Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30677 del 21/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 30677 Anno 2017
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: OLIVIERI STEFANO

ha pronunciato la seguente

CC

ORDINANZA

sul ricorso 22141-2014 proposto da:
AZIENDA AGRICOLA BENEDETTA DI GIOVANNI VANNICELLI
CASONI E C. SAS in persona del legale rappresentante
p.t. GIOVANNI VANNICELLI CASONI, AZIENDA AGRICOLA PB
DI GIOVANNI VANNICELLI CASONI E C. SAS in persona del
legale rappresentante p.t. GIOVANNI VANNICELLI
CASONI, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
BARBERINI 36, presso lo studio dell’avvocato CORRADO
2017
2274

PICCIONE, rappresentate e difese dall’avvocato PIER
PAOLO POGGIONI giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 21/12/2017

MELAI PAOLA, MELAI GIOVANNELLA, MELAI ANNALISA, BINDI
ROMANA, MELAI GIOVANNI quali eredi di MELAI
FRANCESCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ANTONIO BOSIO 2, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMO LUCONI, rappresentati e difesi dagli avvocati

margine del controricorso;

avverso

sentenza n.

la

controricorrenti

1119/2013 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 09/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio

del

23/11/2017

dal Consigliere Dott.

STEFANO OLIVIERI;

2

PIETRO DINOI, PAOLO TIEZZI giusta procura speciale a

Fatti di causa
Con sentenza 9.7.2013 n. 1119 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato
l’appello proposto da Azienda Agricola PB s.a.s. di Giovanni Vannicelli Casoni &
C. e da Azienda Agricola Benedetta s.a.s. di Giovanni Vannicelli Casoni & C., e
confermato la decisione di prime cure che aveva rigettato la domanda di
risarcimento proposta dalle predette società nei confronti di Francesco Melai -e

eredi Giovanni Melai, Giovannella Melai, Annalisa Melai, Paola Melai e Romana
Bindi- per i danni derivati dall’inadempimento degli incarichi di gestione
aziendale allo stesso affidati in data 16.12.1980 ed in data 8.6.1990.
In particolare il Giudice di appello, anche a seguito di espletamento di c.t.u.,
rilevava: 1-come alcuna responsabilità potesse ascriversi al Melai per mancata
regolarizzazione contributiva della dipendente Vera Corti per l’attività
lavorativa svolta nell’anno 1973, trattandosi di situazione a conoscenza ed
imputabile direttamente alle stesse Aziende agricole; 2-come le società non
avessero allegato una indebita appropriazione di denaro dalle casse sociali, e
neppure avessero allegato un ipotetico danno derivante dall’impiego di somme
di pertinenza delle aziende, secondo il Melai destinate, con il consenso di tutti i
soci, al ripiano di debiti di altre aziende del medesimo gruppo; 3-come alcuna
prova fosse stata fornita in ordine al pagamento di sanzioni amministrative
pecuniarie per la errata redazione delle domande di erogazione del contributo
pubblico presentate dal Melai; 4-come dalla c.t.u., condotta con sopralluoghi
sui terreni ed esame della documentazione contabile, risultasse una situazione
agronomica e gestionale non inficiata da significative manchevolezze, non
essendo peraltro ricomprese, nelle mansioni affidate al Melai, scelte gestionali
in ordine alle modiche e manutenzioni dei beni aziendali comportanti impegni
economici superiori alla stessa capacità economica della impresa .
La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione, congiuntamente, da
entrambe le Aziende Agricole che hanno dedotto quattro motivi.
Resistono con controricorso gli eredi Melai.
3
RG n. 22141/2014
ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

Cd est.
Stefan Olivieri

dopo il decesso di questi avvenuto nel corso di giudizio, nei confronti degli

Ragioni della decisione
Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma
semplificata.
Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1710 c. c., in
relazione all’art. 113 c.p.c. ; violazione dell’art. 2909 c.c.) le società ricorrenti
censurano la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso la

