Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30649 del 20/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30649 Anno 2017
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: DI MARZIO MAURO

sul ricorso 17138-2016 proposto da:
GLOBO SPA, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,
presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANIA DAL
CERO, FRANCO MARIGH ELLA, SERGIO DAL CERO;

ricorrente

contro
FALLIMENTO F.LLI BIANCHI SNC, in persona del Curatore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FONTANELLA
BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
VOLTAGGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI
BONOMI;

con troricorrente

avverso la sentenza n. 132/2016 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 18/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 07/11/2017 dal Consigliere Dott. MAURO
DI MARZIO.

RILEVATO CHE

Data pubblicazione: 20/12/2017

1. — Con sentenza del 18 gennaio 2016 la Corte d’appello di
Milano ha respinto l’appello proposto da Globo S.p.A. nei
confronti del Fallimento F.11i Bianchi S.n.c. contro la sentenza
con cui il Tribunale di Varese aveva accolto la revocatoria
fallimentare di un pagamento effettuato dalla società in bonis

2. — Per la cassazione della sentenza Globo S.p.A. ha proposto
ricorso affidato a cinque motivi illustrati da memoria.
Il Fallimento ha resistito con controricorso, deducendo
anzitutto l’inammissibilità dell’impugnazione.

CONSIDERATO CHE

3. — Il primo motivo denuncia: «Error in procedendo ex
articolo 360 numero 4 c.p.c. in relazione all’articolo 112 c.p.c.,
132 numero 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., articolo 111 Cost..
Omessa pronuncia in punto di erroneità della ricostruzione del
fatto da parte del giudice di prime cure»,

censurando la

sentenza impugnata per aver totalmente negletto di
considerare e perfino di enunciare talune significative
circostanze di fatto puntualmente esposte e documentate da
Globo S.p.A. nell’atto di appello, ampi stralci del quale sono
stati trascritti nel corpo del motivo.
Il secondo motivo denuncia: «Error in procedendo ex articolo
360 numero 4 c.p.c. in relazione all’articolo 112 c.p.c., 132
numero 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., articolo 111 Cost..
Motivazione meramente apparente. Omessa pronuncia»,

censurando la sentenza impugnata perché basata su una
ricostruzione dei fatti totalmente carente e perciò errata, e con
una valutazione delle prove del tutto contraria ai criteri di

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in favore di Globo S.p.A. per l’importo di C 50.965,17.

legge, secondo quanto risultante già dalla comparsa
conclusionale depositata in appello, ampi stralci della quale
sono stati trascritti nel corpo del motivo.
Il terzo motivo denuncia: «Violazione degli articoli 2697 c.c. e
67 legge fallimentare; degli articoli 116, 112 e 134 c.p.c.

fallimentare»,

censurando la sentenza impugnata perché

emessa in violazione dei principi dell’onere e della valutazione
della prova, essendosi d’altronde la Corte territoriale limitata a
ribadire il tenore della sentenza di primo grado senza valutare
ed argomentare in ordine alle doglianze proposte, secondo
quanto già affermato nella citazione in appello, nuovamente
trascritta in ampi stralci nel corpo del motivo.
Il quarto motivo denuncia:

«Violazione e falsa applicazione

dell’articolo 116 c.p.c. in relazione all’articolo 67 legge
fallimentare. Motivazione meramente apparente», censurando

la sentenza impugnata per aver ritenuto la consapevolezza
della situazione di insolvenza da parte di Globo S.p.A..
Il quinto motivo è svolto sotto la rubrica: «In punto di rigetto
delle istanze istruttorie subordinate di Globo. Violazione degli
articoli 112 e 134 c.p.c. per motivazione meramente
apparente. Violazione degli articoli 111 Cost. nonché 115, 116
e 210 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata nella parte

concernente il diniego di ammissione di mezzi istruttori dedotti
dalla società appellante.

RITENUTO CHE

4. — Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di
motivazione semplificata.

