Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30664 del 21/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 30664 Anno 2017
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 2685 del ruolo generale dell’anno
2015, proposto

da
ZERBO Michele (C.F.: ZRB MHL 53S15 C710N)
rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso,
dall’avvocato Gherardo Marone (C.F.: MRN GRR 40D04
F839D)
– ricorrentenei confronti di
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (C.F.: 97591110586), in
persona del Ministro pro tempore
rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: 80224030587)
– resistentenonché
E.T.R. S.p.A. — CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO NAZIONALE DI RISCOSSIONE PER LA PROVINCIA DI REGGIO CALBRIA, in persona del legale rappresentante pro
tempore
-intimatoper la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 3057/2014, pubblicata in data 12 maggio 2014;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio
del 12 ottobre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatti di causa

Ric. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 1 di 13

Data pubblicazione: 21/12/2017

Michele Zerbo ha proposto opposizione avverso una cartella di
pagamento notificatagli dal concessionario del servizio di riscossione E.T.R. S.p.A. in virtù di una obbligazione iscritta a
ruolo per C 24.365,00.
Il Tribunale di Roma ha dichiarato il concessionario del servizio di riscossione privo di legittimazione passiva in ordine
all’azione proposta e l’attore tenuto a pagare il credito di cui

La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di
primo grado.
Ricorre lo Zerbo, sulla base di quattro motivi.
Il Ministero della Giustizia ha depositato un «atto di costituzione» ai fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato.
Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis.1 c.p.c..
Il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Anna Maria Soldi, ha depositato conclusioni scritte
ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. chiedendo la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente presa in esame la questione (rilevabile

di ufficio) dell’ammissibilità dell’appello proposto dal ricorrente.
La sentenza di primo grado è stata infatti pronunziata
nell’aprile 2008, e cioè in data successiva alla modificazione
dell’art. 616 c.p.c. operata con l’art. 14, comma 1, della legge
24 febbraio 2006 n. 52, che ha escluso l’impugnabilità delle
sentenze in materia di opposizione all’esecuzione – così equiparandone il regime a quelle rese in materia di opposizione
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alla cartella opposta.

agli atti esecutivi – ma anteriormente alla operatività della ulteriore modifica di cui all’art. 49, comma 2, della legge 18
giugno 2009 n. 69, che ha soppresso la richiamata previsione
di non impugnabilità, limitatamente ai giudizi pendenti in primo grado alla data del 4 luglio 2009.
In base a tale rilievo, e sull’assunto che l’oggetto del presente
giudizio sia da qualificare come opposizione all’esecuzione ai

rinvio della decisione impugnata, in quanto la sentenza dì
primo grado avrebbe potuto essere impugnata esclusivamente
con il ricorso straordinario per cassazione, mentre l’appello
sarebbe stato inammissibile, in conformità al costante orientamento di questa Corte (ex multis: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 24920 del 10/12/2015, Rv. 638044 – 01; Sez. 3,
Sentenza n. 20886 del 15/10/2015, Rv. 637353 – 01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 17321 del 17/08/2011, Rv. 619640 – 01;
Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9591 del 30/04/2011, Rv. 617853 01; Sez. 3, Sentenza n. 1402 del 21/01/2011, Rv. 616246 01)
Ritiene la Corte che il suddetto orientamento (cui va peraltro
certamente data continuità) non possa, nel caso di specie,
trovare applicazione in concreto, dovendosi invece applicare,
al fine di valutare l’ammissibilità dell’impugnazione, il cd. principio dell’apparenza, in base al quale l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta con riferimento esclusivo alla
qualificazione dell’azione proposta effettuata dal giudice “a
quo”, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla qualifi-

cazione che ne abbiano dato le parti (giurisprudenza costante;
ex plurimis:

Cass., Sez. U, Sentenza n. 10073 del

09/05/2011, Rv. 616877 – 01; Sez. U, Sentenza n. 4617 del
25/02/2011, Rv. 616599 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12872 del
22/06/2016, Rv. 640421 – 01; Sez. L, Sentenza n. 21520 del
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sensi dell’art. 615 c.p.c., il RG. ha chiesto la cassazione senza

