Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30635 del 25/11/2019
Cassazione civile sez. VI, 25/11/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 25/11/2019), n.30635
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4502-2018 proposto da:
C.E., in proprio e quale titolare dell’omonima ditta
(OMISSIS)di C.E., elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato ADRIANO BLASI;
– ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTARE (OMISSIS)di C.E., in persona della
Curatrice fallimentare, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONTE
ROSSO, 5 preso lo studio dell’avvocato S. VITALE, rappresentata e
difesa dall’avvocato EMANUELE ALUIGI;
– controricorrente –
e contro
T.A., M.C., F.A.,
B.Y., BI.AN.MA.;
– intimate –
avverso la sentenza n. 1908/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 21/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ACIERNO
MARIA.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di C.E.. A sostegno della decisione, per quel che interessa, è stata affermata la validità della notificazione dell’istanza di fallimento sulla base del principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l’imprenditore individuale che nell’anno successivo alla cancellazione dal registro delle imprese disattivi deliberatamente la casella di posta elettronica certificata assegnatagli si pone in una situazione d’irreperibilità imputabile a negligenza e violazione dei generali doveri di correttezza di un operatore economico (Cass. 17884 del 2016).
Ha proposto ricorso C.E. affidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso il fallimento.
Il ricorrente ha dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per non essere stata effettuata la notificazione presso la residenza del fallendo immutata per oltre 5 anni come da certificato anagrafico, dove peraltro il curatore ha contattato telefonicamente il ricorrente stesso. Si precisa che in primo luogo è stata tentata la notifica alla ditta individuale a mezzo P.E.C., seguita dal tentativo presso la sede della ditta ed infine è stato eseguito il deposito presso la casa comunale.
Nella specie è stato adottato il procedimento notificatorio previsto dall’art. 143 c.p.c. senza aver svolto, prima di provvedere al deposito presso la casa comunale, le ricerche come richiesto dalla legge e dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Previa qualificazione della censura come violazione di legge dal momento che si contesta la corretta applicazione delle norme codicistiche e speciali in tema di notificazione dell’istanza di-fallimentare, deve rilevarsi la manifesta infondatezza del motivo. La notificazione, per come riferito nello stesso ricors9 è avvenuta secondo le scansioni previste dalla L. Fall., art. 15, comma 3. Il deposito presso la casa comunale è seguito ad un tentativo di notifica non andata a buon fine presso la sede dell’impresa ed è intervenuto entro l’anno dalla cancellazione.
Quanto all’omesso riscontro nella relata dell’avvenuta effettuazione delle ricerche, e conseguente carenza di accertamento della effettiva irreperibilità, dedotta anche in relazione a circostanze di fatto successive al fallimento (il contatto del curatore, successivamente alla dichiarazione di fallimento, con il legale rappresentante presso la sua residenza) la censura è inammissibile dal momento che, ancorchè in forma sintetica, la Corte d’Appello dà atto dell’accertamento di fatto svolto al fine di accertare la regolarità della notifica, fondandolo sulla deliberata disattivazione della casella di posta elettronica certificata, confermata dall’esito negativo dell’accesso presso la sede dell’impresa. Il parametro legislativo costituito dalla L. Fall., art. 15, esclusivamente applicabile alla fattispecie, come indicato anche dalla Corte Cost. con la sentenza n. 146 del 2016, è stato, in conclusione, correttamente applicato.
Al rigetto del ricorso segue l’applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente le spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 3000 per compensi, Euro 100 per esborsi oltre accessori di legge.
Sussistono le condizioni necessari per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, ove dovuto il contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 settembre 2019.
Depositato in cancelleria il 25 novembre 2019