Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3063 del 08/02/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3063 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 7/11/12

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Carlo e Armando Deperini, in proprio e quali legali
rappresentanti della

F.11i Deperini s.n.c. di Carlo e

Armando Deperini e della Impresa Edile Deperini Gino &
C. s.n.c. di Deperini Carlo & C.,

rappresentati e

difesi, per procura speciale in calce al ricorso per
cassazione, dall’avv.to Aldo Valentini ed elett.te
dom.ti in Roma, via Pacuvio 34 presso lo studio
dell’avv. Guido Romanelli;
– ricorrenti –

6.21 6

Data pubblicazione: 08/02/2013

b911Wt .i,

contro
Carmela Deperini, rappresentata e difesa, per procura
speciale in calce al controricorso, dall’avv. G.
Massimo Rinaldi, elett.te dom.ta in Roma, Corso Francia
182 presso lo studio dell’avv.ta Diana Rulli;

e sul ricorso incidentale proposto da:
Carmela Deperini, come sopra rappresentata e difesa;
– ricorrente incidentale contro
Carlo e Armando Deperini, come sopra rappresentati e
difesi;
controricorrentí e ricorrenti incidentali avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n.
302/05 emessa il 9 febbraio 2005 e depositata il 13
giugno 2005, nella causa iscritta al n. 107/2000 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 7 novembre 2012 dal Consigliere dott.
Giacinto Bisogni;
udito l’avv. Giovanni Bonaccia (con delega) per i
ricorrenti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso,
previa richiesta di riunione dei ricorsi, per

2

– controricorrente –

l’accoglimento del ricorso incidentale con assorbimento
del ricorso principale;
Svolgimento del processo
1.

Carlo e Armando Deperini hanno impugnato il lodo

arbitrale emesso su istanza di Carmela Deperini

e

avente ad oggetto la richiesta di liquidazione, a

Deperini s.n.c. di Carlo, Carmela e Armando”
“Impresa Edile Deperini Gino s.n.c.”.

e della

Hanno dedotto la

nullità del lodo per violazione del contraddittorio.
2.

La Corte di appello di Ancona ha dichiarato la

nullità del lodo, con sentenza non definitiva del 22
maggio 2001 (rispetto alla quale Carmela Deperini ha
proposto riserva di impugnazione ex artt. 361 e 830
c.p.c.), e ha rimesso la causa in istruttoria. Con la
successiva sentenza definitiva n. 302/2005 la Corte di
appello: a) ha dichiarato che il valore della quota
della Deperini, al momento del suo recesso dalla snc

Impresa Edile,

era di lire 445.798.028; b) ha

dichiarato che il valore della quota della Deperini, al
momento del recesso dalla snc

F.11i Deperíni,

era

negativo e pari a 17.974.960 lire; c) ha condannato in
solido la snc Impresa Edile Deperini Gino, in solido
con Carlo e Armando Deperini, alla differenza fra il
valore corrisposto, il 19 gennaio 2005, alla Deperini
Carmela, pari a 123.708,92 euro, e quanto invece a lei
spettante, e cioè 230.235,47 euro, con interessi legali
sull’intera somma dal 14 settembre 1997 (data del
recesso) al 19 gennaio 2005 e sulla differenza da tale
3

seguito del suo recesso, delle quote della “Fratelli

data al saldo; d) ha condannato Carmela Deperini al
pagamento della somma di 9.283,29 euro corrispondente
al valore negativo della sua quota in favore della snc
F.11i Deperini con interessi legali dalla data del
recesso (14 settembre 1997) al saldo.
3. Ricorrono per cassazione Carlo e Armando Deperini

deducono: a) violazione degli artt. 1241, 1243, 1309
c.c. e omessa o contraddittoria motivazione; b)
violazione dell’art. 2289 c.c. e omessa motivazione; c)
omessa o insufficiente motivazione.
4. Si difende con controricorso Carmela Deperini che, a
sua volta, propone ricorso incidentale fondato su un
unico motivo con il quale deduce la violazione,
nell’interpretazione della clausola compromissoria,
dell’art. 808 e segg. c.p.c. e la conseguente erronea
applicazione dell’art. 829 n. 9 c.p.c., in riferimento
ai criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg.
c.p.c. nonché la insufficienza della motivazione.
5.

I ricorrenti replicano, con controricorso, al

ricorso incidentale e depositano memoria difensiva per
la

udienza

di

discussione.