22/10/2015, Rv. 637395 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3338
del 02/03/2012, Rv. 621960 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17791
del 30/08/2011, Rv. 619365 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 3712
del 15/02/2011, Rv. 616508 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9923
del 26/04/2010, Rv. 612491 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 26919
del 21/12/2009, Rv. 610652 – 01; Sez. U, Sentenza n. 2434
del 01/02/2008, Rv. 601595 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 30201

del 14/12/2007, Rv. 601090 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11012
del 14/05/2007, Rv. 597778 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8103
del 02/04/2007, Rv. 597623 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4507
del 28/02/2006, Rv. 588209 – 01).
Orbene, in proposito si deve osservare che lo Zerbo aveva
proposto opposizione avverso la cartella di pagamento notificatagli dall’agente della riscossione, ed evocando in giudizio
sia quest’ultimo sia l’amministrazione titolare della pretesa
creditoria sottostante, aveva chiesto dichiararsi l’illegittima iscrizione a ruolo di detta pretesa, in mancanza di titolo esecutivo, e comunque l’accertamento della sua insussistenza, essendo essa stata già soddisfatta nei limiti di quanto definitivamente accertato in sede di giurisdizione contabile.
Il tribunale ha peraltro qualificato (e trattato) la suddetta domanda come una mera azione di accertamento negativo
dell’esistenza del credito, implicitamente (ed erroneamente,
ma inequivocabilmente) escludendo una sua diversa qualificazione, in termini di opposizione all’esecuzione.
Sicuri indici di siffatta qualificazione si rinvengono in plurimi
elementi emergenti dal contenuto della sentenza di primo
grado, e segnatamente:
a) in primo luogo, dalla espressa esclusione della legittimazione passiva dell’agente della riscossione, e cioè del soggetto
che, secondo la costante giurisprudenza di questa corte, quale
esclusivo titolare dell’azione esecutiva, è anche (l’unico) legitRic. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 4 di 13

del 23/12/2008, Rv. 606106 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26294

timato passivo necessario in tutte le opposizioni esecutive avanzate del debitore, essendo posto a suo carico l’onere di
chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove
siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque
che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile
1999 n.

16412 del

112 (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n.

30/10/2007,

Rv.

601121;

Sez.

5,

Sentenza

n.

476

del

11/01/2008,

Rv.

601637;

Sez.

5,

Sentenza

n.

369

del

12/01/2009, Rv. 606177; Sez. 5, Sentenza n. 15310 del
30/06/2009, Rv.

608590;

Sez.

5,

Sentenza

n.

2803 del

09/02/2010, Rv. 611404; Sez. 5, Sentenza n. 13082 del
15/06/2011, Rv. 617735; Sez. 5, Sentenza n.

14032 del

27/06/2011, Rv. 617650; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1532 del
02/02/2012, Rv. 621546; Sez. 5, Sentenza n. 16990 del
05/10/2012, Rv. 623836; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21220 del
28/11/2012, Rv. 624480; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10646 del
07/05/2013, Rv. 626290; Sez. 5, Sentenza n. 9762 del
07/05/2014, Rv. 630633; Sez. 5, Sentenza n. 10477 del
14/05/2014, Rv. 630892; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 97 del
08/01/2015, Rv. 634119; cfr. inoltre: Sez. 5, Sentenza n.
13331 del 29/05/2013; Sez. 5, Sentenza n. 12746 del
6/06/2014, Sez. 2, Sentenza n. 14125 del 11/07/2016, non
massimate);
b) in secondo luogo, dall’espressa affermazione, posta a fondamento dell’esclusione della legittimazione dell’agente della
riscossione, secondo cui l’oggetto della controversia non riguardava «vizi della procedura di riscossione» ma esclusivamente «l’esistenza dell’obbligazione portata nella cartella di
pagamento»;

c) in terzo luogo, dall’assoluta mancanza – in coerenza con i
precedenti assunti – di una decisione in ordine alla domanda
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25/07/2007, Rv. 598269; Sez. 5, Sentenza n. 22939 del

di accertamento dell’inesistenza del titolo esecutivo necessario
per procedere all’iscrizione della pretesa nei ruoli esattoriali, e
del diritto di procedere ad esecuzione forzata nelle forme della
riscossione coattiva;
d) infine, dalla stessa decisione finale in concreto espressamente adottata dal tribunale, che ha semplicemente dichiarato sussistente l’obbligo dello Zerbo di pagare gli importi indi-

all’esistenza o all’inesistenza di un titolo per l’iscrizione a ruolo
e/o di un titolo esecutivo, e senza alcun cenno all’esistenza o
all’inesistenza del diritto dell’agente della riscossione (o della
stessa amministrazione) di procedere ad esecuzione forzata
(recte: a riscossione coattiva mediante ruolo), decisione del

