Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3066 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 10/02/2020), n.3066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5110-2014 proposto da:

– MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, MINISTERO ECONOMIA

FINANZE C.F. (OMISSIS), in persona dei rispettivi Ministri pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende

ope legis;

– ricorrenti –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA DAMIZIA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 276/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/7/2013, R.G.N. 707/2010.

Fatto

RILEVATO

1 che, con sentenza del 20 agosto 2013, la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia e accoglieva la domanda proposta da B.A. nei confronti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto il riconoscimento nell’ambito della RIA (retribuzione individuale di anzianità) del premio di esercizio in godimento presso le Ferrovie dello Stato, da attribuirsi quale assegno ad personam non riassorbibile;

2 che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di prescrizione del credito retributivo azionato e fondata nel merito la pretesa per essere il premio di esercizio percepito dal B. alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato parte integrante del trattamento economico fondamentale (e non accessorio come sostenuto dai Ministeri convenuti) in godimento e, pertanto, tale da essere tenuto in considerazione in sede di comparazione del trattamento economico tra l’ente di provenienza e l’amministrazione di destinazione e, ove idoneo a determinare una differenza a vantaggio del lavoratore, da assumere rilievo, D.P.C.M. n. 325 del 1988, ex art. 5, ai fini dell’attribuzione ad personam di quella differenza al dipendente trasferito, risultando altresì cumulabile con l’indennità di amministrazione prevista dal CCNL per il compatto Ministeri successivamente al trasferimento;

3 che per la cassazione di tale decisione ricorrono sia il MIBAC che il MEF, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il B..

Diritto

CONSIDERATO

4 che, con l’unico motivo, i Ministeri ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, artt. 3, commi 57 e 58 e D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5 lamentano la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale per essere il premio di esercizio, da qualificarsi comunque come emolumento accessorio e non parte del trattamento economico fondamentale, non cumulabile, L. n. 537 del 1993, ex art. 3, commi 57 e 58, con indennità fisse e continuative tra le quali va inclusa anche l’indennità di amministrazione riconosciuta al B. successivamente al trasferimento nell’ambito del rapporto con l’amministrazione di destinazione ed in ogni caso non avendo il B. diritto alla conservazione dell’emolumento in sè bensì solo dell’importo che, tenuto conto di quell’emolumento nel trattamento economico in godimento presso l’ente di provenienza, residui a vantaggio del lavoratore dal raffronto con il trattamento economico spettante presso l’amministrazione di destinazione;

5 che appare preliminarmente opportuno precisare il thema decidendum sottoposto al vaglio di questa Corte riportandosi alle conclusioni formulate nel ricorso in riassunzione depositato innanzi al Tribunale di Venezia a seguito della pronunzia di inammissibilità per difetto di giurisdizione resa dal TAR del Lazio innanzi al quale il B. aveva originariamente proposto ricorso;

6 che con il predetto ricorso il B., transitato a seguito di mobilità volontaria al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (da ora MIBAC), proveniente dall’Ente Ferrovie dello Stato, in data 4.4.1992, chiedeva dichiararsi l’illegittimità del D. Dirig. 1 aprile 1999, prot. N. 3/278 del MIBAC nella parte in cui disponeva che, a far data dall’1.1.1996, in ragione dell’entrata in vigore del CCNL approvato con provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 3.3.1995, ed in particolare dell’art. 34, comma 2, lett. A, istitutivo dell’indennità di amministrazione, con quella decorrenza corrisposta anche al B., trovasse applicazione rispetto all’assegno ad personam riconosciuto al medesimo dal MIBAC, con decorrenza 1.6.1992, a titolo di retribuzione individuale all’atto del collocamento in ruolo, a motivo della differenza emersa a vantaggio del dipendente fra il trattamento economico in godimento presso l’Ente di provenienza, comprensivo dell’emolumento denominato “premio di esercizio”, previsto dall’art. 41 del CCNL per il personale delle Ferrovie dello Stato, il divieto di cumulo sancito dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58, con indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eccedente e, dunque, come precisava lo stesso B. nelle conclusioni allora rassegnate nella parte in cui il predetto D. Dirig. imponeva di non corrispondere, successivamente all’1.1.1996, il predetto assegno ad personam nella misura corrispondente al premio di esercizio in godimento presso le Ferrovie dello Stato, motivando la pretesa anche in relazione alla circostanza che lo stesso B. non percepiva alcuna indennità avente i requisiti indicati dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58;

