Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30626 del 27/11/2018

Cassazione civile sez. III, 27/11/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 27/11/2018), n.30626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3159-2016 proposto da:

IMMOBILIARE LOMBARDA SRL, in persona dell’amministratore unico e

legale rappresentante pro tempore Dott. S.M., elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA, 19, presso lo studio

dell’avvocato BARBARA SANTESE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA CICCARELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.D.;

– intimato –

Nonchè da:

S.M., Z.D., elettivamente domiciliati in VIA

SISTINA 122, VIA MUGNANO-MELITO 80, presso lo studio dell’avvocato

GIACOMO MAURIELLO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIANFRANCO DEL MONTE giusta procura speciale in calce

al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 3236/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale 3 motivo e accoglimento incidentale condizionato;

udito l’Avvocato LUCA CICCARELLI;

udito l’Avvocato GIACOMO MAURIELLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.D., L.C.C., T.S., S.M., C.A., quali creditori della Immobiliare Beniamino s.r.l., procedevano a un pignoramento presso il terzo Immobiliare Lombarda s.r.l., che, comparendo, dichiarava di essere debitore dell’esecutata solo quanto all’obbligo nascente da un contratto preliminare di vendita immobiliare, precisando inoltre che, qualora fosse stato stipulato quest’ultimo, tenuto conto dei pesi gravanti sull’immobile, per circa 400 mila Euro, avrebbe potuto essere debitore, quale acquirente, della somma massima di 50 mila Euro piuttosto che della maggiore, di circa 107 mila Euro, per cui i creditori agivano. Contestata la dichiarazione, si faceva luogo al conseguente giudizio di accertamento) durante il quale veniva perfezionato il contratto traslativo a fronte di un prezzo di 800 mila Euro, di cui, secondo le dichiarazioni riportate dal notaio rogante, 400 mila Euro già saldati prima del rogito e altrettanti definiti mediante accollo di un debito della venditrice, debitrice esecutata nel procedimento coattivo originante il giudizio in parola, nei confronti di altri creditori.

Il tribunale accertava un debito del terzo nei confronti dell’esecutato pari alla somma dichiarata nel contratto definitivo come dovuta, e come tale oggetto di accollo non liberatorio, condannando entrambe le suddette parti anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

La corte di appello, pronunciando sul gravame della società terza pignorata, lo accoglieva in parte, osservando che nel rogito si indicavano analiticamente le modalità con cui era stata anticipatamente versata la prima somma di 400 mila Euro, riportando bonifici e assegni bancari antecedenti anche al pignoramento notificato il 7 ottobre 2009, e specificando infine che, quanto alla somma di Euro 189.029,75, vi era stata compensazione di crediti della società acquirente nei confronti di quella venditrice per prestazioni d’opera, fatturati nello stesso anno 2009. Ne conseguiva la prova della sussistenza, per effetto della vendita, di un pari credito residuo della società esecutata nei confronti di quella terza pignorata, mentre l’estinzione per compensazione non poteva essere opposta al creditore pignorante stante l’anteriorità del pignoramento rispetto al credito staggito, sorto solo a far tempo dalla compravendita e maggiore di quello per cui si procedeva.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione l’Immobiliare Lombarda s.r.l. formulando otto motivi.

Resistono con controricorso S.M. e Z.D., che propongono, altresì, un motivo di ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con primo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 111 Cost., commi 1 e 2, poichè il tribunale avrebbe basato la sua decisione sull’accollo non liberatorio da parte dell’acquirente di un debito gravante sul venditore: tale rilievo, erroneo trattandosi solo di una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio e non di un modo di estinzione delle obbligazioni, sarebbe stato effettuato d’ufficio, ledendo a sorpresa il contraddittorio.

Con secondo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione dell’art. 101 C.p.c., comma 2, e art. 111 Cost., commi 1 e 2, in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè la corte di appello non avrebbe rilevato il vizio della sentenza di prime cure oggetto della prima censura, senza motivare sulla corrispondente ragione di appello sollevata dalla deducente, per poi poggiare la motivazione sull’inopponibilità della compensazione, senza che questa fosse stata oggetto di eccezione e senza che, anche in questo caso, la relativa questione fosse stata discussa dalle parti ovvero offerta al contraddittorio.

Con il terzo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1242 c.c., e art. 2917 c.c., poichè i crediti riconosciuti in compensazione sarebbero stati coesistenti anteriormente al pignoramento, sicchè la compensazione sarebbe stata opponibile al creditore procedente.

Con il quarto motivo di ricorso principale si prospetta l’omessa pronuncia ovvero omessa o insufficiente motivazione, quanto alla condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, oggetto del quarto motivo di appello.

