Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30682 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 27/11/2018, (ud. 06/07/2018, dep. 27/11/2018), n.30682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16803/2014 proposto da:

B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SIMONE LAZZARINI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

ope legis;

– controricorrente –

e contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI MILANO, C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappr.te pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA in

VIA G.B. MARTINI 13 presso l’Avvocato ANDREA DI PORTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato ROCCO NOVIELLO, anche

in via disgiuntiva, giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 181/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/06/2013, R.G.N. 700/2010.

Fatto

RILEVATO

1. che con sentenza n. 181 depositata il 24.6.13, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda Sanitaria Locale città di Milano, appellante incidentale, ed ha respinto l’appello principale del sig. B. avverso la pronuncia di primo grado, di rigetto della domanda volta ad ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1;

2. che la Corte d’appello ha dato atto del passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e della Regione Lombardia;

3. che, quanto al merito, ha confermato la pronuncia di primo grado che, sulla base della c.t.u. medico legale svolta, aveva ritenuto non dimostrato il nesso causale tra la somministrazione delle vaccinazioni al sig. B. e la patologia da cui lo stesso era risultato affetto;

4. che avverso tale sentenza il sig. B. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero della Salute, affidato a tre motivi;

5. che il Ministero della Salute ha resistito con controricorso, notificato anche alla Azienda Sanitaria Locale Città di Milano e alla Regione Lombardia;

6. che l’Azienda Sanitaria Locale di Milano (ora Agenzia di Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milnao – ATS) si è costituita con controricorso, illustrato da successiva memoria, ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;

7. che la Regione Lombardia è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

8. che col primo motivo di ricorso, la difesa del sig. B. ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 100,331,332,334 e 343 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

9. che ha sottolineato come il ricorso in appello, se pure proposto solo nei confronti dell’Asl, fosse stato notificato anche alle originarie controparti, Ministero della Salute e Regione Lombardia;

10. che, peraltro, ricevuta la notifica dell’appello incidentale dell’Asl, il B., con note a verbale depositate alla prima udienza utile del 27.1.11, aveva esteso le proprie conclusioni, ai sensi degli artt. 334 e 343 c.p.c., nei confronti del Ministero della Salute e della Regione Lombardia;

11. che la Corte d’appello, ove non avesse voluto qualificare le note a verbale depositate dal B. alla stregua di una impugnazione incidentale tardiva o di un appello incidentale ai sensi dell’art. 343 c.p.c., comma 2, avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Salute, ai sensi degli artt. 331 o 332 c.p.c.;

12. che col secondo motivo la parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1,nella formulazione successiva alla sentenza della Corte Cost. n. 107 del 2012, degli artt. 2 e 32 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

13. che ha rilevato l’erroneità della statuizione, contenuta nella sentenza d’appello, sulla inapplicabilità della L. n. 210 del 1992, ai danni da vaccinazione trivalente non obbligatoria, alla luce della citata sentenza della Corte Cost. n. 107 del 2012;

14. che col terzo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 41 c.p., art. 2697 c.c. e degli artt. 112,196 e 356 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

15. che ha sottolineato l’omessa pronuncia della Corte di merito sulle censure mosse alla sentenza di primo grado che, recependo de plano le conclusioni del c.t.u., non aveva replicato alle osservazioni critiche sollevate dalla difesa del B.;

16. che, secondo il ricorrente, la sentenza impugnata ha omesso di esaminare fatti decisivi oggetto di specifici motivi di appello e di discussione tra le parti, quali l’irrilevanza dell’assenza di documentazione medica comprovante l’insorgere di una encefalite dopo la somministrazione del vaccino trivalente; l’irrilevanza della rarità del manifestarsi di una simile complicazione; l’erronea associazione della sordità alla mutazione genetica riscontrata nel ricorrente;

17. che la sentenza d’appello ha erroneamente applicato l’art. 41 c.p., in tema di equivalenza di cause;

18. che sul primo motivo di ricorso occorre premettere, in generale, che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità di una situazione giuridica idonea ad abilitare un soggetto a promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale versato in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento; da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito l’esame d’ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass., S.U., n. 12538 del 2011; Cass., S.U. n. 23022 del 2005; Cass. n. 355 del 2008);

19. che legittimato passivo in una controversia avente ad oggetto una prestazione di assistenza sociale è il soggetto che, in forza della disciplina (sostanziale) di tale prestazione, è tenuto a riconoscerla; ossia è il soggetto coinvolto nel lato passivo del rapporto obbligatorio che sorge al verificarsi di certi presupposti di spettanza del beneficio, (Cass., S.U., n. 12538 del 2011);

20. che nel caso di specie, la Corte di merito, pur avendo dichiarato il formarsi del giudicato interno sul difetto di legittimazione passiva (coincidente nel caso in oggetto con la titolarità passiva del rapporto) del Ministero della Salute e della Regione Lombardia, e pur avendo dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Asl, ha deciso il merito della controversia;