Eccepiscono

l’inammissibilità del controricorso e del ricorso
incidentale facendo valere l’inammissibilità della
riserva di impugnazione della pronuncia di annullamento
del lodo. Inoltre eccepiscono la novità della questione
sollevata dalla controricorrente con il ricorso
incidentale e la sua riferibilità a valutazioni di
fatto inammissibili in sede di giudizio di legittimità.

4

affidandosi a tre motivi di ricorso con i quali

Motivi della decisione
6. I due ricorsi vanno riuniti sussistendo a tal fine i
presupposti di legge.
7. Va esaminato preliminarmente il ricorso incidentale
e conseguentemente devono essere vagliate per prime le
eccezioni di inammissibilità opposte da parte dei

8.

Entrambe le eccezioni sopra menzionate sono

infondate. Quanto alla riserva di impugnazione della
sentenza dichiarativa della nullità del lodo va
rilevato che la stessa non ha carattere definitivo
perché non esaurisce la controversia tra le parti ma
decide solo una questione pregiudiziale processuale.
Infatti, dopo aver accertato la nullità del lodo
arbitrale, per avere gli arbitri pronunciato su una o
più domande senza osservare il principio del
contraddittorio, il giudice dell’impugnazione è tenuto,
salva diversa concorde volontà delle parti, ad esperire
il giudizio rescissorio garantendo il rispetto dinanzi
a sé del principio del contraddittorio in precedenza
violato dagli arbitri (cfr. Cass. Civ. sezione I n.
11788 del 21 maggio 2007). Ne consegue l’ammissibilità
della riserva di impugnazione. Quanto, invece, alla
pretesa novità della questione costituente l’oggetto
del ricorso incidentale si tratta di una eccezione
palesemente infondata non avendo avuto, in precedenza,

incidentale altra

la parte ricorrente in via
possibilità

di

prospettare

5

le

ragioni

della

ricorrenti principali.

infondatezza della pronuncia non definitiva della Corte
di appello.
9. Con il ricorso incidentale Carmela Deperini lamenta
lo scostamento non motivato, nella sentenza della Corte
di appello, dai canoni interpretativi di cui agli artt.
1362 e segg. c.c. Secondo la ricorrente incidentale

norme perché ha portato i giudici di merito a indagare
la volontà negoziale dei contraenti considerando
unicamente il valore di espressioni testuali e
letterali avulse dal contesto invece che a prendere in
considerazione tutti gli elementi, testuali e non, in
relazione al comportamento delle parti. La ricorrente
sottopone alla Corte i seguenti quesiti di diritto: a)
se costituisce violazione delle regole di ermeneutica
contrattuale, ex artt. 1362 e seguenti c.c., indagare
la comune intenzione dei contraenti della clausola
compromissoria, contenuta nello statuto di società di
persone, considerando, unicamente, il significato di
alcune espressioni letterali avulse dall’intero
contesto, pure letterale, evocato dalla clausola
citata, anziché ricorrere ai criteri interpretativi
dettati dalle richiamate disposizioni normative e,
segnatamente, alla valutazione di tutti gli elementi
testuali e non, riferibili al complessivo comportamento
dei contraenti; b) se è censurabile per carenza di
motivazione la sentenza che si sottrae ai criteri
interpretativi di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c.
senza adeguata e congrua motivazione.

6

tale scostamento costituisce violazione delle predette

10. Il ricorso incidentale è infondato. La stessa
formulazione dei due quesiti di diritto appare astratta
e scissa da qualsiasi riferimento al caso concreto.
Nella parte illustrativa del ricorso la ricorrente
svolge peraltro considerazioni prettamente attinenti
alla valutazione del merito della controversia e,

testo della clausola compromissoria, senza inquadrare
tali considerazioni in una critica argomentata
dell’interpretazione recepita dalla Corte di appello al
fine della sua riconducibilità alla dedotta violazione
di legge. Per altro verso va rilevato che la
motivazione della Corte di appello non è affatto aliena
dal raffronto testuale con i canoni ermeneutici
vincolanti per l’interprete in quanto fissati dal
codice civile – né si pone in contrasto con essi e, in
particolare, con la regola di cui all’art. 1362 c.c.
intesa alla ricostruzione della effettiva volontà dei
contraenti. Per altro verso la previsione che gli
arbitri decidano come amichevoli compositori non
esclude la natura rituale dell’arbitrato mentre la
previsione di inappellabilità del lodo può essere
riferita dalle parti alla sola violazione di regole di
diritto (cfr. Cass. Civ. sezione II n. 21585 del 12
ottobre 2009 e Cass. Civ. sezione I n. 24059 del 10
novembre 2011). Ne deriva, in ogni caso, l’irrilevanza
dei riferimenti operati da parte della ricorrente
incidentale.

