Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30635 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2018, (ud. 15/03/2018, dep. 27/11/2018), n.30635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9330-2017 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASSIMO CECCANTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BEINASCO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato

ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dagli avvocati CINZIA PICCO,

PAOLO SCAPARONE;

– controricorrente –

contro

G.E.C. SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4628/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 27/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da B.M. la sentenza n. 4628/2016 del Tribunale di Torino con ricorso fondato su due ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione del Tribunale di Torino ha rigettato l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso la decisione di cui all’ordinanza del Giudice di Pace di quella stessa Città in data 19.3.2015, che aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale per essere competente per territorio il Giudice di Pace di Cuneo ai sensi del D.Lgs n. 150 del 2011, art. 32, comma 2.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Col primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs n. 150 del 2011, art. 32.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116 e 155 c.p.c., artt. 204 e 201 C.d.S..

3.- Esposti doverosamente i motivi fondanti il ricorso in esame, deve osservarsi quanto segue.

Il ricorrente, ancor oggi, si duole – nella sostanza – dell’individuazione da parte del Giudice del merito, in particolare da parte di quello di prime cure, della individuazione del giudice competente per territorio.

La stessa impugnata sentenza ha, fra l’altro, evidenziato come l’odierno ricorrente “con il giudizio innanzi al G.d.P. non ha fatto valere le ragioni di opposizione alla sanzione amministrativa comminata con l’ordinanza ingiunzione prefettizia” di cui in atti, limitandosi “a chiedere l’annullamento della (conseguente) ingiunzione di pagamento”, in relazione alla quale ultima non poteva che essere “competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto” (Cass. n. 15864/2004).

Orbene, poichè la doglianza è ed era relativa solo a questione sulla competenza, andava – nella fattispecie-azionato correttamente il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c..

Peraltro, come da univoco e condiviso orientamento giurisprudenziale, “la Suprema Corte può rilevare d’ufficio una causa di inammissibilità dell’appello che il giudice di merito non abbia riscontrato non potendosi riconoscere, al gravame inammissibilmente spiegato, alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione” (ex multis: Cass. civ., Sez. Prima, S9nt. 7 luglio 2017, n. 16863, nonchè Cass. n. 25209/2014).

Il mancato esperimento del detto mezzo non è stato svolto dalla parte, il cui odierno ricorso non può – pertanto – che essere dichiarato inammissibile.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti “per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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