Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30678 del 21/12/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/12/2017, (ud. 23/11/2017, dep.21/12/2017),  n. 30678

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 15.7.2014 n. 628, emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., il Tribunale Ordinario di Matera dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’avv. Z.F.R., difensore di se stesso, avverso la decisione del Giudice di Pace di Matera in data 15.11.2011 n. 1172 che lo condannava a pagare in favore dell’Associazione temporanea di impresa costituita tra SISAS Service s.r.l. e SISAS s.r.l., la somma di Euro 232,38 quale “penale per il mancato pagamento delle tariffe per sosta veicolare su aree comunali adibite a parcheggio”, in quanto la decisione impugnata era stata pronuncia secondo equità necessaria ex art. 113 c.p.c., essendo il valore della lite inferiore ad Euro 1.100,00 e non essendo stata formulata nell’atto di appello alcuna delle censure a critica vincolata consentite dall’art. 339 c.p.c., comma 3.

Impugna la sentenza per cassazione l’avv. Z. deducendo con un unico motivo la violazione di norme di diritto.

Non hanno svolto difese le società componenti l’ATI alle quali è stato ritualmente notificato il ricorso in data 4.11.2014.

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con l’unico motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 113 c.p.c., non avendo tenuto conto il Giudice di appello che il rapporto oggetto di controversia ricadeva nello schema dei contratti conclusi secondo le modalità dell’art. 1342 c.c., espressamente esclusi dal giudizio di equità necessaria. Sostiene il ricorrente, al riguardo, che essendo predisposte unilateralmente dal Comune le condizioni che regolano la sosta nel parcheggio a pagamento, l’utente viene a perfezionare il contratto mediante comportamento concludente, non potendo negoziare in alcun modo dette condizioni.

Censura ancora la sentenza in quanto, ove per ipotesi la sentenza del Giudice di Pace fosse da ricondursi a decisione assunta nel giudizio necessario di equità, la stessa sarebbe da ritenere comunque viziata da nullità per violazione delle norme del procedimento, e dunque impugnabile con appello a critica vincolata, giusta la interpretazione fornita da questa Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 27339 del 18/11/2008 della categoria del “vizio processuale” di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, non avendo in alcun modo motivato il rigetto della eccezione formulata ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 7, comma 8.

Il primo motivo è fondato.

Osserva il Collegio che la norma dell’art. 1342 c.c., detta, quanto al comma 1, un criterio ermeneutico che si aggiunge ai criteri interpretativi cd. oggettivi degli atti negoziali di cui agli artt. 1366 e 1371 c.c.; mentre il secondo comma estende la disciplina della validità della “clausole onerose”, contenuta nell’art. 1341 c.c., comma 2, anche alla ipotesi di inserimento di detta clausole nel modello di proposta contrattuale predisposto unilateralmente mediante la tecnica dei “moduli o formulari” destinati per la conclusione di una serie di identici rapporti contrattuali con una massa indeterminata di contraenti.

La “ratio legis” dell’art. 113 c.p.c., comma 2 – come sostituito dal D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, art. 1, convertito con modificazioni dalla L. 7 aprile 2003, n. 63 – deve essere rinvenuta nella esigenza di assicurare la uniformità di giudizio delle controversie contrattuali che, caratterizzate dalla identità delle clausole negoziali riportate in “schemi standard” predisposti al fine specifico di garantire sul piano del diritto sostanziale la uniformità di disciplina di tutti i rapporti obbligatori relativi ad una medesimo oggetto, richiedono – anche sul corrispondente piano del diritto processuale, onde evitare il ripetuto rischio di plurimi giudicati contrastanti – una analoga uniformità di decisione che può essere perseguita esclusivamente attraverso l’assoggettamento delle pronunce di merito alla ordinaria verifica della conformità delle decisioni alla regola di diritto applicabile alla fattispecie (cfr. Corte costituzionale, ordinanza 14 maggio 2008 n. 139 che ha rilevato come “lo scopo cui è preordinata la norma censurata consiste nell’assicurare decisioni delle cause aventi ad oggetto rapporti nascenti da contratti conclusi mediante moduli o formulari tra di loro non discordanti per i criteri che le informano, tale scopo può essere più adeguatamente soddisfatto se le suddette controversie vengono risolte secondo i criteri generali ed astratti previsti dalle leggi, anzichè alla stregua delle particolari circostanze soggettive ed oggettive di ogni singolo rapporto”).

