Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30641 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 27/11/2018), n.30641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17706-2017 proposto da:

P.P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’OROLOGIO n. 7, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MARCONE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER VETTOR

GRIMANI;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI VENEZIA C.F. (OMISSIS), in persona del

Sindaco e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI n.13, presso lo studio

dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ROBERTA BRUSEGAN, e SEBASTIANO TONON;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1344/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da P.P.L. la sentenza n. 1344/2016 della Corte di Appello di Venezia con ricorso fondato su due ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale di prima istanza che aveva già respinto l’opposizione, L. n. 689 del 1981, ex art. 22, avverso l’ordinanza ingiunzione, di cui in atti, della provincia di Venezia di pagamento di sanzione amministrativa (per Euro 164.102,15) conseguente al verbale di accertamento di effettuazione di lavori in difformità rispetto a quelli autorizzati col Decreto Regionale n. 46 del 1999.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Col primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione o falsa applicazione della L.R. n. 44 del 1982, art. 2 e art. 33, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1- Il motivo, già analogamente svolto innanzi alla Corte territoriale, non è fondato come pure la pretesa – ad esso sottostante- dell’esclusione del rispetto delle prescrizioni di cui alla citata autorizzazione regionale (data per l’attività di coltivazione di cava) in relazione alla asserita diversa “attività di miglioramento fondiario”.

I Giudici del merito hanno accertato la rilevante quantità dello scavo abusivo.

La Corte distrettuale (v.: Sent., p. 8-9), uniformandosi a principio già enunciato da questa Corte, ha escluso la possibilità di giustificazione dovuta al preteso svolto miglioramento fondiario.

Al riguardo non può che sottolinearsi come l’invocata norma di cui alla L.R. n. 44 del 1982 cit., art. 2, recita – testualmente – al suo comma 4 che “…..In ogni caso è fatto divieto di autorizzare miglioramenti fondiari con l’utilizzazione del materiale di risulta superiore a mc. 5.000 per ettaro.”.

Deve, sempre al riguardo, evidenziarsi che già con sentenza n. 11148/1995, questa Corte aveva già affermato che la L.R., citato art. 2, “…attribuisce carattere di attività di cava (soggetta alla legge stessa) ai lavori che avvengano per scopi diversi “anche se secondari” rispetto a quelli di costruzione di opere”.

Nulla viene decisamente addotto dalla parte ricorrente al fine di confutare, in punto di diritto, esattezza della decisione gravata.

Al riguardo va ribadito il principio per cui “in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 c.p.c., giusto il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse” (Cass. n. 1317/2004).

Tanto con la conseguenza che spetta alla parte ricorrente l’onere (nella fattispecie non adempiuto) di svolgere “specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perchè determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità” (Cass. n. 635/2015).

Con il ricorso per cassazione “deve essere dedotta, a pena di inammissibilità, non solo la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche la specifica illustrazione di argomentazioni intese motivatamente in qual modo determinate affermazioni della sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità” (Cass. civ., Sez. 6 – Quinta; 16 gennaio 2015, n. 635).

Il motivo non può, quindi, essere accolto

2.- Con il secondo motivo di gravame si deduce la “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per assenza o mera apparenza della motivazione”. Viene, in particolare, fatto cenno – da parte del ricorrente – alla quantificazione della sanziona con riferimento alla quantità di materiale scavata in eccesso.

Tale quantità risulta acclarata in sede giudizio di merito in complessivi “almeno mc. 13.0102, non vi è alcuna omessa o apparente motivazione in punto tale da giustificare l’accoglimento del motivo qui in esame, giacchè argomentatamente la gravata decisione rende conto delle conclusioni cui è per pervenuta facendo propri i calcoli del CTU adottati, fra l’altro, con “metodo condiviso dal CTP”.

3.- Per. le considerazioni innanzi svolte il ricorso va ritenuto infondato e, quindi, rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi., oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. –

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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