21. che si esaminano prioritariamente le censure mosse, col terzo motivo di ricorso, alla statuizione sul merito della controversia, in quanto l’infondatezza delle stesse ha natura assorbente rispetto ai residui motivi;

22. che la Corte di merito, con accertamento in fatto, ha escluso l’esistenza di prova di un nesso causale o concausale tra la somministrazione del vaccino e la patologia da cui è risultato affetto il sig. B.;

23. che, in adesione alle conclusioni della c.t.u. medico legale svolta in primo grado, la Corte territoriale ha attribuito rilievo alla mancanza di documentazione medica sull’insorgenza di una encefalite (patologia che per la sua gravità richiede il ricovero ospedaliero) dopo la somministrazione del vaccino trivalente; ha escluso che le anomalie elettroencefalografiche potessero essere state causate dalla somministrazione dei vaccini antidifteritico e antitetanico;

24. che le censure di omesso esame di fatti decisivi oggetto di specifici motivi di appello e di discussione tra le parti, quali l’irrilevanza dell’assenza di documentazione medica comprovante l’insorgere di una encefalite dopo la somministrazione del vaccino trivalente; l’irrilevanza della rarità del manifestarsi di una simile complicazione; l’erronea associazione della sordità alla mutazione genetica riscontrata nel ricorrente, sono inammissibili ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, in quanto non si conformano allo schema legale del vizio motivazionale come delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053 del 2014;

25. che, in base a tale sentenza e alle successive pronunce conformi (cfr. Cass., 27325 del 2017; Cass., n. 9749 del 2016), l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Non solo quindi la censura non può investire argomenti o profili giuridici, ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche l’omesso esame di determinati elementi probatori;

26. che l’omesso esame, per come dedotto nel caso di specie, investe non fatti storici intesi in senso fenomenico bensì la valutazione ad opera della Corte d’appello degli elementi probatori di natura indiziaria, peraltro espressamente analizzati e valutati e nessuno dei quali decisivo;

27. che deve essere esclusa anche la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., formulata non come omessa pronuncia su uno specifico motivo di appello, quindi quale error in procedendo, bensì quale omesso esame delle critiche mosse alle conclusioni del c.t.u., riconducibile nell’alveo del vizio motivazionale, (cfr. Cass. 7268 del 2012; Cass. n. 11844 del 2006);

28. che neppure può ravvisarsi la dedotta violazione dell’art. 41 c.p.;

29. che le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 581 del 2008, muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p.e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”, hanno precisato che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa – statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica);

30. che questa Corte (cfr. Cass. n. 29963 del 2017; Cass. n. 11030 del 2017; Cass. Ord. n. 27449 del 2016; Cass. n. 753 del 2005;) anche con riguardo alla materia relativa alla L. n. 210 del 1992, ha affermato che la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione dei vaccini, il verificarsi di danni e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica;

31. che la Corte territoriale si è attenuta ai principi sopra richiamati e sulla base di una valutazione globale degli elementi probatori raccolti e dei risultati della c.t.u. medico legale, ha escluso il nesso di causalità e di concausalità tra la patologia denunciata e la somministrazione del vaccino, anche in ragione della presenza di elementi indiziari di segno opposto;

32. che le critiche formulate alla sentenza, nella parte in cui ha recepito le conclusioni della c.t.u. e disatteso le opposte conclusioni del consulente di parte, sono anzitutto inammissibili per difetto di autosufficienza, posto che il ricorso in cassazione non reca la trascrizione, neanche nelle parti rilevanti, della consulenza d’ufficio, di cui riporta unicamente le conclusioni (cfr. Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

33. che tali censure, lungi dall’indicare carenze di indagine, affermazioni illogiche o scientificamente errate contenute nella c.t.u., esprimono un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. Cass. n. 168400 del 2016; Cass. n. 23362 del 2012; Cass. n. 569 del 2011), rendendo infondata anche la dedotta violazione dell’art. 196 c.p.c., per mancata rinnovazione della consulenza d’ufficio;

34. che per tali considerazioni, il ricorso deve essere respinto;

35. che, ai fini della regolazione delle spese di lite, occorre considerare che alla controversia in esame, iniziata in primo grado nel 2008, trova applicazione l’art. 92 c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1 lett. a), applicabile ai procedimenti instaurati dopo marzo 2006, il quale prevede la possibilità di compensazione in tutto o in parte le spese di lite in caso di soccombenza reciproca, oppure ove concorrano altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione;

36. che, nel caso di specie, per la complessità di ricostruzione del nesso causale in relazione a patologie contratte o manifestatesi in seguito alla somministrazione di vaccinazioni, deve ritenersi che ricorrano giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra tutte le parti costituite;

37. che non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti della Regione Lombardia, rimasta intimata;

38. che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese del giudizio di legittimità tra tutte le parti costituite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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