Con il quinto motivo di ricorso principale si prospetta il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dei creditori procedenti e la violazione e falsa applicazione dell’art. 26974 c.c., poichè la corte territoriale si sarebbe dapprima riferita, per spiegare le sue conclusioni, al contratto preliminare e poi avrebbe rapportato l’oggetto dell’accertamento a quanto emergente dal contratto definitivo, con contraddizione insanabile. Inoltre, la sentenza attesterebbe la sua stessa erroneità dando atto della mancanza agli atti del contratto preliminare, salvo poi ritenerne i contenuti un dato istruttorio acquisito. Infine, i creditori procedenti avrebbero omesso una quantificazione anche solo minimale del credito oggetto della loro domanda da qualificarsi, pertanto, inammissibilmente esplorativa.

Con il sesto motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1273 c.c. e l’omessa o insufficiente o apparente motivazione poichè la corte di appello avrebbe errato nell’omettere di accogliere il motivo di appello sul rilievo officioso e lesivo del contraddittorio inerente all’accollo, non emendato in secondo grado seppure giungendo, contraddittoriamente, a conclusioni diverse sul “quantum”.

Con il settimo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1351,1498 e 1499 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nell’omettere di considerare che al momento del pignoramento era stato perfezionato solo il contratto preliminare e pertanto non vi sarebbe stato alcunchè di pignorabile posto che il credito pignorato era sorto con la stipula del definitivo, ferma l’illegittimità derivante dal mancato rinvenimento agli atti del contratto preliminare.

Con l’ottavo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla formulata richiesta di sospensione della provvisoria esecutività della decisione di prime cure.

2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nel ritenere accertati, in tesi implicitamente, i fatti estintivi delle somme eccedenti quella accertata come pignorabile, atteso che sarebbero stati contestati e sarebbero rimasti non provati, in particolare quanto alle fatture e alle relative prestazioni d’opera, agli assegni e ai bonifici dei quali ultimi, inoltre, non sarebbe stata data prova neppure quanto al riferimento ai pagamenti oggetto della compravendita, e quanto all’affermato incasso.

3. Deve preliminarmente rilevarsi che manca la prova del completamento della notifica del ricorso principale alla Immobiliare Beniamino s.r.l., esecutata e come tale litisconsorte necessaria (v. anche “infra”, punto 5), ma l’esito di rigetto del ricorso, del quale si sta per dare conto, assorbe la necessità di disporre il rinnovo, in coerenza con il principio di ragionevole durata del processo (Cass., 21/05/2018, n. 12515).

4. Il primo motivo di ricorso principale è manifestamente inammissibile afferendo a un preteso vizio della sentenza di prime cure e non di quella impugnata.

Il secondo motivo di ricorso principale è manifestamente inammissibile quanto all’asserito omesso rilievo della violazione in primo grado dell’art. 101 c.p.c., atteso sia quanto osservato in ordine al primo motivo, sia che la sentenza di seconde cure assume altra “ratio decidendi”, ossia non l’accollo ma l’inopponibilità al creditore pignorante della compensazione di cui al rogito.

Quanto all’asserito rilievo officioso e lesivo del contraddittorio afferente alla questione della compensazione, la censura è manifestamente inammissibile per difetto di autosufficienza non essendo riportati nè sintetizzati gli atti processuali da cui potesse emergere il fondamento della deduzione (è riportato, a pag. 7 del ricorso, solo un minimale stralcio dell’atto di costituzione avversario in secondo grado in cui, comunque, si contesta la compensazione quale riferita a prestazioni inesistenti), mentre nel controricorso (a pag. 9) è stato riportato uno stralcio (più ampio) della comparsa di costituzione e risposta in appello dei creditori procedenti che attesta l’esatto contrario di quanto qui assunto dalla deducente.

Il terzo motivo di ricorso principale è manifestamente inammissibile sia perchè la parte non riporta nè sintetizza il contenuto degli atti e documenti da cui emergerebbe l’anteriorità della coesistenza dei crediti rispetto al pignoramento, sia perchè non coglie la “ratio decidendi” con cui la corte territoriale ha diversamente assunto – correttamente – che il credito della venditrice e debitrice esecutata era sorto dopo il pignoramento e al momento del contratto definitivo, quale determinante l’effetto traslativo e quindi l’insorgenza dell’obbligazione alla controprestazione.

Il quarto motivo di ricorso principale è inammissibile poichè seppure nella sentenza di appello manca una statuizione (esplicita) sulla condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, la parte deducente non riporta nè sintetizza il proprio motivo di appello che afferma avrebbe riguardato tale statuizione, con conseguente difetto di autosufficienza.

