Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30639 del 25/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 25/11/2019), n.30639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3160-2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

9, presso lo studio dell’avvocato NOTARO GIANCARLO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del curatore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIETRO PAOLO RUBENS N. 31, presso lo studio

dell’avvocato VALERIO PIERANGELI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

T.A., I.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4563/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE

LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che è proposto ricorso, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma del 10 luglio 2017, che ha respinto le impugnazioni riunite avverso la decisione del Tribunale della stessa città del 29 luglio 2015, la quale aveva condannato in solido T.A., I.M. e S.M. al risarcimento del danno in favore del fallimento (OMISSIS) s.r.l. nella misura di Euro 757.844,64, oltre accessori, in relazione a fatti di mula gestio dalla stessa accertati;

– che la corte territoriale ha rilevato – con riguardo all’appello proposto dalla Sorgi – che la domanda è stata accolta in relazione alla condotta distrattiva posta in essere dal consiglio di amministrazione della società, consistente nella vendita sottocosto di merci nel corso del 2010, attuata inoltre in favore di società strettamente collegate al T. ed alla I.: ma la tesi della Sorgi, secondo cui il tutto si sarebbe verificato solo nell’ultimo bimestre del 2010, è priva di specificità, non avendo la stessa neppure allegato come la vendita sottocosto abbia interessato unicamente tale periodo, quando essa era cessata dalla carica, ed è comunque rimasta sfornita di prova, non essendo state prodotto le fatture di vendita del periodo;

– che si difende con controricorso la curatela;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

– che i motivi di ricorso deducono:

i) violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1225,1226,2043,2056,2381,2391,2394 e 2476 c.c., per non avere la corte d’appello, ritenendo che la vendita sottocosto abbia riguardato l’intero anno, considerato che l’istante è cessata dalla carica in data 11 ottobre 2010, nè rilevato che i dati sono stati tratti dal bilancio 2010, tuttavia redatto nel 2011, quando essa non ricopriva più la carica, potendosi presumere allora che lo svuotamento del magazzino sia avvenuto nel 2011, onde in nessun modo la ricorrente avrebbe potuto impedire quei fatti pregiudizievoli;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2392,2394,2476 e 2697 c.c., perchè ha posto erroneamente a carico dell’istante l’onere di provare che la vendita sia avvenuta nell’ultimo bimestre del 2010;

3) omesso esame di fatto decisivo, consistente nei dati che emergevano dai c.d. mastrini, da cui sarebbero emersi i dati contabili e temporali effettivi;

– che i tre motivi, intimamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e devono essere disattesi;

– che tutti mirano a confutare l’accertamento compiuto dal giudice del merito, il quale ha ritenuto anzitutto aspecifico il motivo relativo alla non imputabilità dei fatti dalla Sorgi per avvenuta previa cessazione dalla carica, ed, in secondo luogo, non provata la circostanza, oltre che dimostrata la condotta di mala gesti di vendita di merci sottocosto;

– che, pertanto, laddove la ricorrente non impugna la statuizione relativa alla aspecificità dell’appello, i motivi del ricorso si palesano addirittura inammissibili, dal momento che non attaccano quella ratio decidendi autonoma: secondo il consolidato principio per il quale, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (e multis, Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753);

– che, d’altro canto, nessuna violazione dell’art. 2697 c.c. è avvenuta, posto che la sentenza impugnata ha valutato come raggiunta la piena prova del compimento dell’attività distrattiva di mula gestio nel corso dell’esercizio 2010, onde ha ritenuto che la delimitazione temporale della medesima solo nell’ultimo bimestre, quale fatto modificativo dell’assunto della procedura, fosse circostanza da provarsi a carico dell’ex amministratrice, in piana applicazione dell’art. 2697 c.c.;

– che è altresì infondato il motivo concernente l’omesso esame dei c.d. mastrini, al contrario menzionati ampiamente dalla motivazione del provvedimento impugnato;

– che, per il resto, i motivi mirano alla ripetizione del giudizio sul fatto, inammissibile in sede di legittimità;

– che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 5.100,00, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 ottobre 2019.

2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019

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