Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30677 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 25/11/2019), n.30677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7157/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ELISABETTA LANZETTA, SEBASTIANO CARUSO, FRANCESCA FERRAZZOLI,

CHERUBINA CIRIELLO, GIUSEPPINA GIANNICO;

– ricorrente –

contro

D.B.C., in proprio e nella qualità di tutore di

L.G., L.A., L.L., L.M.G. nella

qualità di eredi di LA.PE.LE., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA Via B. TORTOLINI 30 presso ALFREDO PLACIDI,

rappresentati e difesi dall’Avvocato ALBERTO BAGNOLI;

– controricorrenti –

e contro

A.F., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3735/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 31/12/2013 R.G.N. 580/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SEBASTIANO CARUSO;

udito l’Avvocato ALBERTO BAGNOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Bari del 20 febbraio 2007 La.Le., in servizio in qualità di avvocato presso l’Avvocatura dell’INPS con la X qualifica funzionale, ramo legale, sino al 3 maggio 1992 ed in quiescenza dal 4 maggio 1992, premetteva: – che con Delib. 20 luglio 1990, n. 50, in attuazione del D.P.R. n. 43 del 1990 e con effetto dal 1 luglio 1990, il Consiglio di Amministrazione dell’INPS aveva istituito due livelli differenziati di professionalità delle Aree professionali legali, Statistico Attuariale e Tecnico-Edilizio, nell’ambito della X qualifica funzionale; – che in applicazione della citata normativa il Comitato esecutivo dell’INPS, con Delib. 26 luglio 1990, n. 869, aveva stabilito, in sede di prima attuazione, i criteri e le modalità per l’attribuzione dei predetti livelli differenziati di professionalità; – che al termine della procedura concorsuale il Comitato esecutivo dell’INPS, con Delib. n. 1257 del 1991, aveva approvato la graduatoria di merito del concorso interno riservato per titoli per l’assegnazione del secondo livello differenziato di professionalità dell’Area legale, con effetto dal 1 luglio 1990; – che, non essendo il L. risultato posizionato tra gli utilmente collocati in graduatoria, aveva interposto, unitamente ad altri partecipanti al concorso, ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, all’esito del quale erano state annullate le deliberazioni del Comitato esecutivo di approvazione delle graduatorie di merito delle Aree professionali legali; – che, a seguito della rinnovazione della procedura concorsuale, il Commissario Straordinario dell’INPS, con Det. 8 aprile 2003, n. 446, aveva approvato la graduatoria di merito relativa al concorso per titoli a n. 89 posti di secondo livello differenziato di professionalità dell’Area legale, nella quale egli era stato collocato al 90 posto, con il punteggio di 15,72, in posizione non utile per conseguire l’inquadramento nel detto secondo livello; – che irregolare era stata la riduzione del punteggio per “incarichi particolari”, titolo non oggetto di pronuncia da parte del giudice amministrativo e confermato dalla nuova commissione; – che, analogamente, a titolo di “produttività” riteneva di avere diritto all’attribuzione del punteggio di 12, posto che le relazioni scritte del direttore di sede avevano definito ottimale la sua produttività, avendo egli trattato nel periodo preso in esame n. 9.200 affari legali, dei quali aveva portato a definizione n. 6.200 affari, pur operando in condizioni logistiche disagiate e disponendo di scarse risorse umane e strumentali.

1.1. Ciò premesso, il ricorrente chiedeva che fosse accertato il suo diritto ad essere inquadrato nel secondo livello di professionalità dell’Area legale dell’INPS, con decorrenza dal 1 luglio 1990, e che l’Istituto fosse conseguentemente condannato al pagamento in suo favore dei ratei di stipendio, sino alla permanenza in servizio, e di pensione, dalla data di collocamento a riposo, con interessi e rivalutazione fino all’effettivo soddisfo.

1.2. Nel giudizio di primo grado resisteva l’INPS, contestando il fondamento dell’avversa pretesa e chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Il Tribunale, con sentenza emessa in data 30 ottobre 2007, accoglieva il ricorso e condannava l’INPS all’inquadramento del ricorrente nel secondo livello di professionalità dell’Area legale dell’Istituto, con decorrenza giuridica ed economica dal 1 luglio 1990, nonchè ai consequenziali effetti retributivi, previdenziali e di buonuscita, con il pagamento dei ratei arretrati di retribuzione dal 1 luglio 1990 sino al collocamento in pensione e dei ratei di pensione dal collocamento in quiescenza; il tutto maggiorato di interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge fino al soddisfo.

2. La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 16 novembre 2010, dopo avere rilevato d’ufficio che, in violazione dell’art. 102 c.p.c., non erano stati evocati in giudizio i partecipanti alla selezione per l’assegnazione per titoli di n. 89 posti di II livello differenziato di professionalità dell’Area legale e collocati in posizione utile nella graduatoria approvata l’8 aprile 2003 dal Commissario Straordinario dell’INPS, dichiarava nulla la sentenza di primo grado e rimetteva le parti dinanzi al primo giudice, perchè venisse integrato il contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati, fissando il termine di mesi quattro per la riassunzione.

