Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3068 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.06/02/2017),  n. 3068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8849/2016 proposto da:

S.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato GIORGIO

SPANEDDA;

– ricorrente –

contro

M.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato ANNA SORO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 396/2015 del TRIBUNALE di SASSARI, depositata

il 10/03/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Tribunale di Sassari, con sentenza in data 7 marzo 2015, accogliendo la domanda proposta da M.S., promittente venditore, nei confronti di S.S., promissario acquirente, ha dichiarato S.S. tenuto all’adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere l’atto pubblico di trasferimento dell’appezzamento di terreno sito in (OMISSIS) (censito nel NCT del Comune al foglio (OMISSIS), n. (OMISSIS), di mq 300), e ha trasferito al S. la proprietà del terreno, mentre ha rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto di annullamento del contratto per errore essenziale e quella subordinata di risoluzione per inadempimento del M. o di riduzione del prezzo;

che la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con ordinanza ex art. 348-ter c.p.c., depositata il 25 gennaio 2016, ha dichiarato inammissibile l’appello del S., in quanto nessuno dei motivi prospettati dall’appellante aveva ragionevoli probabilità di essere accolto;

che per la cassazione della sentenza del Tribunale, e dell’ordinanza della Corte d’appello, il S. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 marzo 2016;

che l’intimato ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, preliminarmente, va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione contro l’ordinanza ex art. 348-ter c.p.c., proposto al di fuori dei casi in cui la stessa è eccezionalmente impugnabile per cassazione (cfr. Sez. Un., 2 febbraio 2016, n. 1914);

che, passando all’esame del ricorso avverso la sentenza del Tribunale, con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1453, 1455 e 1489 c.c., per non avere il giudice ritenuto applicabile l’art. 1489 c.c., sul rilievo che i vincoli urbanistici ed espropriativi dovevano essere conosciuti o conoscibili dal promissario acquirente utilizzando la normale diligenza;

che all’esame del primo motivo occorre premettere che il Tribunale ha accertato che nel testo del preliminare non vi era cenno alcuno in ordine all’eventuale destinazione del terreno all’installazione di un impianto di carburante nè era stata posta una qualche condizione relativamente al rilascio di concessioni edilizie, ed ha affermato che non era condivisibile la doglianza del S. relativamente ai vincoli gravanti sul fondo e taciuti nel preliminare, posto che i vincoli derivanti dalla convenzione di lottizzazione erano ben noti al S. già all’epoca della stipula del preliminare ed erano comunque venuti meno per il decorso di dieci anni dalla sua approvazione;

che, tanto premesso, il motivo si appalesa infondato;

che, per un verso, il ricorrente, pur formalmente prospettando un vizio di violazione e falsa applicazione di legge, mira a provocare una nuova e diversa valutazione del merito della controversia con riferimento alla sussistenza, efficacia, conoscenza e conoscibilità dei lamentati vincoli;

che, d’altra parte, nessuna violazione e falsa applicazione di legge è configurabile, essendosi il giudice del merito attenuto al principio secondo cui gli strumenti urbanistici di piano dettano, anche con riguardo all’imposizione di vincoli di destinazione sulla proprietà privata, prescrizioni di ordine generale, di contenuto normativo e di piena conoscibilità da parte dei destinatari: i suddetti vincoli, pertanto, non sono qualificabili come oneri non apparenti gravanti sull’immobile, secondo la previsione dell’art. 1489 c.c.;

che il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c., sostenendo il ricorrente che il preliminare conteneva delle clausole contrastanti, configurando la vendita di un terreno “a misura” e poi trasformandola in vendita “a corpo” in previsione di una riduzione della superficie;

che il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1366 e 1367 c.c.: stante il contrasto delle clausole citate, l’interpretazione del contratto avrebbe dovuto avvenire secondo la buona fede del S., “in palese contrasto con il comportamento scorretto dell’intimato M.”;

che i due motivi sono inammissibili;

che, infatti, il giudice del merito ha accertato che il terreno promesso in vendita, all’esito delle misurazioni compiute dal consulente d’ufficio, è addirittura superiore ai 300 mq. indicati nel preliminare, sicchè non vi è alcuna difformità di estensione che giustifichi l’inadempimento del S.;

che, tanto premesso, i motivi sottopongono alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito dell’interpretazione del contratto e della volontà delle parti, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che il giudice del merito ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la decisione;

che il ricorso avverso la sentenza del Tribunale va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’appello e rigetta il ricorso avverso la sentenza del Tribunale; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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