contributiva della dipendente Corti, sostenendo che la Corte territoriale
avrebbe violato il giudicato formatosi sulla sentenza del tribunale di
Montepulciano in data 30.6.1999, in quanto nel corso di quel giudizio il Melai
avrebbe affermato di essersi di fatto occupato dell’azienda fin dal 1973.
La censura è inammissibile :
Le società ricorrenti non indicano quando e dove la sentenza del
Tribunale di Montepulciano n. 93/1999 è stata prodotta nel corso dei
gradi di merito, risultando inosservata la condizione di ammissibilità del
motivo di ricorso ex art. 366 comma 1 n. 6) c.p.c.
Le ricorrenti, attraverso la dedotta violazione della norma sugli
obblighi del mandatario (incomprensibile il riferimento all’art. 113
c.p.c. ed alla indicazione del vizio di legittimità in relazione all’art.
360co1 n. 2 c.p.c. che attiene alla violazione delle norme sulla
competenza), intendono piuttosto contestare la valutazione di merito
che il Giudice di appello ha compiuto in ordine agli elementi istruttori
da cui ha desunto il convincimento che la responsabilità per i danni
cagionati dalla mancata regolarizzazione della posizione contributiva
della dipendente Corti fosse ascrivibile alla Azienda agricola, venendo
quindi a formulare una censura per “errore di fatto” e non per vizio di
“error in judicando”:

l’errata individuazione del parametro del

sindacato di legittimità, determina la inammissibilità del motivo che
risulterebbe, peraltro egualmente inidoneo ad introdurre il diverso
4
RG n. 22141/2014
ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

Ste

s. est.
Olivieri

responsabilità del Melai per la omessa regolarizzazione della posizione

vizio di cui all’art. 360co1 n. 5 c.p.c. (nel testo riformato dal’art. 54
del DL n. 83/2012 conv. in legge n. 134/2012), non essendo stato
neppure indicato il “fatto storico decisivo” che la Corte territoriale
avrebbe in ipotesi omesso di considerare, atteso che la sentenza
impugnata ha preso esplicitamente in considerazione le dichiarazioni
ammissive rese dal Melai nella distinta causa, rilevandone la

ritenere come la “gestione di fatto” non fosse estesa anche alla
organizzazione amministrativa dell’azienda ed alla direzione ed
assunzione del personale impiegatizio, essendo ben nota ai soci della
Azienda agricola la pregressa situazione lavorativa della Corti
La censura è anche infondata:
Il giudicato, è appena il caso di rilevare, ha per oggetto il rapporto
dedotto in giudizio e non si estende alle “singole questioni” di fatto o di
diritto esaminate dal Giudice per pervenire all’accertamento del diritto
controverso, né ai singoli fatti materiali che risultano dimostrati
attraverso i mezzi di prova verificati nella fase istruttoria del giudizio: ed
infatti se nell’inscindibile rapporto di connessione che viene a crearsi tra
oggetto del giudicato ed oggetto del processo nel quale questo si è
formato, l’ efficacia del giudicato si estende alle questioni che
costituiscono presupposti logicamente e giuridicamente ineliminabili della
statuizione finale, è invece da escludere il giudicato sul singolo “punto di
fatto”, ossia sul puro e semplice accertamento dei singoli fatti storici
contenuto nella motivazione e compiuto dal giudice esclusivamente per
pronunciare sulla situazione di vantaggio dedotta in giudizio (cfr. Corte
cass. Sez. 5, Sentenza n. 16816 del 20/06/2008; id. Sez. 2, Sentenza n.
3434 del 11/02/2011 ; id. Sez. 2, Sentenza n. 16583 del 28/09/2012;

id. Sez. L, Sentenza n. 2217 del 04/02/2016; id.

Sez. 6 – 3, Ordinanza

n. 12202 del 16/05/2017). Ne segue che la prova per interrogatorio
formale -dalla quale è emerso che dal 1973 il Melai aveva di fatto gestito
5
RG n. 22141/2014
ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

Co’s./st.
livieri
Stefan

inconcludenza alla stregua delle altre risultanze che inducevano a

l’azienda- assunta nel processo tra il Melai e la Azienda Agricola PB s.a.s.
deciso dal Tribunale nel 1999, non produce alcun vincolo ai fini
dell’accertamento della responsabilità per inadempimento nel diverso
processo per risarcimento del danno introdotto dalla Azienda nei
confronti del Melai