Infatti, sebbene questa Corte, quando sia denunciato un “error in procedendo”, sia anche giudice del fatto e abbia il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio” è necessario che il corrispondente motivo sia preliminarmente ammissibile e, pertanto, riporti, per il principio di autosufficienza, il contenuto specifico della deduzione oltre all’indicazione del luogo processuale della sua proposizione, in modo da permettere, in sede di scrutinio della censura di legittimità, l’immediato apprezzamento della sua effettiva e non solo riferita sussistenza (cfr., ad esempio, Cass., 02/02/2017, n. 2771, punto 1.2.2., pag. 4).

Il quinto motivo di ricorso principale è in parte manifestamente inammissibile, in parte infondato.

Deve premettersi chef nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni commiste alla deduzione del vizio di motivazione (qui prospettata come insanabilmente contraddittoria) è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta e distinta formulazione del motivo, dovrebbe ritagliare per ciascuna delle doglianze la specifica e autonoma declinazione dell’ipotesi di vizio (Cass., 20/09/2013, n. 21611).

La suddetta inammissibilità può dirsi sussistente, logicamente, a patto che la descritta mescolanza di motivi sia inestricabile (cfr. anche Cass., 17/03/2017, n. 7009). Infatti, deve al contempo farsi applicazione del principio per cui la circostanza che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi distinti (Cass., Sez. U., 06/05/2015, n. 9100).

L’esame (anche) di questo motivo avverrà nei suddetti limiti, al di fuori dei quali residua dunque l’inammissibilità delle censure.

In primo luogo, non vi è alcuna violazione dei criteri legali di riparto dell’onere probatorio.

La violazione dell’art. 2697 c.c. si configura solamente se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onere in parola a una parte diversa da quella cui spettava secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 35). Profilo che, come evidente, nella fattispecie deve escludersi.

Diversa questione è quella della mancanza agli atti del contratto preliminare del cui esame pure si dava pacificamente atto in primo grado. Ma la parte appellante, e come tale attrice, che invochi una diversa valutazione delle prove documentali, deve attivarsi, ex art. 76 disp. att. c.p.c., perchè al giudice di quel gravame sia materialmente consentito il riesame di quelle prove preteso con la censura (cfr., “parte qua”, Cass., Sez. U., 08/02/2013, n. 3033).

Inoltre, la sentenza di appello si è basata sulle risultanze del contratto definitivo, e dunque sotto tale profilo la censura non coglie nel segno della reale “ratio decidendi” affatto contraddittoria nella misura in cui fa rilevare il credito quale sorto, come detto e come logico, al momento dell’effetto traslativo.

Infine, in ordine alla quantificazione del credito, il creditore procedente, non agendo in nome e per conto del proprio debitore ma “iure proprio”, lo fa, perciò e pur sempre, “nei limiti del proprio interesse” (Cass., 21/03/2014, n. 6760), sicchè egli deve certamente provare, nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, l’esistenza del credito, ma sarà sufficiente che lo faccia nei limiti della capienza, non essendo interessato a provare il “quantum” in sè, e cioè oltre quel perimetro. Con conseguente carenza di ogni onere specificativo ulteriore.

Il sesto motivo di ricorso principale è manifestamente inammissibile poichè non coglie, come visto, la “ratio decidendi” afferente all’inopponibilità della compensazione al creditore pignorante.

Il settimo motivo è inammissibile perchè manifestamente infondato (Cass., Sez. U., 21/03/2017, n. 7155) atteso che il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona non con la sola notificazione dell’atto di citazione e intimazione di cui all’art. 543 c.p.c., ma con la dichiarazione positiva del terzo o con l’accertamento giudiziale del credito. Con la conseguenza che il credito pignorato può essere individuato e determinato nel suo preciso ammontare in data anche successiva a quella della notificazione dell’atto, senza che lo si possa considerare sorto dopo il pignoramento, poichè l’indisponibilità delle somme dovute dal terzo pignorato al debitore e l’inefficacia dei fatti estintivi si producono fin dalla data della notificazione (Cass., 09/03/2011, n. 5529, proprio in una fattispecie in tema di compensazione fra il debitore ed il terzo pignorato, di cui all’art. 2917 c.c.).

L’ottavo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile dato che la pronuncia sul merito ha logicamente superato quella inerente alla sospensiva.

5. Il motivo di ricorso incidentale condizionato è logicamente assorbito. Per tale ragione diviene irrilevante la mancata notifica dell’atto al debitore esecutato e agli altri creditori procedenti quali litisconsorti necessari (Cass., 09/01/2007, n. 217).

6. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 7.200,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi oltre al 15 per cento di spese forfettarie.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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