Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3065 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 10/02/2020), n.3065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23114-2014 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA DI CIRCOLO DI MELEGNANO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE DEI MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMILIANO SILVETTI, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati ORAZIO SALVATORE SAVIA, BRUNO DE CICCIO;

– ricorrente –

contro

C.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 74/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/04/2014 r.g.n. 2102/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 23 gennaio – 1 aprile 2014 n. 74 la Corte d’appello di Milano riformava la sentenza del Tribunale di Lodi e, per l’effetto, accoglieva la domanda proposta da C.E. nei confronti della AZIENDA OSPEDALIERA DI CIRCOLO DI MELEGNANO (in prosieguo: AZIENDA OSPEDALIERA) per il risarcimento del danno subito a seguito della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato inter partes in data 15 maggio 2008, oggetto di proroga del 22.5.2009; quantificava il danno in quattro mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre interessi.

2.Preliminarmente la Corte territoriale dichiarava inammissibile l’appello incidentale dell’AZIENDA OSPEDALIERA, per l’accertamento della legittimità del termine apposto al contratto, rilevando che il Tribunale aveva rigettato il ricorso del C. e che l’impugnazione incidentale si risolveva nella richiesta di rigetto dell’appello principale.

3.L’appello principale del lavoratore era invece fondato in punto di rigetto della domanda risarcitoria nonostante la accertata illegittimità della apposizione del termine (per mancata specificazione della causale).

4.Sotto il profilo dell’abuso derivante dalla successione di contratti a termine, rilevante per il diritto comunitario, andava sottolineato che al contratto a termine iniziale aveva fatto seguito una proroga, la cui legittimità veniva travolta dalla illegittimità del termine iniziale.

5.Pertanto, pur non avendo la parte indicato alcun elemento di fatto specifico per parametrare il danno, doveva essergli riconosciuta una misura compensativa dell’abuso, da quantificare in quattro mensilità di retribuzione.

6.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la AZIENDA OSPEDALIERA, articolato in due motivi, cui l’intimato non ha opposto difese.

7. La AZIENDA OSPEDALIERA ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.con il primo motivo la AZIENDA OSPEDALIERA ha dedotto omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza impugnata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 – in punto di accertamento della illegittimità del termine.

2.Ha evidenziato la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, pur confermando la dichiarazione di illegittimità del termine, affermava che la sentenza di primo grado doveva essere integralmente riformata.

3.Ha dedotto l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza sull’accertamento della illegittimità del termine, per mancata indicazione delle ragioni della ritenuta illegittimità. Ha affermato che la mancata indicazione nel contratto della causale del termine non teneva conto della specialità della disciplina applicabile nel pubblico impiego privatizzato.

4.11 motivo è inammissibile.

5.Esso non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non si è pronunciata sulla illegittimità del termine perchè ha ritenuto inammissibile l’appello incidentale proposto dalla AZIENDA OSPEDALIERA avverso la statuizione resa sul punto dal Tribunale.

6.Definito in rito l’appello incidentale della AZIENDA OSPEDALIERA, la Corte territoriale ha esaminato soltanto l’appello principale del lavoratore, relativo al rigetto della domanda risarcitoria.

7.La pronuncia di inammissibilità dell’appello incidentale non è stata invece censurata in questa sede.

8.Con il secondo motivo di ricorso la AZIENDA OSPEDALIERA ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione delle norme relative al risarcimento del danno.

9.Ha dedotto la violazione dei principi relativi all’onere di allegazione e di prova, a carico del lavoratore, del danno subito per effetto della nullità del termine apposto al contratto di lavoro e la inapplicabilità della clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE nelle fattispecie di conclusione di un unico contratto a tempo determinato, come nella vicenda di causa.

10. Il motivo è infondato.

11. Le Sezioni Unite questa Corte, nell’arresto del 15/03/2016 n. 5072, con riferimento alla norma contenuta nel T.U. n. 165 del 2001, art. 36, hanno enunciato il principio secondo cui nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione l’efficacia dissuasiva richiesta dalla clausola 5 dell’Accordo quadro recepito nella direttiva 1999/70/CE postula una disciplina agevolatrice e di favore, che consenta al lavoratore che abbia patito la reiterazione di contratti a termine di avvalersi di una presunzione di legge circa l’ammontare del danno. Dando atto che il pregiudizio è normalmente correlato alla perdita di chances di altre occasioni di lavoro stabile – (e non alla mancata conversione del rapporto, esclusa per legge con norma conforme sia ai parametri costituzionali che a quelli comunitari) – le Sezioni Unite hanno rinvenuto nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, una disposizione idonea allo scopo, nella misura in cui, prevedendo un risarcimento predeterminato tra un minimo ed un massimo, esonera il lavoratore dall’onere della prova, fermo restando il suo diritto di provare di aver subito danni ulteriori.

12. Questa Corte in epoca successiva al suddetto arresto ha precisato (Cassazione civile sez. lav., 02/03/2017, n. 5319; Cassazione civile sez. VI, 20/07/2018, n. 19454) che nel lavoro pubblico contrattualizzato il ricorso alla disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, al fine di agevolare l’onere probatorio del danno conseguente all’illegittima reiterazione di rapporti a termine, si giustifica con la necessità di garantire efficacia dissuasiva alla clausola 5 dell’Accordo quadro, allegato alla direttiva 1999/70/CE, che concerne la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine e che, pertanto, la presunzione non può trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’illegittimità concerna l’apposizione del termine ad un unico contratto di lavoro.

13. Da tale ipotesi va tuttavia distinto il caso in cui siano intervenute una o più proroghe del termine illegittimo apposto all’unico contratto di lavoro, come pure chiarito da questa Corte (Cass. sez. lav. 28 febbraio 2017 n. 5229; sez. lav. 13/03/2017, n. 6413; sez. VI n. 23945/2018).

14. La illegittimità del termine originario determina infatti ex se, indipendentemente da ulteriori verifiche, la illegittimità della proroga, in questo essa trova la sua causa nella attribuzione di ulteriori effetti nel tempo ad un termine invalido.

15. La proroga costituisce, dunque, una condotta successiva che reitera la illegittimità della iniziale apposizione del termine; sotto il profilo comunitario si qualifica, pertanto, come abusiva successione dell’utilizzo del contratto a termine, sanzionata dalla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.

16. Ne deriva che in caso di illegittimità del termine originario apposto al contratto di lavoro concluso con la pubblica amministrazione ove il termine illegittimo venga prorogato il lavoratore che propone la azione risarcitoria D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 36 è assistito dalla presunzione di danno (in relazione alla perdita di chances di altre occasioni di lavoro stabile) codificata dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, per il lavoro privato, ferma restando la sua possibilità di provare, assumendone il relativo onere, di avere subito danni ulteriori.

17. La Corte territoriale si è conformata a tale principio evidenziando, sotto il profilo dell’abuso di cui alla clausola 5, che al contratto aveva fatto seguito una proroga, la cui pretesa legittimità era travolta dall’illegittimità del termine originario apposto al contratto.

18. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

19. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, per la mancata costituzione della parte intimata.

20. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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