Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3068 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. I, 10/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 10/02/2010), n.3068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F. – elettivamente domiciliato in ROMA, via Ovidio, 32,

presso lo studio degli avv.ti Antonio D’Alessio e Giancarlo Viglione,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Viscardi Alfonso e Stefania

Pontrandolfi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore – domiciliata ex lege in Roma, via dei

Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale

e’ rappresentata e difesa;

– controricorrente –

e

Ministero dell’economia e delle finanze in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli depositato il 4

ottobre 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

17 dicembre 2009 dal Consigliere Dott. SALVATO Luigi;

P.M., S.P.G. Dott. SGROI Carmelo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

C.F. adiva la Corte d’appello di Napoli, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al T.a.r. per la Campania con ricorso del 14.1.2000, diretto ad ottenere l’annullamento della cartolina – precetto, che ne aveva disposto l’assegnazione per il servizio militare ad una sede distante oltre 100 Km dalla propria sede, definito con sentenza del 28.9.2004.

La Corte d’appello adita, con decreto del 4 ottobre 2006, rigettava la domanda, in quanto la documentazione prodotta, consistente nella produzione di una copia di una sentenza priva di attestazioni di cancelleria (del timbro di deposito e del numero della pronuncia) “non consente nemmeno il preliminare controllo in ordine alla tempestivita’ dell’istanza”. In linea gradata, il decreto osservava che la circostanza che era stato concesso provvedimento cautelare satisfattivo della pretesa e che la sentenza era stata resa soltanto un anno dopo la perenzione del termine di ragionevole durata del giudizio, faceva escludere le condizioni per l’accoglimento della domanda, che rigettava, dichiarando compensate le spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso C. F., affidato a due motivi; ha resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio e’ stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 (art. 360 c.p.c., n. 3), dell’art. 112 c.p.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), lamentando che la Corte d’appello non ha esercitato i poteri della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5 provvedendo ad acquisire il fascicolo d’ufficio del giudizio presupposto, nonostante l’istanza in tal senso proposta, recante l’indicazione degli estremi del giudizio. E’, quindi, formulato quesito di diritto diretto a conoscere se sussista il denunciato vizio di violazione di legge, in riferimento al mancato accoglimento della succitata istanza. Il secondo motivo denuncia violazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, par. 1, CEDU, art. 2056 c.c., art. 360 c.p.c., n. 3) e vizio di motivazione, nella parte in cui il decreto ha ritenuto che la concessione di provvedimento cautelare favorevole faceva escludere la sussistenza del danno non patrimoniale, senza tenere conto dello stato d’ansia conseguente all’incertezza in ordine alla stabilita’ del provvedimento.

E’ formulato, infine, quesito di diritto diretto a conoscere se, per le ragioni sopra svolte, il decreto sia viziato.

2.- Il primo motivo e’ manifestamente fondato e va accolto per quanto di ragione, entro i limiti di seguito indicati.

Questa Corte ha affermato che la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5 attribuisce alle parti la facolta’ di richiedere alla corte di appello di disporre l’acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento asseritamene affetto da ritardo.

Conseguentemente, ne’ il ricorrente ha il dovere, nel proporre la domanda di equa riparazione, di produrre gli atti del procedimento presupposto, ne’ la corte di appello ha il potere di imporgli, con il decreto di fissazione dell’udienza camerale, la produzione degli atti necessari per la decisione (Cass. n. 7978 del 2005). Inoltre, e’ denunciabile in sede di legittimita’ il mancato accoglimento dell’istanza sotto il profilo del vizio della motivazione del decreto che definisce il giudizio, tenendo anche conto che nel modello processuale della L. n. 89 del 2001 sussiste un potere d’iniziativa de giudice, che gli impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze probatorie superabili con l’esercizio di tale potere (Cass. n. 18603 del 2005) In applicazione di questi principi, puo’ essere offerta soluzione al primo quesito nel senso della manifesta fondatezza del mezzo, con conseguente vizio del decreto, nella parte in cui non ha, sostanzialmente, proceduto ad accertare la violazione del termine di ragionevole durata, per l’impossibilita’ di verificare anzitutto se la domanda fosse stata proposta nei termini, valorizzando l’insufficienza della documentazione prodotta dall’istante.

La Corte territoriale ha, infatti, correttamente rilevato che l’esame della documentazione sarebbe stata necessaria, per accertare la preliminare condizione della proposizione del ricorso per l’equa riparazione entro il termine di sei mesi dalla definizione del giudizio (concluso sin dal 28.9.2004) di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, termine la cui osservanza deve essere rilevata d’ufficio.

Tuttavia, per operare tale accertamento, avrebbe dovuto appunto procedere alla acquisizione della documentazione, nei termini sopra precisati.

L’accoglimento del primo motivo – assorbito il secondo, risolvendosi la motivazione sul punto nell’esposizione impropria di argomentazioni attinenti al merito, posto che la Corte d’appello aveva ritenuto di non potere accertare l’eventuale decadenza dall’azione – comportera’ la cassazione del decreto ed il rinvio della Causa alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, dovra’ procedere al riesame della controversia, attenendosi al principio sopra enunciato, provvedendo anche sulle spese della presente fase.”.

2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, con la precisazione che il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e’ inammissibile.

La L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3 disponeva che il ricorso diretto ad ottenere l’equa riparazione deve essere proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, al Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare, del Ministro delle finanze quando si tratta di procedimenti del giudice tributario.

Negli altri casi e’ proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il citato art. 3, comma 3, e’ stato modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224 che ora stabilisce: “Il ricorso e’ proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, al Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi e’ proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze”.

Il comma 1225 di quest’ultima legge reca tuttavia una norma transitoria che cosi’ prevede: “Le disposizioni di cui al comma 1224 si applicano ai procedimenti iniziati dopo la data di entrata in vigore della presente legge” (i successivi periodi riguardano la modalita’ dei pagamenti e non rilevano in questa sede).

La modifica della legittimazione introdotta alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3 riguarda esclusivamente i giudizi iniziati nella fase di merito successivamente all’entrata in vigore della modifica introdotta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, non quelli iniziati prima e ritualmente svoltisi e definiti nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, con conseguente inammissibilita’ del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze.

In virtu’ degli argomenti svolti nella relazione, il decreto va cassato e la causa rinviata alla stessa Corte d’appello che, in diversa composizione, procedera’ al riesame della controversia, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato, provvedendo anche sulle spese della presente fase.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze; accoglie il ricorso proposto nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche in ordine alle spese della presente fase.

Cosi’ deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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