tutto incompatibile, come è evidente, con una qualificazione
della domanda in termini di opposizione all’esecuzione, ed esclusivamente coerente con la sua qualificazione, già del resto
espressa ai fini della legittimazione, in termini di mera azione
di accertamento (negativo) del credito vantato
dall’amministrazione.
In base alle ragioni appena richiamate, si deve affermare che
la domanda proposta dallo Zerbo è stata qualificata e trattata
dal giudice adito come mera azione di accertamento negativo
della pretesa creditoria dell’amministrazione, e che ne è stata
invece esclusa la qualificazione in termini di opposizione
all’esecuzione.
In base a tale qualificazione della domanda (del tutto erronea,
come meglio si vedrà, ma) inequivoca sul piano
dell’apparenza, il mezzo di impugnazione esperito dall’attore,
e cioè l’appello, risulta correttamente individuato.
2. Con il primo motivo si denunzia «Violazione dell’art. 360,
comma 1, n. 1, c.p.c. Violazione degli artt. 22 e 19, D.P.R.
10.1.1957 n. 3. Violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 cod.
civ.. Violazione dell’art. 103 Cost.».
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cati nella cartella di pagamento, senza alcun riferimento

Con il secondo motivo si denunzia «Violazione dell’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c. Violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909
cod. civ.. Violazione degli artt. 2 e 111 Cost.».

Con il quarto motivo si denunzia «Violazione dell’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c. per errata applicazione degli artt. 22 e
19 T.U. 10.2.1957 n. 3. Violazione dell’art. 103 Cost.».

Il primo, il secondo ed il quarto motivo, aventi ad oggetto il

ruolo, sono connessi e vanno esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati.
L’azione di rivalsa derivante dalla condanna in solido del funzionario e dell’amministrazione di appartenenza in favore del
terzo danneggiato dalla condotta illecita del primo è stata effettivamente, come dedotto dal ricorrente, già proposta e decisa nella sua sede propria ed esclusiva, e cioè in sede di giurisdizione contabile, ai sensi degli artt. 19 e 22 del Testo unico
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato (D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3).
L’art. 22 del T.U. appena indicato prevede infatti quanto segue: «L’impiegato che, nell’esercizio delle attribuzioni ad esso
conferite dalle leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un danno in giusto ai sensi dell’art. 23 è personalmente obbligato a
risarcirlo. L’azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l’azione diretta nei confronti
dell’Amministrazione qualora, in base alle norme ed ai principi
vigenti dell’ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. L’amministrazione che abbia risarcito il terzo
del danno cagionato dal dipendente si rivale agendo contro
quest’ultimo a norma degli articoli 18 e 19. Contro l’impiegato
addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici l’azione dell’Amministrazione è ammessa solo nel caso di
danni arrecati per dolo o colpa grave».

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merito della pretesa creditoria posta in riscossione a mezzo

E l’art. 19 del medesimo T.U. prevede quanto segue:
«L’impiegato, per la responsabilità di cui al precedente articolo, è sottoposto alla giurisdizione della Corte dei Conti nei modi previsti dalle leggi in materia. La Corte, valutate le singole
responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto il danno accertato o parte di esso».

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,

zione esclusiva della Corte dei Conti (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 4634 del 15/07/1988, Rv. 459521 – 01; Sez. U, Sentenza n. 10191 del 29/11/1994, Rv. 488895 – 01; Sez. U,
Sentenza n. 933 del 22/12/1999, Rv. 532462 – 01; Sez. U,
Sentenza n. 15288 del 04/12/2001, Rv. 550821 – 01), il che
esclude la possibilità per l’amministrazione di agire in regresso
contro il dipendente davanti al giudice ordinario.
Non è in contrasto con tale orientamento quello, altrettanto
consolidato, per cui in caso di reato, vi è concorrenza della
giurisdizione penale e civile, da un lato, e di quella contabile,
dall’altro, per quanto riguarda il risarcimento del conseguente
danno, anche se derivante dallo stesso fatto materiale, situazione che quindi non dà luogo ad una questione di giurisdizione ma solo di proponibilità della domanda davanti alla Corte
dei Conti (Cass., Sez. U, Sentenza n. 26582 del 28/11/2013,
Rv. 628611 – 01; Sez. U, Ordinanza n. 11 del 04/01/2012,
Rv. 621202 – 01; Sez. U, Ordinanza n. 6581 del 24/03/2006,
Rv. 587422 – 01; Sez. U, Ordinanza n. 20343 del
21/10/2005, Rv. 583669 – 01; Sez. U, Sentenza n. 22277 del
26/11/2004, Rv. 578129 – 01). Tale ultimo orientamento riguarda infatti esclusivamente le conseguenze dei fatti costituenti reato ed il risarcimento dovuto all’amministrazione per i
danni direttamente ad essa causati dal funzionario in virtù di
tali fatti di rilievo penale, specie in caso di costituzione di parte civile nel processo penale, ma non l’azione di rivalsa nel caRic. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 8 di 13

