Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30691 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 27/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 27/11/2018), n.30691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 220-2016 proposto da:

ALITALIA – CITYLINER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo

studio degli avvocati ROBERTO PESSI e MAURIZIO SANTORI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.E., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati ANDREA BORDONE, PAOLO PERUCCO e FERDINANDO

FELICE PERONE giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 550/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/06/2015 r.g.n. 722/2014.

Fatto

RILEVATO CHE:

il Tribunale di Milano, con sentenza nr. 4092 del 2012, dichiarava inammissibile il ricorso proposto da A.E., diretto ad accertare la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 360 del 2001, art. 2 in data 1.8.2012 (con scadenza al 31.10.2012 e proseguito fino al 28.11.2012), in accoglimento dell’eccezione di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;

la Corte di Appello di Milano, investita con gravame dalla lavoratrice, con sentenza nr. 550 del 2015, in riforma della sentenza di primo grado, rigettata l’eccezione di decadenza, dichiarava “la nullità dell’apposizione del termine”, con ogni consequenziale statuizione, anche risarcitoria;

ha proposto ricorso per cassazione Alitalia-Cityliner S.p.A. (ora in amministrazione controllata), illustrato con memoria, affidato a due motivi;

ha resistito la lavoratrice con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

con il primo motivo, la società deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010 nonchè del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5 e dell’art. 12 delle disp. gen. (la censura riguarda la statuizione di rigetto dell’eccezione di decadenza, avendo la Corte di Appello fissato il dies a quo di decorrenza del relativo termine al momento di cessazione del rapporto e non di scadenza del termine apposto al contratto di lavoro);

il motivo è infondato;

sono pacifiche le seguenti circostanze di fatto: il contratto di lavoro stipulato il 18.7.2012 stabiliva la durata iniziale dall’1.8.2012 al 31.10.2012; il rapporto è, poi, continuato, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 fino al 28.11.2012; la lavoratrice ha impugnato, con lettera del 14.1.2013, il contratto di lavoro;

come è noto, la L. n. 183 del 2010 ha assoggettato all’obbligo di impugnazione ed ai termini di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, commi 1 e 2, contestualmente modificati, una serie di ipotesi e, tra queste, i contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 e successive modificazioni;

in particolare, nella formulazione applicabile alla fattispecie di causa, l’art. 32 ha così stabilito:

– comma 3: “Le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1,2 e 4, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in centoventi giorni, mentre il termine di cui al medesimo art. 6, comma 2, primo periodo è fissato in centottanta giorni (…);

– comma 4: ” Le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1,2 e 4, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge (…);

deve, anche, rammentarsi che, in base all’art. 5 cit. (rubricato “Scadenza del termine e sanzioni (…)”) ratione temporis applicaibile, qualora il rapporto di lavoro “continua” dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell’art. 4, (ma non oltre il trentesimo giorno, in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, pena la conversione in contratto a tempo indeterminato) il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione;

nella fattispecie, si è avuto che il rapporto di lavoro con scadenza al 31.10.2012, è, invece, proseguito fino al 28.11.2012 (senza ricadute, per quanto innanzi, in termini di conversione ma solo di maggiore retribuzione);

dunque, l’originario termine, invece che al 31.10.2012, è venuto a scadere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 cit, il 28.11.2012;

correttamente, la Corte di appello ha fatto riferimento alla data del 28.11.2012 e giudicato tempestiva l’impugnazione del 14.1.2013;

con il secondo motivo, è dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 1, 2, 3 e 4 nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 (la parte ricorrente assume che i giudici di merito avrebbero pronunciato oltre i limiti della domanda, statuendo in merito alla prosecuzione del contratto, dopo la scadenza del termine originariamente fissato; secondo la società, la Corte di appello non avrebbe potuto tener conto di detto periodo, a nessun effetto, neppure per pronunciare in merito all’eccezione di decadenza);

il motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità, per difetto di specificità, non avendo la parte ricorrente trascritto l’atto introduttivo del giudizio;

se è vero, infatti, che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un vizio per “errores in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il “potere-dovere” di esaminare direttamente gli atti di causa, è anche vero che, per il sorgere di tale “potere-dovere” è necessario che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che la censura presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (ex plurimis, Cass., sez. un., nr. 8077 del 2012; Cass. nr. 896 del 2014);

nella specie, l’indicata omissione impedisce alla Corte ogni valutazione in merito alla fondatezza dei mossi rilievi;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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