Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30632 del 20/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30632 Anno 2017
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27224-2016 R.G. proposto da:
D.V. SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO DI VAIRA ANTONIO E
VINCENZI ERMINIA, in persona della liquidatrice e legale
rappresentante, VINCENZI ERMINIA in proprio, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA n.101, presso lo studio
dell’avvocato MARIO PISELLI, che li rappresenta e difende
unitamente e disgiuntamente all’avvocato MORENO PESARESI;
– ricorrente contro
DI VAIRA ITALINO;
– intimato per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del 06/10/2016
del TRIBUNALE di LARINO, depositata il 17/10/2016 emesso sul
procedimento iscritto al n° 539/2015 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/09/2017 dal Consigliere Dott. PIETRO
CAMPANILE;

Data pubblicazione: 20/12/2017

lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale che ha chiesto di accogliersi il ricorso
per regolamento di competenza.
Rilevato che:
Erminia Vincenzi e La S.n.c. D.V. di Di Vaira Antonio e Vincenzi
Erminia in liquidazione hanno proposto istanza di regolamento di

l’ordinanza del Tribunale di Larino indicata in epigrafe, con la
quale è stata disposta la sospensione del giudizio, promosso da
Di Vaira Italino – quale erede testamentario del socio deceduto
Di Vaira Antonio – avente ad oggetto l’accertamento della
simulazione dell’atto costitutivo della società e la declaratoria
di nullità degli atti conseguenziali, fino alla definizione di
quello, promosso dalla Vincenzi, avente ad oggetto
l’accertamento della genuinità o meno del testamento olografo
in data 27 febbraio 2007, nel quale l’attore Italino Di Vaira era
designato come unico erede;
si sostiene la violazione dell’art. 295 cod. proc. civ., sotto tre
distinti profili: difetto dell’identità delle parti nei due giudizi;
pendenza degli stessi davanti al medesimo ufficio; totale
assenza di pregiudizialità;
le parti intimate non svolgono attività difensiva;
Il P.M. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato che:
debbono condividersi i rilievi circa l’insussistenza dei presupposti per
la sospensione del giudizio;
prescindendo dalla questione circa la soltanto parziale identità delle
parti, deve ritenersi decisiva ed assorbente la necessità di applicare il
principio, secondo cui l’esistenza di un rapporto di identità,
connessione o pregiudizialità tra due procedimenti pendenti
rispettivamente dinanzi a giudici diversi o sezioni diverse del
medesimo ufficio giudiziario non giustifica l’adozione di un

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competenza ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ. avverso

provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ.,
dovendo in tal caso il giudice della causa pregiudicata rimettere il
fascicolo al capo dell’ufficio, affinché provveda ai sensi degli artt. 273
e 274 cod. proc. civ.;
se il giudice di merito, quando – come nella specie – ha disposto la
sospensione, si trovava in una situazione in cui avrebbe dovuto

considerato illegittimo, a meno che, in relazione allo stato raggiunto
dal processo ritenuto pregiudicante, non debba escludersi la
possibilità di adottare il modus procedendi imposto dalle norme
citate (cfr., tra le più recenti, Cass., 17 maggio 2017, n. 12441;
Cass., 26 luglio 2012, n. 13330; Cass., 4 agosto 2011, n. 16963;
Cass., 23 luglio 2010, n. 17468);
in applicazione di tale principio, l’affermata esistenza del rapporto di
pregiudizialità non avrebbe consentito al giudice che ha emesso
l’ordinanza impugnata di disporre la sospensione del giudizio,
dovendo egli trasmettere gli atti del giudizio pendente dinanzi a sè al
Presidente del Tribunale, perché quest’ultimo designasse un unico
magistrato per la trattazione di entrambi i procedimenti. Soltanto
quest’ultimo avrebbe poi potuto decidere se riunire i giudizi o tenerli
separati, o ancora se, in considerazione del carattere pregiudiziale di
uno di essi rispetto all’altro e dell’inopportunità di una trattazione
congiunta in ragione del loro stato, sospendere quello ipoteticamente
pregiudicato;
l’inosservanza di tale procedimento è di per sé sufficiente a rendere
illegittimo il provvedimento impugnato, che deve ritenersi emesso in
carenza dei presupposti che abilitavano quel giudice ad interrogarsi
sull’esistenza della pregiudizialità, trattandosi di una valutazione
rimessa al magistrato designato dal Presidente del Tribunale per
l’esame di entrambi i procedimenti;
l’ordinanza impugnata va pertanto annullata, in accoglimento del
ricorso, disponendosi la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale
di Larino, che provvederà in merito alle spese del presente
ragolamento;
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riferire al capo dell’ufficio, il relativo provvedimento dev’essere

P. Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e dispone la
prosecuzione del giudizio davanti al tribunale di Larino, che
provvederà anche in merito alla spese del presente regolamento.

Roma, 19 settembre 2017

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