Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30675 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 25/11/2019), n.30675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22664/2014 proposto da:

P.G., A.S., M.M.,

N.S., PA.BR., PE.GI., S.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CIRO MENOTTI 24, presso lo

studio dell’avvocato PIETRO CAPONETTI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2801/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/07/2014, R.G.N. 7902/2011.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 22 luglio 2014 la Corte d’appello di Roma respinge l’appello di P.G. e di numerosi suoi litisconsorti (tra i quali sono compresi quelli indicati in epigrafe) avverso la decisione del locale Tribunale n. 8925/2011 di rigetto delle domande dei ricorrenti – proposte nella qualità di detenuti-lavoratori – volte ad ottenere dal Ministero della Giustizia il pagamento della tredicesima mensilità – dal 1986 fino alla presentazione della domanda giudiziale – periodo durante il quale avevano svolto lavoro carcerario oltre all’indennizzo per ferie non godute;

che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) come già affermato in controversie analoghe, quando i detenuti-lavoratori avanzano richieste di natura retributiva devono allegare in modo esatto e puntuale tutti gli elementi del rapporto e nel caso in cui, come avviene nella specie, le loro rivendicazioni si riferiscano a determinate voci retributive è necessaria anche l’esplicitazione dei parametri pattizi di riferimento ai quali accedono;

b) nel presente giudizio le domande risultano generiche e prive e dei suddetti elementi, ciò è stato indicato con precisione dal Tribunale ma le relative osservazioni non sono state seguite nell’atto di appello, nel quale si fa leva sulle difficoltà di produrre le prove necessarie così finendosi con il riversare sul convenuto un onere che a questo è estraneo;

c) per quel che riguarda i singoli motivi di gravame, in primo luogo è infondata la censura con la quale si sostiene che il primo Giudice non avrebbe esaminato la domanda subordinata sull’indennizzo per ferie non godute, visto che dalla lettura della sentenza appellata si desume che in essa si è fatto riferimento anche alla suddetta domanda;

d) da respingere è anche la censura secondo cui il primo Giudice non avrebbe statuito su tutte le domande proposte;

e) inammissibile risulta pure, in relazione al merito dei diritti rivendicati, la censura riferita all’applicazione delle norme sulla prescrizione, da parte del Tribunale, visto che il primo Giudice ha motivatamente rilevato che il Ministero ha provato che la mercede corrisposta comprendeva sia le ferie sia la tredicesima rivendicata;

f) tale statuizione non è stata specificamente contestata e, d’altra parte, come già evidenziato dal primo Giudice, il profilo di censura riguardante il mancato aggiornamento semestrale della mercede e la sua misura iniqua non ha formato oggetto di specifica domanda in primo grado;

che avverso tale sentenza P.G. e suoi litisconsorti indicati in epigrafe propongono ricorso, illustrato da memoria, affidato a cinque motivi, al quale oppone difese il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è articolato in cinque motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 115,112, c.p.c.; dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 111 Cost., con “travisamento assoluto dei fatti e degli atti processuali”, sostenendosi che la sentenza impugnata sarebbe nulla per avere omesso di esaminare una eccezione di violazione di ne bis in idem risultante per tabulas;

che, pertanto, si sostiene che la motivazione sul punto sarebbe soltanto apparente;

che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, ulteriore “travisamento dei fatti e degli atti processuali”, violazione degli artt. 112,115,416 c.p.c.; dell’art. 111 Cost. “carenza e contraddittorietà della motivazione ovvero motivazione abnorme e solo apparente”, con riguardo alla disposta riunione dei giudizi nonostante la loro diversità che si è tradotta nel mancato esame di tutte le domande proposte;

che con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, “ulteriore carenza e contraddittorietà della motivazione con totale travisamento dei fatti”, violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè degli artt. 24 e 111 Cost., con riferimento alla statuizione della Corte d’appello secondo cui il Ministero avrebbe provato di aver corrisposto la tredicesima e l’indennità di ferie non godute che sarebbe il frutto di fatti e circostanze mai esaminate nel processo;

che con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, art. 1199 c.c., art. 112 c.p.c.; art. 111 Cost., con riguardo all’affermazione della Corte d’appello secondo cui nell’atto di gravame non sarebbe stata specificamente contestata la statuizione del primo Giudice relativa alla prova fornita dal Ministero in merito alla ricomprensione nella mercede corrisposta sia delle ferie sia della tredicesima rivendicata;

che con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, ulteriore illogicità della motivazione, violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, art. 1199 c.c., artt. 3,4,5 e 115 c.p.c., art. 111 Cost., falsa applicazione degli artt. 3,24,27,36,111 Cost.; art. 6 CEDU; artt. 112 e 115 c.p.c.; art. 1193 c.c., comma 2, art. 1194 c.c., art. 2109 c.c., comma 2; in riferimento al mancato adeguamento semestrale della mercede;

che l’esame delle censure porta all’inammissibilità del ricorso, in considerazione del mancato rispetto – con riguardo agli atti e ai documenti richiamati nei vari motivi di ricorso – del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente, qualora proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali, è tenuto a trascriverne nel ricorso il contenuto essenziale e nel contempo a fornire alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali (Cass. SU 23 settembre 2019, n. 23552 e n. 23553), principio che si applica anche alle censure con le quali si denunciano ipotizzati errores in procedendo, come accade nella specie, per la gran parte dei motivi proposti;

che, in particolare, la mancata osservanza del suindicato principio impedisce l’esame di tutte le censure nelle quali si fa riferimento, a vario titolo, ad una supposta erronea (o omessa) valutazione delle risultanze processuali e comporta l’integrale inammissibilità di tutti i motivi di ricorso, in quanto essi sono tutti incentrati sulla contestazione dell’esame effettuato (o non effettuato) dalla Corte d’appello degli atti ivi rispettivamente richiamati ma non riprodotti in ricorso (per le parti di interesse) nè allegati al ricorso;

che, peraltro, si tratta anche di doglianze che – al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione di tutti i motivi – nella sostanza si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, sotto molteplici profili;

che sono, quindi, censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sè inammissibile;

che a ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207);

che tali evenienze qui non si verificano, essendo, in particolare, insussistente il vizio di motivazione apparente e/o abnorme, più volte menzionato nel ricorso, senza peraltro una specifica argomentazione;

che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (vedi: Cass. SU 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009);

che è del tutto evidente che, nella specie, tale vizio non ricorra visto che l’iter argomentativo della sentenza impugnata rende chiaramente percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il processo logico seguito per la formazione del decisum e ciò è implicitamente dimostrato dalle molteplici censure proposte dal ricorrente dalle quali si evince che le statuizioni che sorreggono la decisione impugnata, pur non essendo condivise, sono state perfettamente comprese e quindi erano ben percepibili;

che, in sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, in complessivi Euro 2800,00 (duemilaottocento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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