Tale essendo il risultato perseguito dalla norma processuale, il richiamo all’art. 1342 c.c., deve essere inteso, non in senso restrittivo-formalistico ai soli casi in cui vi sia una materiale sottoscrizione di moduli o formulari (predisposti in funzione della stipula di una massa di contratti eguali), ma deve trovare applicazione – per analogia legis – tutte le volte in cui un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, dettando unilateralmente condizioni standard (elemento che ricorre anche nel caso di condizioni uniformi predisposte ex lege in relazione alla stipula di contratti aventi ad oggetto la erogazione di servizi pubblici – Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10394 del 08/05/2007 – ovvero di prestazioni erogate da soggetto in regime di monopolio legale – Corte Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 24836 del 24/11/2011 -) rivolte alla conclusione di una serie indefinita di contratti di identico contenuto (non rileva in questa sede se integranti proposte in senso tecnico, od offerta al pubblico ex art. 1336 c.c.) in ordine ai quali si richiede la mera adesione alle condizioni “in toto” dell’altro contraente (cfr. Corte Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 17073 del 10/07/2013). In tal caso potendo perfezionarsi il contratto anche con modalità diverse dalla sottoscrizione del modulo o formulario, come nella ipotesi di conclusione dei contratti a distanza in forma telematica (cfr. Corte Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 17080 del 10/07/2013) ovvero di accettazione tacita attraverso l’acquisto del titolo di legittimazione alla partecipazione – secondo regole standard – a concorsi rivolti al pubblico (cfr. Corte Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 24836 del 24/11/2011 che ha esaminato il caso dell’acquisto del biglietto della lotteria: l’offerta al pubblico della prestazione avente ad oggetto la attribuzione al vincitore del premio, è diretta alla conclusione di una serie di rapporti sottoposti per legge ad un regime giuridico uniforme) o ancora della conclusione per “facta concludentia” (negozi di attuazione), come nel caso di specie, mediante fruizione diretta da parte dell’utente della prestazione di godimento dello spazio di sosta.

Il servizio di sosta regolamentata nei centri urbani, infatti, viene affidato in gestione in quanto servizio di pubblica utilità regolamentato, quanto al rapporto contrattuale che si instaura tra l’ente gestore e gli utenti, da condizioni standard predeterminate unilateralmente dall’ente locale, giusta quanto prevede l’art. 7 C.d.S., approvato con D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 che, al comma 1, lett. f), attribuisce al Sindaco il potere di determinare con ordinanza “…., previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le aree urbane” (analogo potere di ordinanza è riservato all’ente proprietario della strada, per le strade fuori dei centri abitati, o comunque per le strade non comunali: art. 6 C.d.S., comma 4, lett. d) e comma 5). Il medesimo art. 7, commi 14 e 15, prevede anche il potere dell’ente gestore di irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria, nella misura determinata dalla legge, per la violazione degli obblighi derivanti dalle condizioni che disciplinano il servizio di sosta regolamentata a pagamento.

Pertanto deve ravvisarsi nella specie la condizione derogatoria di esclusione della controversia dal giudizio necessario di equità, pur ricadendo il valore della controversia nel limite previsto dall’art. 113 c.p.c., comma 2, atteso che il rapporto contrattuale dedotto in giudizio risulta regolato da “condizioni standard” (concernenti la delimitazione degli spazi fruibili per la sosta; gli orari del servizio; la eventuale durata massima dello sosta; l’importo della tariffa a tempo; le conseguenze sanzionatorie della violazione degli obblighi prescritti dalle indicate condizioni standard), unilateralmente predisposte dall’ente locale e rivolte al pubblico indifferenziato degli utenti, e come tale deve ricondursi alla categoria dei rapporti derivanti da “contratto concluso secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.”.

In conseguenza la decisione del Giudice di Pace era impugnabile mediante appello, ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 1.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio della causa al Tribunale di Matera in grado di appello, in diversa composizione, affinchè proceda all’esame dei motivi di gravame, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Matera in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2017

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