2315, 2359 c.c. nonché violazione degli artt. 167 e 347 c.p.c.) si censura la
sentenza in ordine alla statuizione che ha rigettato la domanda risarcitoria in
punto di distrazione da parte del mandatario di somme di pertinenza delle
Aziende agricole.
Anche tale motivo è inammissibile in quanto non coglie la “ratio decidendi”.
La Corte d’appello ha rigettato la domanda risarcitoria in quanto le
allegazioni in fatto erano da ritenersi assolutamente generiche: a) non
specificando in che modo fossero state “indebitamente” impiegate le somme,
avendo omesso le società finanche di riferire a quali soggetti fossero state
destinate e se questi fossero società appartenenti al medesimo gruppo
familiare titolare di diverse aziende agricole; b) neppure indicando quali
conseguenze patrimoniali pregiudizievoli fossero derivate alle società dalla
distrazione delle somme; c) in ogni caso non avendo contestato le società le
giustificazioni fornite dal Melai secondo cui le somme erano state destinate al
pagamento di fatture relative ad altre aziende del gruppo “ripartendo il dovuto
sia in attivo che in passivo in favore delle varie aziende”, né avendo contestato
che il conto corrente, da cui era stato prelevato l’importo di lit. 115.000.000,
era unico e gestito “con il consenso di tutti i soci -delle due Aziende agricoleintestatari”.
Orbene nel motivo di ricorso la critica si risolve unicamente nella
allegazione che il mero storno di somme di pertinenza del mandante, implica
inadempimento contrattuale, indipendentemente dalla circostanza che il
6
RG n. 22141/2014
ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

Con est.
wieri
Stefan

Con il secondo motivo (violazione artt. 1710, 1711, 1713, 2267, 2291,

mandatario si sia o meno appropriato delle somme : ma è appena il caso di
rilevare come la Corte d’appello non abbia affatto fondato la decisione sulla
assenza dell’elemento della

“appropriazione indebita”,

avendo invece

semplicemente osservato che, se da un lato negli atti difensivi delle società
difettavano allegazioni puntuali di una attività svolta dal mandatario senza il
consenso del mandante (intestatari del conto corrente), dall’altra difettava del

Melai avesse distratto le somme a suo esclusivo favore. Peraltro neppure
risulta indicato nel motivo di ricorso -confermandosi la assoluta genericità della
doglianza- a quale tra le due società PB s.a.s. o Benedetta s.a.s. dovevano
imputarsi le somme in questione, tanto più considerando che, a quanto emerge
dalla lettura della sentenza impugnata e dalla esposizione del motivo, le
persone fisiche intestatarie dell’unico conto bancario erano soci di entrambe le
Aziende agricole, oltre che di altre aziende del medesimo gruppo, e sul conto
confluivano indistintamente le somme relative alle diverse società.
Nessuna delle predette “rationes decidendi” risulta idoneamente investita
dal motivo in esame.
Del tutto nuova poi, in quanto non risulta discussa nei precedenti gradi di
giudizio, e dunque inammissibile in sede di legittimità, è la censura relativa alla
contestazione dell’inadempimento del contratto di mandato per omessa
rendicontazione dell’attività del mandatario ex art. 1713 c.c.
Con il terzo motivo (violazione degli artt. 1223 e 1710 c.c.) la sentenza di
appello viene impugnata in relazione alla statuizione che ha escluso la
responsabilità del Melai per il danno derivato ad entrambe le Aziende agricole
per la negligente esecuzione della redazione della domanda di assegnazione
del contributo pubblico (aiuto comunitario) erogato dalla Amministrazione
provinciale di Siena e da questa quindi revocato con richiesta di restituzione
dell’indebito ed applicazione di sanzione amministrativa pecuniaria.
Il motivo è infondato.

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RG n. 22141/2014
tic. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

est.
Olivieri

tutto la prova di un danno, non avendo le due società neppure allegato che il

La Corte d’appello ha rigettato la domanda risarcitoria per difetto di prova
della esistenza di un danno patrimoniale.
La censura sviluppata interamente sulla tematica del “danno futuro”, non
coglie la specificità delle distinte nozioni di “indebito” oggetto della
obbligazione restitutoria e di “danno”, oggetto di obbligazione risarcitoria. Ed
infatti, la restituzione di ciò che era stato acquisito in difetto di un titolo

obbligata alla restituzione alcuna variazione negativa della propria situazione
patrimoniale qual era al tempo della indebita percezione, e dunque la
restituzione di ciò che non era dovuto non determina alcun “danno” limitandosi
a ripristinare il medesimo “status quo ante” in cui venivano a trovarsi i soggetti
del rapporto; diversamente la conseguenza patrimoniale pregiudizievole,
derivante dalla violazione di obblighi di condotta imposti da uno specifico titolo
negoziale ovvero dalla norma generale del neminem laedere, integra una
“deminutio” della situazione patrimoniale , Pntesa staticamente come il
complesso dei diritti, beni ed obbligazioni facenti capo ad un soggetto in
determinato momento, tale da generare una differenza negativa di valore
economico tra lo status quo ante e lo status quo post che fonda la
responsabilità del soggetto autore del danno tenuto a ristorare il danneggiato in forma specifica o per equivalente- della perdita subita.
Tanto premesso la decisione impugnata è conforme a diritto in quanto oltre
alla restituzione dell’importo indebitamente erogato, pari ad 75.133,09 ed
agli interessi corrispettivi, non risulta allegato dalle Aziende agricole un
ulteriore danno patrimoniale risarcibile, in particolare non essendo stata fornita
alcuna prova della irrogazione di sanzioni pecuniarie.
Con il quarto motivo (violazione degli artt. 1710, 1713 c. c.; artt. 191, 194,
345 comma 3 c.p.c.; omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360co1 n. 5
c.p.c.) si contesta la statuizione della sentenza di appello che, condividendo le
risultanze dell’elaborato depositato dal CTU ha escluso responsabilità del Melai