sull’azione di rivalsa prevista dall’art. 22 sussiste la giurisdi-

so di condanna in solido di amministrazione e funzionario per i
danni causati a terzi.
Nella specie, è pacifico che la rivalsa è stata regolarmente esercitata in sede di giurisdizione contabile, che la Corte dei
Conti, ai sensi dell’art. 19 del T.U. n. 3 del 1957, ha posto a
carico dello Zerbo solo una parte del danno accertato, che su
detta decisione si è formato il giudicato e che il relativo impor-

non ha alcun titolo per esercitare ulteriormente il regresso.
Pertanto la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel
merito, va dichiarata l’inesistenza della pretesa creditoria fatta
valere dal Ministero della Giustizia tramite l’agente della riscossione, mediante illegittima iscrizione a ruolo, e posta a
base della cartella di pagamento opposta.
3. Con il terzo motivo si denunzia «Violazione dell’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli
artt. 12 del D.P.R. 29.9.1973 n. 602 e 17, D.Lgs. 26.2.1999 n.
46. Violazione dell’art. 112 c.p.c.».

Con il terzo motivo vengono poste due questioni distinte, ma
connesse: quella della sussistenza della legittimazione passiva
dell’agente della riscossione, “estromesso” dal giudizio di primo grado per il suo ritenuto difetto di legittimazione passiva,
e quella della sussistenza di un titolo legittimante l’iscrizione a
ruolo della pretesa creditoria dell’amministrazione, e quindi
della sussistenza di un valido titolo esecutivo a fondamento
dell’esecuzione forzata (nelle forme della riscossione coattiva)
minacciata con la cartella di pagamento opposta (questione in
relazione alla quale è dedotta omissione di pronuncia).
Per il primo aspetto esso è fondato, per quanto di ragione,
mentre il secondo aspetto resta di fatto assorbito in conseguenza dell’accoglimento degli altri motivi del ricorso.
3.1 È necessario premettere che lo Zerbo aveva certamente

proposto una opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615
Ric. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 9 di 13

to è stato corrisposto all’amministrazione, onde quest’ultima

c.p.c., con riguardo alla cartella di pagamento notificatagli
dall’agente della riscossione (all’epoca ancora denominato
concessionario del servizio di riscossione), avendo posto in discussione il diritto dell’agente stesso di procedere ad esecuzione forzata (nelle forme della riscossione coattiva a mezzo
ruolo) per il relativo credito, oltre che il fondamento della
stessa pretesa sostanziale.

re esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti
esattoriali, esso è da ritenersi l’unico legittimato passivo necessario in tutte le opposizioni esecutive avanzate del debitore
(sul punto si fa rinvio alle pronunzie richiamate nel precedente
paragrafo 1).
La sentenza impugnata non è pertanto conforme a diritto,
laddove ha negato la legittimazione passiva dell’agente con riguardo all’opposizione proposta dallo Zerbo.
Ciò nonostante, non si pone nella specie alcun problema di integrità del contraddittorio, in quanto il predetto agente è stato
parte del giudizio di merito ed è stato regolarmente evocato
anche nel presente giudizio di legittimità.
Del resto, tanto nella sentenza impugnata quanto nel ricorso,
la questione viene correttamente posta in realtà proprio sotto
il profilo della legittimazione passiva del concessionario della
riscossione, la cui “estromissione” è stata fondata sul difetto
di detta legittimazione.
Dunque, va escluso che si possa trattare di una ipotesi riconducibile all’art. 354 c.p.c., in base al principio costantemente
affermato da questa Corte, per cui «la pronuncia con la quale
il giudice di primo grado “estrometta dal giudizio” uno dei
convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, nonostante l’improprietà della formula adottata, una
statuizione di rigetto della domanda, per difetto di una condizione dell’azione; ne consegue che il giudice di appello, che riRic. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 10 di 13

