Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30642 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 27/11/2018), n.30642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso- 23549-2017 proposto da:

F.D. in proprio e quale erede di M.E.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE n. 39/A, presso lo

studio dell’avvocato EDMONDO TOMASELLI che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MI.CA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIOCIARIA n. 16,

presso lo studio dell’avvocato MONICA DE PASCALI, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4047/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da F.D. (nella qualità di erede della deceduta M.E.) la sentenza n. 23549/2017 della Corte di Appello di Roma con ricorso fondato su un motivo e resistito con controricorso della parte intimata.

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale ha rigettato l’appello interposto dalla odierna parte ricorrente avverso la sentenza del Tribunal di Roma n. 22524/2013.

Quest’ultima, accogliendo la domanda dell’odierno contro ricorrente, aveva condannato la succitata M. alla pagamento in favore del MI.Ca. della somma di Euro 70milioni, oltre interessi e spese processuali, a titolo ri restituzione di quanto dovuto a seguito della dazione di prestito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Col motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione degli: artt. 2967 e 1813 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente deduce, in particolare, che la gravata decisione avrebbe fatto “malgoverno delle norme in tema di mutuo e di principi generali” in materia di mutuo e di onere della prova, “capovolgendo i principi” in materia di prove a danno, nel caso di specie, della Sig.ra M..

1.1.- Il motivo non è fondato.

L’impugnata sentenza ha fatto buon governo delle norme applicabili nella fattispecie, ritenendo – in particolari – che, nel mentre la M. si limitava ad imputare la somma, beninteso comunque ricevuta, “ad affari neppure indicati in modo preciso”: era dal complesso delle prove (testimonianze), già valutate in primo grado e contestate in appello senza specifiche censure, che emergeva la correttezza della confermata decisione del Tribunale di prima istanza.

In particolare non ricorre la lamentata violazione della invocata norma di cui all’art. 2697 c.c..

Tale violazione “si configura solo nella ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata, secondo le regole dettate da quella norma, non quando – a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie – abbia viceversa ritenuto che la parte onerata abbia o meno assolto tale onere. In tale caso (ed, eventualmente, nella fattispecie in esame) vi è soltanto un erroneo apprezzamento dell’esito della prova sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5” (Cass. 16 maggio 2007, n. 11216).

Infatti “con la proposizione del ricorso per cassazione il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone unò difforme, l’apprezzamento dei fatti svolto dai giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi disponibili ed in sè coerente, atteso – per di più – che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità” (Cass. civ., Sez. 6 – Quinta, Sent. 7 aprile 2017, n. 9097).

Il motivo va, quindi, respinto ed il ricorso va rigettato.

2.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

3.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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