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RG n. 22141/2014
ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

Co
Stefa

t.
Olivieri

giustificativo dello spostamento patrimoniale, non implica per la parte

nella gestione tecnico-agronomica ed amministrativa dei terreni e dei
manufatti esistenti sugli stessi.
Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che
lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente
tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di

che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione,
ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai
quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso
almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il
contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire
l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (cfr. Corte
cass. Sez. 2, Sentenza n. 6753 del 05/05/2003 Sez. 2, Sentenza n. 13845 del
13/06/2007 Sez. 1, Sentenza n. 16368 del 17/07/2014).
Nella specie le ricorrenti hanno omesso di individuare i punti della
consulenza tecnica di ufficio oggetto di critica, limitandosi a riportare il
contenuto delle relazioni redatte dal proprio CTP ed insistendo nel sostenere
che la descrizione dei terreni era dimostrativa dell’inadempimento contrattuale
del mandatario: in tal modo la censura viene a contrapporre tale valutazione di
merito a quella, diversa, cui è pervenuta la Corte territoriale, alla stregua dei
dati forniti dall’ausiliario, richiedendo una rivisitazione del giudizio di merito
preclusa in sede di legittimità.
Non perspicua è la censura relativa alla violazione delle norme di diritto che
disciplinano il contratto di mandato: la Corte d’appello ha, infatti, ritenuto di

escludere una violazione degli obblighi di gestione, sia in ordine alla “gestione
ordinaria” (essendo risultato sostanzialmente positivo nel lungo periodo il

risultato gestionale, in quanto i risultati negativi conseguiti in taluni anni erano
dovuti a fatti non imputabili a scelte colturali errate ma a fenomeni climatici,
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ric. Azienda Agricola PB s.a.s. +1 c/ Eredi Melai Francesco

C bio st.
Stef.”:11livieri

accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza

ovvero alla esposizione debitoria per spese relative a miglioramenti dei fondi
od a mutui bancari), sia in ordine agli “interventi straordinari” necessari ad una
integrale ristrutturazione dei fabbricati rurali (trattandosi di competenze che
esulavano dall’incarico affidato al Melai quale “impiegato agricolo di seconda
categoria” e comunque trattandosi di iniziative che comportavano investimenti
di eccezionale rilevanza finanziaria, non sostenibili avuto riguardo alla capacità

Tali “rationes decidendi” non vengono investite dal motivo di ricorso in
esame, palesandosi inammissibile la censura.
Inammissibile è altresì la censura per violazione delle norme processuali per
difetto di specificità ex art. 366co1 n. 4 c.p.c..
Assumono le ricorrenti di aver contestato la nullità della consulenza tecnica
di ufficio avendo l’ausiliario esaminato documentazione, non ritualmente
prodotta in giudizio, in quanto allegata alla relazione del perito di parte
avversa, ma omettono del tutto di riferire se ed in che modo tale
documentazione sia stata utilizzata dal CTU ed ancora quali concreti pregiudizi
al diritto di difesa siano derivati. Va, dunque, ribadito il principio affermato
da questa Corte secondo cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione
di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività
giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di
difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, potendo trovare
applicazione la sanzione di nullità solo nel caso in cui l’erronea applicazione
della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto
di difesa che abbia avuto riflessi sulla decisione di merito (cfr. Corte cass. Sez.
3, Sentenza n. 4340 del 23/02/2010; id. Sez. 2, Sentenza n.

3024 del

07/02/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 6330 del 19/03/2014; id.

Sez. 5,

Sentenza n. 26831 del 18/12/2014; id.

Sez. 3, Sentenza n. 26157 del

12/12/2014).

10
RG n. 22141/2014
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C
est.
Stefan Olivieri

economica delle Aziende agricole).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le parti ricorrenti condannate
in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in
dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115,
inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo

comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore dei controricorrenti,
delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi
liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito
dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del

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