Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30666 del 21/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 30666 Anno 2017
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

ORDINANZA

sul ricorso 22615-2014 proposto da:
SCOTTI

LUIGI,

LE

FOCHE

ELISA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo
studio dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentati e
difesi dall’avvocato ERMANNO LE FOCHE giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

AR A

ASSICURAZIONI

2.P4

rappresentante procuratore

in

pona

speciale

del

Dott.

legale

GAETANO

OCCORSIO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato
GAETANO ALESSI, che la rappresenta e difende giusta

Data pubblicazione: 21/12/2017

procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente nonchè contro

PIETROSANTI PAOLO, BITELLI MARIA GABRIELLA;
– intimati –

D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA
GRAZIOSI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale CORRADO
MISTRI, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

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avverso la sentenza n. 3657/2013 della CORTE

Rilevato che:

22615/2014

Avendo Elisa Le Foche e Luigi Scotti citato davanti a Tribunale di Latina Paolo Pietrosanti,
la sua compagnia assicuratrice Milano Assicurazioni S.p.A., Maria Gabriella Bitelli e la sua
compagnia assicuratrice Sara Assicurazioni S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni
non patrimoniali subiti da Luigi Scotti e patrimoniali subiti da Elisa Le Foche in
conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il 4 marzo 2002 in cui il Pietrosanti e la
Bitelli, con automobili di rispettiva proprietà da loro stessi guidate, avevano, dopo uno

scontro, invaso la corsia dove si trovava lo Scotti alla guida di un ciclomotore di proprietà
della Le Foche, ed avendo poi durante il processo – in cui dei convenuti si era costituita
soltanto Sara Assicurazioni S.p.A. – Milano Assicurazioni S.p.A. versato agli attori la
somma di C 37.500, da loro accettata come acconto, il Tribunale, con sentenza n.
1638/2006, attribuiva pari responsabilità ex articolo 2054, secondo comma, c.c. ai due
automobilisti e concorso di colpa per un terzo al ciclomotorista, cui liquidava i danni non
patrimoniali nella misura di C 46.917, per la riduzione di un terzo portati a € 31.378,02,
riconosceva alla Le Foche danni materiali per C 1500,70 e, calcolato il danno da lucro
cessante, determinava un credito risarcitorio totale degli attori nella misura di C
32.410,89, ritenendolo coperto da quanto versato da Milano Assicurazioni S.p.A.
Avendo Elisa Le Foche e Luigi Scotti proposto appello, ed essendosi costituita resistendo
solo Milano Assicurazioni S.p.A., la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 3 maggio-25
giugno 2013, esclusa ogni corresponsabilità dello Scotti, quantificava i danni non
patrimoniali da lui subiti in C 68.700, e i danni rappresentati dalle spese mediche in €
213,38, giungendo così ad un totale di € 68.913,38; e alla Le Foche riconosceva un credito
risarcitorio di C 2251,06. Riteneva assorbiti dal versamento effettuato da Milano
Assicurazioni S.p.A. i danni riconosciuti alla Le Foche, e che il residuo del versamento
suddetto, cioè € 35.248,94, dovesse intendersi acconto a favore dello Scotti. Affermava
che per sottrarne l’acconto, il danno capitale avrebbe dovuto essere devalutato al maggio
2003: sottraendo così C 35.248,94 a C 56.579,13 giungeva a riconoscere un credito
risarcitorio di C 21.330,19 in capo allo Scotti. Aggiungeva altresì il risarcimento del danno
da lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata come risarcimento del
danno, quest’ultimo dichiarando di determinarlo equitativamente ai sensi dell’articolo
2056, primo comma, c.c. in adesione all’insegnamento di S.U. 17 febbraio 1995 n. 1712, e
pertanto devalutando la somma di C 21.330,19 all’epoca del fatto illecito, secondo gli indici
Istat, in C 17.469,44 e applicando poi gli interessi legali sulle somme rivalutate anno per
anno fino alla data della sentenza. Sul complessivo importo, tramutato così da debito di
valore in un debito di valuta, applicava infine gli interessi di legge dalla sentenza al saldo.
Hanno presentato ricorso Elisa Le Foche e Luigi Scotti, fondandolo su un unico motivo, da
cui si difende con controricorso Sara Assicurazioni S.p.A.
3
()

