Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30667 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 25/11/2019), n.30667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7325/2015 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’Avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo

rappresenta e difende, in virtù di delega in atti;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ EUROPEA DI EDIZIONI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

AMERICA, 93, presso lo studio dell’Avvocato SIMONA TULLI, che la

rappresenta e difende unitamente agli Avvocati CARLO MANZONI e

MASSIMO CARTELLA giusta delega in atti.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 407/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 04/12/2014 R.G.N. 406/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SILVIA ALTEA per delega verbale Avvocato BRUNO DEL

VECCHIO;

udito l’Avvocato SIMONA TULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 407, depositata il 4.12.2014, la Corte di appello di Genova, per quello che interessa in questa sede, ha confermato la pronuncia n. 603/2014 emessa dal Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta la domanda, proposta da G.F. nei confronti della Società Europea Edizioni spa (SEE) quale editrice della testata “(OMISSIS)” di cui era dipendente, volta ad ottenere la condanna al ripristino del rapporto di lavoro con esso sussistente, prima della cessione del ramo aziendale in favore della società “Il Giornale della Liguria spa” (GDL) e al risarcimento dei relativi danni: cessione che lo aveva visto coinvolto unitamente ad altri lavoratori della redazione di (OMISSIS) de “(OMISSIS)” e di cui era stata chiesta la declaratoria di illegittimità per insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 2112 c.c..

2. I giudici di seconde cure, a fondamento della decisione, hanno rilevato che: a) era inammissibile, perchè formulata per la prima volta solo in appello, la questione sulla dedotta illecita esternalizzazione del servizio in quanto, dalla lettura degli atti di causa, emergeva che la inefficacia del trasferimento del ramo di azienda era stata ricondotta unicamente alla inesistenza dei requisiti per l’applicabilità dell’art. 2112 c.c.; b) le argomentazioni del Tribunale, in ordine alla indicazione del concetto giuridico di azienda o di parte di essa erano conformi alla elaborazione giurisprudenziale di legittimità e della Corte di Giustizia; c) con riguardo ai beni ceduti sussistevano i presupposti per individuare un “ramo di azienda” suscettibile di cessione; d) la regolarità dell’operazione escludeva ogni diritto al risarcimento dei danni asseritamente subiti.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione G.F. affidato a quattro motivi.

4. Ha resistito con controricorso la Società Europea di Edizioni spa.

5. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 5 (erroneamente indicato come art. 39 nella sentenza impugnata) del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico del 26.3.2009 nonchè la violazione dell’art. 1362 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere errato la Corte territoriale nel ritenere che, per individuare un ramo di azienda funzionalmente autonomo ex art. 2112 c.c., si doveva fare riferimento a quanto disciplinato dall’art. 29 (recte 5) del CNLG che, invece, non poneva assolutamente alcuna definizione riconducibile al concetto di autonoma funzionalità individuato dalla citata norma codicistica ma sì limitava ad individuare unicamente il concetto di “redazione decentrata” al fine di specificare gli obblighi in merito alla qualifica dei giornalisti in essa occupati e per distinguerla dall’ufficio di corrispondenza.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 2112 c.c., la violazione degli artt. 1 e 3 della Direttiva 23/2001/CE nonchè la violazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere omesso la Corte di merito di considerare tutta una serie di elementi da cui emergeva che l’entità ceduta non rappresentava una articolazione funzionalmente autonoma di una attività economica organizzata, ma dipendeva sotto il profilo organizzativo, funzionale ed economico dalla sede de “(OMISSIS)” sita in (OMISSIS); inoltre si evidenzia che le due presunte “testate” cedute a GDL spa, ossia “Il Giornale della Liguria” ed “(OMISSIS)” erano inesistenti al momento della cessione, non coincidendo con il dorso genovese de “(OMISSIS)” cui era addetto il G. e, quindi, non erano in alcun modo riferibili alla redazione di Genova ove il ricorrente prestava la sua attività; infine, si deduce, in ogni caso, che difettava il requisito della preesistenza, richiesto dall’art. 2112 c.c., dell’attività ceduta essendo stata l’unità produttiva creata sulla carta proprio al momento della cessione stessa.

4. Con il terzo motivo il G. eccepisce la falsa applicazione e violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1, primo periodo e art. 437, comma 2, primo periodo, nonchè l’error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere errato la Corte territoriale nel ritenere nuova, perchè introdotta solo in appello, la questione della “esternalizzazione” del dorso genovese de “(OMISSIS)” quando, invece, dal ricorso introduttivo tale tematica era stata già introdotta ed era stata anche contestata dalla società.