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anche in coordinato disposto con l’articolo 67 legge

5. — Il ricorso è inammissibile, giacché tutto versato in fatto e,
al di là delle norme richiamate in rubrica, delle quali subito
dopo si dirà, volto a sottoporre a questa Corte,
inammissibilmente, una nuova valutazione del merito della
controversia, e tutt’al più uno scrutinio della congruità della

limiti posti dal vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c.,
d’altronde nel caso di -specie inapplicabile ai sensi dell’articolo
348 ter, quinto comma, c.p.c., avendo la Corte d’appello risolto
le questioni di fatto nel medesimo senso della sentenza di
primo grado.
In particolare, non sussiste la violazione dell’articolo 112 c.p.c.
dedotta con tutti i motivi eccezion fatta per il quarto.
Ed infatti, principio della corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla
parte un bene non richiesto o comunque di emettere una
statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di ,
merito.
In giurisprudenza è stato in tal senso più volte affermato che il
principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve
ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel
potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi
obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando
ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e
non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella
domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum,
rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo
diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio
dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato,
oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni

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motivazione addotta dalla Corte d’appello, in violazione dei

estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo
un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato
dalla parte a ‘sostegno della domanda (Cass. 19„giugno 2004,
n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Casse 11 gennaio
2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868).

pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione
del giudice, ma è necessario che sia stato completamente
omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla
soluzione -del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare,
quando la decisione adottata comporti la reiezione della
pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito
una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311;
Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015,
n. 17956).
Il vizio di omessa pronuncia, d’altronde, non è prospettabile in
relazione a domande diverse da quelle di merito. Il mancato
esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una
questione puramente processuale — infatti — non può dare
luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con
riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a
causa autonoma di nullità della sentenza (Cass. 14 ottobre
2014, n. 21424).
Viceversa, l’omesso esame di un argomento difensivo spiegato
da una delle parti si colloca non già dal versante
dell’osservanza dell’articolo 112 c.p.c., bensì da quello del
rispetto dell’obbligo motivazionale: riguardo al quale trova
applicazione il ribadito principio secondo cui al fine di assolvere
l’onere di adeguatezza della moti’vazione, il giudice di appéllo
non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti,

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Va da sé che ad integrare gli estremi del vizio di omessa

essendo necessario e sufficiente che egli esponga
concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere
implicitamente rigettate tutte .le argomentazioni logicamente
incompatibili con esse (Cass. 2 dicembre 2014, n. 25509;
Cass. 20 novembre 2009, n. 24542).

è configurabile allorché manchi completamente l’esame di una
censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre
nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una
– costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda
– (Cass. 14 gennaio 2015, n. 452; Cass. 25 settembre 2012, n.
16254).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha ritenuto: a) che il
pagamento in discorso era stato reso in pendenza della
procedura prefallimentare a tacitazione di una pretesa
creditoria per la quale la stessa Globo S.p.A. aveva proposto
l’istanza di fallimento, e, se pure la data del 2 aprile 2008 non
corrispondeva a quella nella quale il pagamento era stato
effettuato, l’atto soggetto a revocatoria era stato
correttamente individuato e rientrava- in ogni caso nell’ambito
di operatività temporale dell’articolo 67 della legge
fallimentare; b) che non aveva ricevuto alcuna positiva
dimostrazione la circostanza della provenienza della provvista
degli assegni dati in pagamento da terzi rispetto alla
disponibilità della società e dei soci, pagamento esattamente
individuato; c) che sussisteva il requisito soggettivo desumibile
dall’istanza di fallimento presentata dalla stessa creditrice,
senza che assumesse rilievo la circostanza che il Tribunale
avesse autorizzato il ritiro degli -effetti messi disposizione
della società fallenda a tacítazione del credito, giacché in tal

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Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello, poi,

modo il giudice non aveva escluso l’insolvenza della società,
ma, in assenza della possibilità di una dichiarazione d’ufficio,
aveva preso atto delle trattative tra le parti; d) che la
ricostruzione del fatto operata sia in primo che in secondo
grado rendeva superflua ogni ulteriore p’roduzione documentale

sulle quali i testi avrebbero dovuto rispondere erano
documentali e come tali non richiedevano l’effettuazione di
alcun altro incombente istruttorio.
Neppure sussiste

la violazione dell’articolo

116 c.p.c.

