Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30687 del 21/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30687 Anno 2017
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: MOCCI MAURO

ORDINANZA

sul ricorso 20995-2016 proposto da:
DI GENNARO ANTONIO, DI GENNARO ANGELO, DG FURS SAS
& C, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALFONSO MIOLA 68,
presso lo studio dell’avvocato MAURO STELLA, rappresentati e
difesi dall’avvocato ANNA GARGIULO;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 21/12/2017

avverso la sentenza n. 1148/33/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il
10/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 19/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO

Rilevato:
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla
relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere
con motivazione semplificata;
che Antonio Di Gennaro, Angelo Di Gennaro e la D.G. Furs
s.a.s. di Di Gennaro Antonio Alessandro & C. propongono
ricorso per cassazione nei confronti delle sentenze della
Commissione tributaria regionale della Campania che avevano
dichiarato inammissibili i loro distinti appelli contro le decisioni
della Commissione tributaria provinciale di Napoli.
Quest’ultima, a sua volta, aveva respinto le impugnazioni dei
contribuenti avverso rispettivi avvisi di accertamento per IRPEF
per l’anno 2007, con riguardo alle persone fisiche, e per IVA e
IRAP per gli anni 2007 e 2009 per la società;
Considerato:
che il ricorso è affidato a due motivi, che censurano distinte
sentenze di identico contenuto;
che, col primo, i contribuenti deducono violazione e falsa
applicazione degli artt. 14 e 35 D.Lgs. n. 546/1992, ai sensi
dell’art. 360 n.4 c.p.c., stante la violazione del litisconsorzio
necessario, a fronte di una società di persone e di utili attribuiti
a seguito di un accertamento nei confronti della D.G. Furs
s.a.s. di Di Gennaro Antonio Alessandro & C.;
che, col secondo, i ricorrenti assumono la violazione e falsa
applicazione dell’art. 53 D.Lgs. n. 546/1992, ai sensi dell’art.
Ric. 2016 n. 20995 sez. MT – ud. 19-10-2017
-2-

MOCCI.

360 n. 3 c.p.c.: la sentenza impugnata avrebbe dichiarato
inammissibili gli appelli per mancanza di censure specifiche alle
decisioni impugnate, laddove i Di Gennaro avevano contestato
in maniera puntuale ed approfondita le statuizioni della CTP;
che l’Agenzia si è costituita con controricorso;

cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel
merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di
una società di persone ed alla conseguente automatica
imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata
la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la
partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in
violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la
riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla
piena consapevolezza di ciascuna parte processuale
dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle
altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia
caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi
dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il
sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il
fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società
che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3)
simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad
entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle
decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione
dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una
ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111,
secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali),
evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di
nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini
Ric. 2016 n. 20995 sez. MT – ud. 19-10-2017
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che il primo motivo è infondato, posto che nel processo di

un inutile dispendio di energie processuali per conseguire
l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate
dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del
principio del contraddittorio (Sez. 6-5, n. 2014 del
29/01/2014);

simultaneus processus è

dimostrato

appunto dal fatto che, con un unico ricorso, sono state
impugnate tutte le decisioni riguardanti i soci e la società,
come consentito dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte
(Sez. 5, n. 4595 del 22/02/2017);
che la trattazione contestuale dei ricorsi vi è stata, comunque,
anche in primo grado;
che il secondo motivo è inammissibile, poiché risulta carente di
autosufficienza;
che, per un verso, è dedotta violazione di legge, ex art. 360 n.
3 c.p.c., sicché la Corte non potrebbe esaminare gli atti di
merito e che, per altro verso, se si volesse comunque
ipotizzare la volontà di denunciare un error in procedendo, il
che consentirebbe il potere di esaminare direttamente gli atti di
causa, non essendo il predetto vizio rilevabile

ex officio,

sarebbe stato in ogni caso necessario indicare gli elementi
individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui
richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia
ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del
ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad
individuare la dedotta violazione processuale (Sez. 5, n. 23575
del 18/11/2015);
che i ricorrenti non hanno trascritto nel ricorso le doglianze
asseritannente specifiche – come proposte col gravame – né
hanno indicato le pagine ed i riferimenti dell’atto di appello che
ne potessero consentire la consultazione, essendo d’altronde
Ric. 2016 n. 20995 sez. MT – ud. 19-10-2017
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che, nella specie, il

escluso un dovere di ricerca da parte del giudice di legittimità
(Sez. 1, n. 2771 del 02/02/2017);
che, inoltre, le lamentele di cui al secondo motivo sono anche
aspecifiche, in quanto non censurano la ratio decidendi;
ì (n
che al rigetto del ricorso segue la condanna\ ei ricorrenti alla
delle

spese

processuali

in

favore

della

controricorrente, nella misura indicata in dispositivo e che già
contiene un aumento del 20%, in funzione della pluralità dei
ricorrenti;
che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va
dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna-i-farrenti al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in
euro 3.800, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma cjel comma 1-bis,
dello stesso articolo 13.

rifusione

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