5. Con il quarto motivo si deduce, conseguentemente, la violazione dell’art. 112 c.p.c., primo nucleo normativo, nonchè l’error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per non essersi i giudici di seconde cure pronunciati sulla sopra specificata questione della “esternalizzazione”.

6. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, non sono meritevoli di accoglimento.

7. Invero la Corte territoriale non ha ritenuto che, nel caso in esame, fosse stata effettuata una regolare cessione del ramo di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., perchè la sede genovese de “(OMISSIS)” di (OMISSIS) formalmente era una redazione decentrata e non un ufficio di corrispondenza (come invece sostenuto dall’allora appellante), ma perchè ha rilevato che il complesso dei beni ceduti integrava una “entità economica organizzata in maniera stabile” e che si trattava di una parte del settore aziendale costituito da un “insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività di impresa, con autonomia funzionale di beni e strutture già esistenti al momento del trasferimento”.

8. Sotto il profilo giuridico, il concetto delineato dalla Corte di merito è conforme alla giurisprudenza comunitaria (ex plurimis Corte di Giustizia, sentenza 24 gennaio 2002, C -51/00; sentenza 28 settembre 2015, C 4587/12 e più recente 11 luglio 2018, C – 60/17) nonchè a quella di legittimità (Cass. 26 luglio 2016 n. 15438; Cass. 28 aprile 2014 n. 9361), secondo cui il trasferimento deve riguardare “una entità economica che conserva la propria identità intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere una attività economica, sia essa essenziale o accessoria”.

9. La statuizione dei giudici di seconde cure è, poi, condivisibile anche in ordine all’ulteriore requisito della “preesistenza” che, pur dopo l’emendamento apportato al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32, al disposto dell’art. 2112 c.c., la giurisprudenza di legittimità ha continuato, condivisibilmente, a ritenere indispensabile per la configurabilità del ramo aziendale unitamente al requisito dell’autonomia funzionale (cfr. ex aliis Cass. 24 gennaio 2018 n. 1769; Cass. n. 15438/2016).

10. In punto di diritto, pertanto, le argomentazioni gravate sono corrette.

11. In punto di fatto, così venendo allo scrutinio del secondo motivo, deve precisarsi che, nonostante la prospettazione delle censure come violazioni di legge, esse si risolvono, essenzialmente, in una sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e in una contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità (Cass. 16 dicembre 2011 n. 27197; Cass. 18 marzo 2011 n. 6288; Cass. 19 marzo 2009 n. 6694).

12. Nè è ipotizzabile, nel caso de quo, un vizio di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta prevista dalla legge atteso che il procedimento valutativo di tale censura richiede, come presupposto, fatti incontroversi non ravvisabili nell’odierno giudizio – relativamente a quanto evidenziato nella gravata pronuncia e quanto sostenuto dal ricorrente – con riguardo alla esistenza, nella redazione genovese, di un capo redattore e del suo ruolo organizzativo e gestionale, al peso dell’incidenza che il Direttore de “(OMISSIS)” aveva nella scelta e nel taglio delle notizie nonchè nell’autonomia del prodotto finale che veniva inviato.

13. Non si verte, pertanto, in una asserita errata interpretazione della norma di legge ovvero in una eventuale falsa applicazione sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, inerendo, invece, la doglianza alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 24905 del 2019), non denunciato nè ravvisabile nel caso di specie.

14. Il terzo ed il quarto motivo, in considerazione di quanto precisato in relazione al primo e al secondo, sono inammissibili per difetto di interesse.

15. Invero, la loro trattazione resta assorbita dalla ritenuta regolarità dell’operazione di trasferimento del ramo di azienda, ex art. 2112 c.c., che esclude, logicamente e giuridicamente, che nel caso in esame sia stata attuata “una forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate tra loro, di semplici reparti ed uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore” (cfr. Cass. n. 11832 del 2014) ove il mutamento di parte datoriale si colloca in una prospettiva di elusione della norma (Cass. n. 22627 del 2013): situazione questa caratterizzante la fattispecie della “esternalizzazione”.

16. Alla stregua di quanto esposto il primo ed il secondo motivo del ricorso devono essere rigettati, mentre il terzo ed il quarto vanno dichiarati inammissibili.

17. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo e dichiara inammissibili il terzo ed il quarto. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie della misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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