I ricorrenti hanno altresì depositato memoria; il Procuratore Generale, dal canto suo, ha
depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
Considerato che:
1. Il ricorso è fondato.
1.1 Nella premessa in fatto, i ricorrenti hanno adeguatamente illustrato la vicenda
processuale, incluso il fatto che, allo scopo di calcolare la somma di risarcimento del danno

dichiarato di aderire alla giurisprudenza di questa Suprema Corte (risulta in effetti
consolidato l’insegnamento di S.U. 17 febbraio 1995 n. 1712: “Qualora la liquidazione del
danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata “per equivalente”, con riferimento,
cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto illecito, e tale valore
venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta
fino alla data della decisione definitiva (anche se adottata in sede di rinvio), è dovuto al
danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli stato
provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta
dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale
l’attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e
soggettive del caso; in siffatta ultima ipotesi, gli interessi non possono essere calcolati
(dalla data dell’illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata,
mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in
concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al
bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione
monetaria, ovvero in base ad un indice medio.”), affermando quindi di devalutare la
somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni all’epoca del fatto illecito secondo i dati
Istat, e giungendo con tale calcolo all’importo di C 17.469,44: quest’ultimo – rilevano
subito i ricorrenti – sarebbe però un importo “frutto di un evidente errore di calcolo”,
perché la somma di C 21.330,19 era già stata devalutata al maggio 2003, onde era da
quest’ultima data che si doveva devalutare, anziché da quella del sinistro stradale del 4
marzo 2002: e in tal modo si sarebbe ottenuto l’importo di C 20.688,84 anziché C
17.469,44. Aggiungono i ricorrenti di avere presentato una istanza di correzione per errore
materiale ex articolo 287 c.p.c. al giudice d’appello, che lo ha respinto reputando che si
tratterebbe eventualmente di un errore concettuale.
Da questa premessa traggono quindi i ricorrenti l’unico motivo, che denuncia violazione e
falsa applicazione dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c. e vizio logico di motivazione:
dopo avere indicato il corretto procedimento che avrebbe dovuto seguire, la corte d’appello
avrebbe erroneamente espletato la sua materiale esecuzione; e l’errore per inesatta
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da lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata, il giudice d’appello ha

determinazione dei presupposti numerici di un calcolo costituirebbe vizio logico
motivazionale, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, e non un errore
revocatorio.
1.2 Deve darsi atto che sussiste effettivamente una giurisprudenza di legittimità nel senso
che quanto denunciato dovrebbe essere sussunto nel vizio logico di motivazione (tra gli
arresti più recenti, oltre a Cass. sez. 1, 14 aprile 2004 n. 7062, invocata dai ricorrenti per cui appunto “l’errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici di

ma con l’ordinario ricorso per cassazione, in quanto si risolve in un vizio logico della
motivazione ” -, Cass. sez. 3, 11 gennaio 2006 n. 262 e Cass. sez. 3, 15 gennaio 2013 n.
795). Peraltro non si può non rilevare che tale giurisprudenza si è sviluppata all’epoca del
testo previgente dell’articolo 360, primo comma n.5 c.p.c., mentre attualmente il vizio
motivazionale non potrebbe includere la questione in esame come vizio logico, non
raggiungendo questa, come tale, il livello di manifesta illogicità che rientrerebbe nel
minimo costituzionale ed sarebbe quindi ancora denunciabile in tal modo (cfr., in
motivazione, S.U. 3 novembre 2016 n.22232).
Tuttavia, a ben guardare, una corretta identificazione della doglianza non ne comporta la
qualificazione come vizio motivazionale. Determinando i presupposti su cui effettuare
quell’operazione di calcolo che è la devalutazione secondo gli indici Istat, invero, la corte
territoriale viene ad applicare l’articolo 1223 c.c., nell’asserto di attenersi all’insegnamento
relativo a tale norma dettato dalle Sezioni Unite invocate, ma in realtà discostandosene. E
se ne discosta in quanto effettua una devalutazione non conforme al suddetto
insegnamento, che l’avrebbe portata invece a tenere in conto la presenza di una
devalutazione già effettuata. Duplicando quindi le devalutazioni, in ultima analisi, la corte
territoriale viene a privare il danneggiato dell’integrale ristoro in riferimento al lucro
cessante come invece stabilito dall’articolo 1223 c.c.: e da ciò consegue sia che il motivo
merita riqualificazione come denuncia di

error in iudicando –

in riferimento appunto

all’articolo 1223 c.c. – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., sia che come tale
è fondato.
Pertanto, in accoglimento del ricorso deve essere cassata in relazione l’impugnata
sentenza con rinvio ad altra sezione della stessa corte territoriale, affinché proceda nella
determinazione del danno in effettivo rispetto dell’articolo 1223 c.c. alla luce
dell’insegnamento nomofilattico.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Roma.

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una determinazione operazione o valutazione non va dedotto con il rimedio revocatorio,

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