Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3069 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.06/02/2017),  n. 3069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8964/2016 proposto da:

Avvocato A.G., rappresentato e difeso da se medesimo e

dall’Avvocato DORODEA CIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO ECONOMIA FINANZE, PROCURA DELLA

REPUBBLICA PRESSO CORTE DI CASSAZIONE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO

TRIBUNALE DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5806/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 23/03/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ordinanza in data 7/10 febbraio 2011, il Tribunale di Roma, in riforma del decreto precedentemente emesso il 18 dicembre 2009, liquidava in favore dell’Avv. A.G. l’importo complessivo di Euro 1.970,50 per onorari e diritti, oltre spese ed accessori;

che tale liquidazione avveniva a seguito di ricorso per la ridetettiiinazione del compenso professionale relativo all’attività svolta dal legale nella causa n. 51369/2006, con il patrocinio a spese dello Stato, a beneficio di H.H.F. per il riconoscimento dello status di rifugiato politico;

che, decidendo sul ricorso per cassazione proposto dall’Avv. A. contro detta ordinanza, ricorso affidato a cinque motivi, questa Corte, con sentenza n. 5806 del 23 marzo 2016, ha accolto il quarto motivo, ha rigettato i primi tre motivi ed assorbito il quinto, ha cassato, in relazione al motivo accolto, l’ordinanza impugnata e rinviato, anche per le spese, al Tribunale di Roma in diversa composizione;

che – per quanto qui ancora rileva – occorre dare atto del tenore del quarto e del quinto motivo di ricorso e della decisione resa in proposito da questa Corte;

che con il quarto motivo del ricorso si prospettava il vizio di “violazione della legge n. 1051 del 1957, art. unico, in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004, Tabella A – Onorari giudiziali, 2, n. 16 (nonchè di) ulteriore violazione della L. n. 1051 del 1957, art. unico, in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”;

che la Corte di Cassazione ha così motivato l’accoglimento del quarto motivo:

“Il motivo coglie l’aspetto concernente la liquidazione dei diritti di procuratore relativamente alle due udienze del 24 maggio 2007 e del 16 dicembre 2007, nonchè la liquidazione dell’onorario e dei diritti inerenti l’udienza del 22 maggio 2008. In ordine alle stesse richieste di liquidazioni l’ordinanza gravata (omettendo – fra l’altro – la dovuta distinzione fra onorari e diritti) ha ritenuto che nulla era dovuto e liquidabile al difensore per le medesime udienze qualificate come di mero rinvio. Senonchè, va evidenziato – innanzitutto (e per quanto riguardante le citate udienze del 24 maggio 2007 e del 16 dicembre 2007) – che i diritti sono sempre dovuti anche nell’ipotesi di udienza di mero rinvio. Al riguardo non può che essere ribadito in questa sede il condiviso orientamento per cui i diritti (a differenza degli onorari) sono sempre dovuti secondo noto e consolidato principio, pure per le udienze di mero rinvio. Al riguardo va riaffermato il principio per cui “i diritti di procuratore devono essere riconosciuti anche per le udienze di mero rinvio in quanto la voce n. 16 della tabella B) allegata al D.M. 31 ottobre 1985, applicabile ratione temporis, attribuisce il diritto per la partecipazione a ciascuna udienza, senza operare la distinzione tra udienze di trattazione e udienze di semplice rinvio, contenuta invece nella tabella A) per gli onorari di avvocato” (Cass. civ., Sezione Seconda, sent. 3 settembre 2013, n. 20147, nonchè Cass. n. 920/1994). Quanto ai diritti ed all’onorario di cui alla udienza del 22 maggio 2008 deve evidenziarsi l’erroneità dell’assunto del gravato provvedimento in ordine alla ritenuta natura di mero rinvio della medesima udienza. Infatti, come risulta in atti, alla detta udienza avvenne, ad opera della odierna parte ricorrente, una produzione di documenti. Parte ricorrente ha, a tal riguardo, trascritto il verbale dell’udienza del 22 maggio 2008 nel punto in cui vi si afferma che la “parte attrice produce preliminarmente copia della domanda di conciliazione… nonchè la comunicazione…”. Pertanto la suddetta udienza non poteva qualificarsi come udienza di mero rinvio ed erano, quanto ad essa, dovuti sia i diritti che l’onorario. Il motivo deve, pertanto, esser accolto”;

che con il quinto ed ultimo motivo del ricorso si denunciava la “violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., commi 1 e 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante la compensazione delle spese disposta con la gravata ordinanza del Tribunale”;

che la Corte ha così deciso sul punto: “Il motivo è assorbito dal predetto accoglimento del quarto motivo”;

che per la revocazione della sentenza n. 5806 del 2016 di questa Corte l’Avv. A. ha proposto ricorso, con atto notificato il 2 aprile 2016, sulla base di un motivo;

che nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che l’unico motivo lamenta violazione dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, censurando che l’assorbimento del quinto motivo conseguirebbe “all’errore di fatto che le competenze di avvocato cui il motivo stesso si riferisce riguardino la medesima attività professionale riconosciuta con l’accoglimento del quarto”: mentre il quarto motivo si riferisce all’attività svolta, innanzi al Tribunale, con il patrocinio a spese dello Stato, il quinto motivo riguarda quella relativa all’opposizione al decreto di pagamento, proposta dallo stesso Avv. A. ed estranea al patrocinio a spese dello Stato;

che il motivo è manifestamente infondato;

che non sussiste il lamentato errore di fatto perchè l’assorbimento del quinto motivo è derivato non già – come opina il ricorrente – dal presupposto che le attività professionali cui si riferivano il quarto ed il quinto motivo fossero le medesime, ma – evidentemente – dalla circostanza che l’accoglimento del quarto motivo di ricorso detetininava la cassazione, in parte qua, dell’ordinanza impugnata e la necessità, quindi, per il Tribunale del rinvio, di adottare una nuova statuizione sulle spese, essendo il capo sulla compensazione delle spese travolto dal parziale accoglimento del ricorso per cassazione;

che, infatti, l’accoglimento di uno dei motivi del ricorso, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento dell’ulteriore mezzo di gravame sulla ripartizione dell’onere delle spese di lite: la relativa censura è infatti diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio (Cass., Sez. 2, 6 ottobre 1972, n. 2884);

che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attività difensiva in questa sede;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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