denunciata col terzo-i. quarto e quinto motivo, né quella
dell’articolo 115 c.p.c. denunciata con l’ultimo motivo.
Ed infatti, quanto al principio della valutazione delle prove
secondo il prudente apprezzamento del giudice, sancito
nell’art. 116 c.p.c., la violazione della norma, e la sua censura
ai sensi del n. 4 dell’art. 360, è concepibile solo: a) se il giudice
di merito valuta una determinata prova, ed in genere una
risultanza probatoria per la qu-ale l’ordinamento non prevede
uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente
apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso
valore, oppure un valore che il legislatore prevede per una
diversa risultanza probatoria; b)- se il giudice di merito dichiara
di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o
risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando
e quindi violando la norma in discorso; la circostanza che il
giudice,

invece,

abbia

male

esercitato

il

prudente

apprezzamento della prova è censurabile solamente sub specie
di vizio di motivazione (Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965;
Cass. 18 settembre 2009, n. 20112)) k.2,.
,5
3

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L

,

e, con riguardo alle testimonianze, che tutte le circostanze

Al di fuori di tali ipotesi, affinché sia rispettata la prescrizione
desumibile dal combinato disposto dell’articolo 132 n. 4 e degli
articoli 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di
dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove
prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli,

decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a
suffragarla. ovvero la carenza di esse) in quest’ottica, in tema
di valutazione delle risultanze probatorle in base al principio del
libero convincimento del giudice, la violazione degli articoli 115
e-116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione,
nei limiti’ del vizio di motivazione di cui all’articolo 360, primo
comma, numero 5, c.p.c., e deve emergere direttamente dalla
lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa,
inammissibile in sede di legittimità (Cass. 20 giugno 2006, n.
14267; Cass. 30 novembre 2016, n. 24434): vizio
motivazionale in questo caso non deducibilt ai sensi del citato
ultimo comma dell’articolo 348 ter c.p.c..
Non sussiste la violazione dell’articolo 132, numero 4, c.p.c.
denunciata con tutti i motivi tranne il quarto (dovendosi
ritenere riferito a detta norma il richiamo all’articolo 134 c.p.c.,
che riguarda la forma, contenuto e comunicazione
dell’ordinanza, effettuato nel terzo e quinto motivo), in
relazione al pure richiamato articolo 118 disp. att. c.p.c.,
nonché all’articolo 111 della Costituzione, anch’esso invocato
con riferimento all’assunto della mancanza di motivazione della
sentenza impugnata.
Ed invero, oltre a • quanto già detto, merita aggiungere che
affinché sia integrato il vizio di «mancanza della motivazione»
agli effetti di cui all’articolo 132, n. 4, c.p.c., occorre che la

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ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata

motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa
dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del
processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna
argomentazione, ovvero che essa formalmente esista come
parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in

individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del
decisum (Cass. 18 settembre 2009, n. 20112), ricorrendo in

questa seconda ipotesi il vizio della motivazione meramente
apparente. La motivazione, in particolare, è solo apparente, e
la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo,
quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia,
percepibile il fondamento della decisione, perché recante
argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio
convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito
di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass.,
Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232).
Sicché risulta manifesto che la denuncia di violazione del
numero 4 dell’articolo 132 c.p.c. è in questo caso del tutto fuor
d’opera, avuto riguardo alla motivazione della sentenza
impugnata di cui si è in precedenza dato conto.
Non ricorre la violazione dell’articolo 2967 c.p.c. dedotta col
terzo motivo.
Ed infatti, la doglianza relativa alla violazione del precetto di
cui all’articolo 2697 c.c., la quale dà luogo a violazione di
legge, è configurabile soltanto nell’ipotesi in il giudice abbia
attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che
ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma (il
che nel caso di specie non ha neppure dedotto), mentre la

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modo talmente contraddittorio da non permettere di

censura che investe la valutazione, attività regolata, invece,
dagli articoli 115 e 116 c.p.c. (disposizioni delle quali si è già
‘ detto), può essere fatta valere ai sensi del numero 5 del
medesimo art. 360 (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107),
disposizione come si è già detto inapplicabile in questo caso.

Condivide infatti il collegio il principio secondo cui il
provvedimento di cui all’articolo 210 c.p.c. è espressione di una
facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del
giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le
_ quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui
mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso
per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di
motivazione (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22196).

6. — Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i
presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute
per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C
5100,00, di cui C 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella
misura del 15% e quant’altro dovuto per legge, dichiarando ai
sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.p.r. numero 115
del 2002, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte,, della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2017.

Non sussiste infine la violazione dell’articolo 210 c.p.c..

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