7 che, a tale stregua, si deve ritenere essere stati i giudici del merito chiamati a pronunziarsi sulla legittimità del riassorbimento disposto dal MIBAC, a decorrere dall’1.1.1996, dell’importo relativo all’assegno ad personam, comprensivo delle somme percepite a titolo di premio di esercizio presso le Ferrovie dello Stato, riconosciuto al B. all’atto del collocamento in ruolo, a seguito di mobilità volontaria, nella misura corrispondente all’entità dell’indennità di amministrazione corrisposta al B. a decorrere dalla predetta data;

8 che a tale conclusione si perviene non avendo l’odierno ricorrente sollevato rilievo alcuno in ordine alla correttezza di quanto disposto dal MIBAC in sede di determinazione dell’assegno ad personam spettante all’atto del collocamento in ruolo con decorrenza 4.4.1992, dovendosi, pertanto, ritenere che in quella sede l’entità del trattamento economico percepito dal B. presso le Ferrovie dello Stato, da mettere a confronto con il trattamento spettante presso l’amministrazione di destinazione, in modo che, risultandone una differenza, questa fosse inclusa in un assegno ad personam da attribuirsi al dipendente ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2, recante le procedure per l’attuazione del principio di mobilità nella pubblica amministrazione, fosse comprensivo dell’importo corrisposto a titolo di premio di esercizio;

9 che, in punto riassorbibilità dell’assegno ad personam a fronte del sopravvenire di aumenti retributivi presso l’amministrazione di destinazione, il regime inizialmente previsto dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202 (c.d. Testo unico sugli impiegati civili dello Stato) per il quale “Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti per la progressione di carriera anche se semplicemente economica” risulta sostituito dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, secondo cui nei casi di passaggio di carriera di cui al testo unico approvato con D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202 e alle altre analoghe disposizioni “al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione”;

10 che, peraltro, lo stesso art. 3, sanciva al successivo comma 58, che l’assegno personale di cui al comma 57 non è cumulabile con le indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili, spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eccedente;

11 che tale ultima previsione deve ritenersi tale da introdurre una condizione limitativa del beneficio della non riassorbibilità dell’assegno ad personam riconosciuto al comma precedente, la L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, a modifica del regime previgente di cui al D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202 condizione la cui operatività risulta, a tenore della previsione medesima, subordinata al caratterizzarsi delle voci retributive sopravvenute a comporre il trattamento economico spettante presso l’amministrazione di destinazione, come indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili;

12 che, a fronte del diniego da parte del ricorrente dell’intervento di una simile evenienza alla data del 1.1.1996, ovvero di non aver percepito alcuna ulteriore indennità alla predetta data, allorchè, viceversa, al medesimo, come a tutti i dipendenti del MIBAC, è stata riconosciuta l’indennità di amministrazione di nuova istituzione, in relazione alla quale tanto il MIBAC quanto il Ministero dell’Economia e delle Finanze, convenuti in giudizio, hanno, sin dal primo grado, motivato l’adozione del D. Dirig. che ne sanciva la non cumulabilità con l’assegno ad personam in godimento al ricorrente, non ha fatto seguito alcun pronunciamento da parte della Corte territoriale circa la configurabilità dell’indennità di amministrazione quale indennità fissa e continuativa (cfr. Cass. SS. UU. 13.7.2005, n. 14698) la cui erogazione era, dunque, suscettibile di legittimare la disposta operatività della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58, e quindi la disposta non cumulabilità, del resto, come si è sopra rilevato, oggetto specifico della domanda giudiziale di cui al ricorso introduttivo (così testualmente formulata “Accertare e dichiarare l’illegittimità del D. Dirig. 1 aprile 1999, n. 3/278, nella parte in cui disposhe che l’assegno “ad personam” non è cumulabile, ai sensi della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58, con indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili, spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eccedente…”), sicchè la decisione della Corte territoriale, non fondata sui richiamati riferimenti normativi e carente della pronunzia sulla ricorrenza dei relativi presupposti, risulta illegittimamente assunta;

13 che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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