Via Pomezia 44, presso lo studio dell’avvocato

Piero Farallo, rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo

Esposti, Angela Ceruti;

– ricorrenti –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Delle

Milizie, 19, presso lo studio dell’avvocato Ebe Franca Scalia Gemma,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Claudio Angelo

Granata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1493/2013 della Corte d’appello di Milano,

depositata il 09/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/03/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla riunione di tre differenti giudizi: il primo era stato introdotto con citazione del 2001 da C.G. nei confronti di R.R. e della società Nuova Gierre Srl al fine di conseguire la condanna dei convenuti al pagamento della somma di Lire 261.600.000 quale residuo corrispettivo insoluto attinente alla cessione della “conduzione gestionale e titolarità della clientela” tutta dello studio da commercialista dell’attore, intervenuta fra le parti il 6 aprile 2000; il secondo aveva ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo notificato al C. dalla R. per ottenere l’asserito compenso della attività professionale svolta; il terzo era stato introdotto nel dicembre 2003 sempre dal C. nei confronti dei convenuti per conseguire il pagamento di asserita attività di consulenza professionale a tempo pieno;

– in riforma della pronuncia di primo grado, che aveva respinto tutte le corrispettive domande delle parti e revocato il decreto ingiuntivo opposto con spese di lite interamente compensate, la Corte d’appello di Milano aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla R. e dalla società Nuova Gierre, condannando al contempo gli appellati al pagamento in favore del C. della somma di Euro 135.105,12 oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed alle spese di lite;

– avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione Rosa R. e la società Nuova Gierre Srl sulla base di due motivi;

– la parte intimata ha resistito con controricorso;

– in prossimità dell’udienza parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere erroneamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto nella comparsa di costituzione depositata il 15 luglio 2007, sulla base del principio che incombeva alle appellate che avevano notificato la sentenza anche a loro sfavorevole di proporre, per la parte di loro interesse, l’appello nel termine breve ex art. 325 c.p.c., è infondato, dovendosi fare applicazione del consolidato principio secondo cui in tema di decorrenza del termine breve per l’impugnazione, l’art. 326 c.p.c., comma 1 va interpretato nel senso che, pur in mancanza di un’espressa previsione al riguardo (presente invece nel codice processuale civile precedentemente in vigore), i termini di cui all’art. 325 c.p.c. decorrono dalla notificazione della sentenza non solo per il soggetto cui la notificazione è diretta, ma anche per il notificante, attesa la comunanza ad entrambe le parti del termine stesso e non potendo dubitarsi che la parte che provvede alla notifica della sentenza non solo abbia piena conoscenza legale di questa, ma soprattutto subisca anche gli effetti di quell’attività sollecitatoria ed acceleratoria (espressamente individuata dall’art. 326 c.p.c., comma 1 nella notificazione della sentenza) che egli impone all’altra parte (cfr. Cass. SS. UU. 13/6/2016 n.12084; Cass. 12/6/2007 n. 13732); ne consegue, perciò, l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto dal notificante la sentenza impugnata;

– il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, in relazione al determinazione della somma cui gli odierni ricorrenti sono stati condannati, è fondato e va accolto;

– premesso che alla sentenza in esame deve applicarsi la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 ed applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012, sono ravvisabili, al di là del richiamo formale all’insufficienza della motivazione, i requisiti per l’ammissibile e fondata doglianza secondo i principi di diritto elaborati in relazione al nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 8053/2014, con particolare riguardo al nuovo vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo ed oggetto di discussione fra le parti;

– risulta, infatti, dal documento n. 92 allegato dall’odierna parte ricorrente e integralmente indicato alle pagg. 40, 41, 42 e 43 del ricorso, che nella somma di Lire 195.729.000 – valorizzata dalla Corte territoriale come base del fatturato riconosciuta dagli stessi asseriti debitori ed alla quale aggiungere i c.d. creditori decotti per un valore di ulteriore Lire 103.221.900 – erano, in realtà, già compresi i creditori decotti di cui allo specifico elenco di pag. 43 del ricorso. Invero, se si confrontano i nominativi e gli estremi delle fatture indicati in quest’ultima pagina, si può agevolmente constatare che essi sono presenti anche nell’elenco alfabetico dettagliato alle pagg. 40, 41 e 42 e dal quale si ricava il fatturato totale di Lire 195.729.500;

– al contrario, la Corte distrettuale dopo aver affermato che diversamente da quanto sostenuto da parte debitrice, gli importi riferiti a tali creditori non erano detraibili, li ha aggiunti (nuovamente) al complessivo fatturato come calcolato nelle pagine 40, 41 e 42 del ricorso, senza logica spiegazione di ciò;

– in ciò ricorre, effettivamente, il vizio di omesso esame del fatto storico della corrispondenza fra i due elenchi risultante dalla documentazione richiamata e ritualmente dedotta in atti (cfr. pag.20 della comparsa di costituzione e pagg. 31 e 32 della comparsa conclusionale delle appellate R. e società Nuova Gierre s.r.l.) a sostegno della richiesta di detrazione;

– il fatto è, peraltro, decisivo perchè se i due elenchi fossero stati esaminati e confrontati, la Corte avrebbe potuto rilevare che con il suo conteggio aveva finito per sommare due volte le voci dei crediti decotti per Lire 103.221.900, con significativa differenza sull’esito dell’operazione contabile posta a fondamento della decisione;

– il ricorso deve, pertanto, essere accolto con riguardo al secondo motivo ora esaminato e la sentenza impugnata va cassata in relazione ad esso con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Milano, altra sezione, anche sulle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 15 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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