7

specificamente, alla valutazione del significato del

11.

Con il primo motivo di ricorso principale si

censura la decisione della Corte di appello anconetana
per non aver operato la dovuta compensazione fra debiti
del socio receduto e crediti da questi vantati nei
confronti delle due società partecipate dagli stessi
soci. I ricorrenti sottopongono alla Corte il seguente

quote di società in nome collettivo, i crediti del
socio receduto possono essere compensati con quelli
dallo stesso vantati nei confronti degli altri soci a
qualsivoglia titolo ovvero a titolo di recesso da altra
società partecipata dagli stessi soci.
12. Il motivo è da ritenersi infondato. La risposta al
quesito

è

evidentemente

negativa.

A

fronte

dell’autonomia patrimoniale e della identità soggettiva
distinta

delle

due

società

risulta

infatti

inconcepibile affermare la compensabilità dei crediti
di un terzo verso una società con i suoi debiti verso
un’altra società solo in ragione della identità delle
compagini societarie. Nessun argomento logicamente
rilevante può essere desunto dall’affermazione della
legittimazione delle persone dei soci a rappresentare
le società perché tale circostanza ha rilievo nel
rapporto fra i soci e le società rappresentate ma non
ha alcun rilievo, tanto meno di natura sostanziale, nel
rapporto diretto fra le due società e nei rapporti di
queste con un terzo.
13.

Con il secondo motivo di ricorso principale si

censura la decisione della Corte di appello anconetana

8

quesito di diritto: se, all’atto della liquidazione di

per non aver ricompreso nell’ambito delle operazioni in
corso ex art. 2289 c.c., ai finì della liquidazione
della quota di s.n.c. della Deperini, gli oneri e gli
interessi passivi sui conti correnti bancari in essere
al momento del recesso e i crediti ulteriormente
esistenti a bilancio, se non ancora pagati alla società

Corte il seguente quesito di diritto: se nell’ambito
delle operazioni in corso debbano essere ricompresi gli
oneri e interessi passivi sui conti correnti bancari in
essere al momento del recesso, e i crediti
ulteriormente esistenti a bilancio, se non ancora
pagati alla società dai terzi debitori.
13. Il motivo deve ritenersi infondato. La Corte di
appello ha correttamente chiarito che oneri e interessi
passivi sui conti bancari vanno considerati relativi a
operazioni in corso solo con riferimento alle singole
operazioni, che hanno portato alla utilizzazione dello
scoperto, se già effettuate al momento del recesso.
Nella specie quindi non sussiste né la pretesa
violazione di legge né l’omessa motivazione lamentata
dai ricorrenti i quali hanno contestato la decisione
senza apportare, in questo giudizio, alcun elemento
specifico di valutazione idoneo a far ritenere che
utilizzazioni precedenti al recesso siano state
erroneamente escluse dal calcolo ai fini della
liquidazione della quota. Il motivo di ricorso, quanto

al vizio di motivazione, deve pertanto ritenersi non
autosufficiente.

9

dai terzi debitori. I ricorrenti sottopongono alla

14.

Con il terzo motivo di ricorso principale si

censura la decisione della Corte di appello anconetana
per non aver adeguatamente esaminato le censure mosse
alla C.T.U. relativamente alla valutazione dei beni
mobili e immobili appartenenti alle due società. In
particolare si censura la mancata considerazione dei

svalutazione delle scorte di magazzino determinata
dallo sfratto dai locali commerciali subito dalle due
società.
15.

Il motivo deve ritenersi inammissibile perché

sfornito

della

prescritta

sintesi

diretta

a

identificare il fatto controverso in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria
ovvero a individuare le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione impugnata. Inoltre il motivo
è privo della necessaria autosufficienza al fine di
consentire una valutazione adeguata e attendibile della
motivazione. I ricorrenti si limitano infatti a
contestare, con affermazioni indimostrate e prive di
riscontri rispetto agli esiti dell’istruttoria, le
stime della C.T.U., recepite dalla Corte di appello,
con riscontro critico delle obiezioni delle due
consulenze di parte. La deduzione di difetto di
motivazione risulta pertanto illustrata in modo
generico e non idoneo a consentire un adeguato
controllo sulla motivazione sia con riferimento al
valore degli immobili che delle merci in magazzino.

10

vincoli pertinenziali esistenti sugli immobili e della

16. I ricorsi riuniti vanno pertanto respinti con
compensazione integrale delle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa
interamente le spese processuali del giudizio di

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
7 novembre 20191.

cassazione.

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