E poiché l’agente della riscossione, come già chiarito, è titola-

tenga non corretta detta pronuncia, deve trattenere la causa e
giudicare nel merito, non ricorrendo ipotesi di rimessione al
primo giudice, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.» (Cass.,
Sez. 2, Sentenza n. 13766 del 22/07/2004, Rv. 574867 – 01;
conf.: Sez. 3, Sentenza n. 8693 del 29/04/2015, Rv. 635078
– 01)
In altri termini, la corte di appello – pur se avesse riconosciu-

della riscossione – non avrebbe potuto rimettere la causa al
primo giudice, ma avrebbe dovuto comunque deciderla nel
merito (come ha fatto), dal momento che l’agente era stato
parte del giudizio primo grado ed era anche parte del giudizio
di appello, e quindi non vi era alcun difetto di integrità del
contraddittorio.
Ne consegue che alla cassazione della pronunzia impugnata
sul punto deve semplicemente seguire, quale decisione nel
merito, l’affermazione della legittimazione passiva dell’agente
della riscossione, ma senza necessità di integrale rinnovazione
del giudizio di merito per difetto di integrità del contraddittorio.
3.2 La seconda questione posta con il motivo di ricorso in esame riguarda l’insussistenza di un valido titolo esecutivo, e
più precisamente la contestazione dell’esistenza di un titolo
che legittimasse l’iscrizione a ruolo della pretesa creditoria
della pubblica amministrazione. Il ricorrente lamenta omessa
pronunzia su tale motivo di opposizione, avanzato con l’atto
introduttivo del giudizio di primo grado e reiterato in sede di
gravame.
Orbene, essendo stata esclusa la sussistenza sul piano sostanziale della stessa pretesa creditoria sottostante, il diritto
dell’agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata nelle forme della riscossione a mezzo ruolo (e ovviamente,
in generale, lo stesso diritto di procedere ad esecuzione forzaRic. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 11 di 13

to, come avrebbe dovuto, la legittimazione passiva dell’agente

ta dell’ente preteso creditore), per detta pretesa, resta a
maggior ragione anch’esso radicalmente escluso, e ciò a prescindere dall’esistenza di un formale titolo per l’iscrizione a
ruolo.
Dunque il motivo di ricorso in esame, per questo aspetto, è
assorbito in conseguenza dell’accoglimento degli altri.
Solo a titolo di completezza espositiva si può comunque os-

tesa dell’amministrazione non sussisteva affatto e che effettivamente i giudici di merito hanno omesso di pronunziarsi sul
relativo motivo di opposizione.
Ai sensi degli artt. 17 e 21 del decreto legislativo 26 febbraio
1999 n. 46, infatti, per la riscossione coattiva mediante ruolo
delle entrate patrimoniali dello Stato che hanno causa in rapporti di diritto privato (come certamente deve ritenersi nella
specie, dal momento che si tratta sostanzialmente di una azione di regresso tra coobbligati solidali, fondata sul principio
di cui all’art. 1299 c.c.) occorre che si tratti di obbligazioni risultanti da un titolo avente efficacia esecutiva, a meno che sia
diversamente disposto da particolari disposizioni di legge (disposizioni nella specie non sussistenti, e comunque non indicate).
E nella specie il titolo avente efficacia esecutiva nei confronti
dello Zerbo certamente non esisteva, in quanto la pretesa
creditoria dell’amministrazione nei suoi confronti (pretesa in
verità addirittura del tutto insussistente sul piano sostanziale,
come fin qui ripetutamente osservato) non era consacrata in
alcun provvedimento di condanna o in alcun altro titolo dotato
di efficacia esecutiva (tali non potendo ritenersi né la sentenza
che aveva condannato in solido il funzionario e
l’amministrazione di appartenenza a risarcire il danno subito
dal terzo, né la pronunzia di condanna in rivalsa della Corte
dei Conti, che era stata già integralmente adempiuta).
Ric. n. 2685/2015 – Sez. 3 – Ad. 12 ottobre 2017 – Ordinanza – Pagina 12 di 13

servare che in realtà il titolo per l’iscrizione a ruolo della pre-

4. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata e, decidendo nel merito, è dichiarata l’inesistenza del diritto dell’agente della riscossione di procedere alla riscossione
coattiva a mezzo ruolo in virtù del credito fatto valere, nonché
l’inesistenza del credito stesso.
In considerazione della peculiarità della vicenda, sostanziale e
processuale, nonché dell’incertezza interpretativa in ordine al-

tivi tali da giustificare la integrale compensazione delle spese
dell’intero giudizio tra le parti.
per questi motivi
La Corte:
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
accoglie l’opposizione proposta dallo Zerbo, dichiarando
l’inesistenza del diritto dell’agente della riscossione di
procedere alla riscossione coattiva a mezzo ruolo in virtù del credito fatto valere, nonché l’inesistenza del credito stesso;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese
dell’intero processo.
Così deciso in Roma, in data 12 ottobre 2017.

le questioni giuridiche trattate, la Corte ritiene sussistere mo-

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