3. Riassunto il giudizio, con sentenza del 28 novembre 2011, il Tribunale di Bari, dopo avere dato atto dell’intervenuta integrazione del contraddittorio con i controinteressati individuati dalla sentenza di appello a mezzo di notifica per pubblici proclami, accoglieva nel merito il ricorso in riassunzione e, per l’effetto, condannava l’INPS all’inquadramento del ricorrente nel secondo livello di professionalità dell’Area legale dell’Istituto con decorrenza giuridica ed economica dal 1 luglio 1990 nonchè ai consequenziali effetti retributivi, previdenziali e di buonuscita, con il pagamento dei ratei arretrati di retribuzione dal 1 luglio 1990 sino al collocamento in pensione e dei ratei di pensione dal collocamento in quiescenza; il tutto maggiorato di interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge fino al soddisfo.

Avverso detta sentenza l’INPS interponeva appello.

4. La Corte d’appello di Bari – in conseguenza dell’inottemperanza dell’INPS all’ordinanza del 29/4/2013, con cui era stato concesso nuovo termine affinchè l’Istituto provvedesse ad integrare il contraddittorio nei confronti dei controinteressati, risultando del tutto omessa la notifica a T.V. e non perfezionate le altre notifiche entro il termine massimo del 7/10/1993 (avendo l’INPS addirittura avviato tali notifiche dopo la scadenza) e risultando, altresì, ritirate dopo il suddetto termine di scadenza le copie per la notifica ai controinteressati rivestenti la posizione di maggiore sensibilità agli esiti del giudizio (e cioè agli ultimi tre vincitori della selezione per 89 posti: S.G., Li.Le. e N.C.) – dichiarava inammissibile l’appello.

5. Per la cassazione della sentenza di appello l’INPS ha proposto ricorso.

6. Ha resistito con controricorso La.Le..

7. Si sono successivamente costituiti D.B.C., nella qualità di tutore di L.G., L.A., L.L. e L.M.G. (quali eredi di La.Le.).

8. I suddetti eredi di La.Le. hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 150,102 e 331 c.p.c., nonchè dell’art. 50 disp. att. c.p.c..

1.1. Il ricorrente precisa che la questione devoluta al Giudice di legittimità riguarda la verifica del regolare adempimento degli oneri dettati dall’art. 150 c.p.c., per la notificazione a mezzo di pubblici proclami effettuata nel giudizio di primo grado, questione che era stata devoluta alla Corte d’appello.

1.2. Ripercorre quindi la disciplina di cui deduce la violazione.

1.3. Tale questione, ad avviso del ricorrente, si poneva logicamente e giuridicamente in via prioritaria rispetto alla verifica della regolarità del contraddittorio in appello effettuata dalla Corte d’appello, cui seguiva la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

1.4. Nella specie, infatti, assume l’INPS, mancava del tutto agli atti di causa l’attività di verifica che la Corte d’appello avrebbe dovuto svolgere riguardo alla corretta instaurazione del procedimento notificatorio ex art. 150 c.p.c., nel giudizio di primo grado.

2. Il motivo non è fondato.

2.1. Come già affermato da questa Corte nelle decisioni n. 3180 del 4 febbraio 2019 e n. 21443 del 16 agosto 2019, rese in vicende analoghe, la verifica da parte del giudice investito del tema della corretta instaurazione del contraddittorio, quanto alla chiamata in giudizio dei litisconsorti necessari, riguardando la valida costituzione del rapporto processuale, ha carattere preliminare rispetto all’esame dei motivi di impugnazione, anche nel caso in cui questi ultimi attengano alla regolare costituzione del contraddittorio nel grado precedente e non sia stata devoluta questione relativa alla individuazione dei litisconsorti necessari medesimi, come stabilita nei precedenti gradi di giudizio.

2.2. Nella specie, la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’appello in quanto sulla determinazione dei litisconsorti necessari (partecipanti alla selezione collocati in posizione utile nella graduatoria approvata, ovvero totalità dei vincitori della selezione), come stabilito dal Tribunale a seguito della sentenza della medesima Corte d’appello del 16 novembre 2010, in mancanza di impugnazione, si era formato giudicato, e l’appello (proposto con riguardo alle modalità della integrazione del contraddittorio per pubblici proclami e non alla determinazione dei litisconsorti necessari) non era stato notificato nel termine assegnato ai litisconsorti necessari.

2.3. Tali statuizioni non sono state censurate con l’odierno motivo di ricorso, non venendo contestata in modo circostanziato nè l’affermazione del giudice di secondo grado della mancata impugnazione in appello della statuizione di primo grado relativa a coloro che rivestivano la qualità di litisconsorti necessari, nè la affermazione specifica della mancata notifica dell’appello a tutti come disposto, che costituiscono il presupposto logico-giuridico della dichiarata inammissibilità dell’appello.

2.4. Pertanto, deve affermarsi che correttamente la Corte d’appello abbia, in via preliminare rispetto all’esame dei motivi di impugnazione, effettuato la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio da parte dell’appellante nei confronti dei litisconsorti necessari.

3. Quanto alla richiesta di integrazione del contraddittorio nella presente fase del giudizio, oltre a rilevarsi la genericità della stessa, si osserva che tale integrazione non può che riguardare le parti del processo e non può consentire di recuperare e sanare l’integrità del contraddittorio cui, come si è rilevato, non si è dato corso nella precedente fase processuale.

4. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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