Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30620 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. II, 30/12/2011, (ud. 19/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.I., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in

calce al ricorso, dagli Avv. IZZO Domenico e Carla Rizzo,

elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultima in Roma, via

Anapo, n. 20;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, e per

quanto occorrere possa TRIBUNALE DI MILANO, rappresentato e difeso,

per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici

di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano in data 11 marzo 2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 19

dicembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Carla Rizzo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per la sospensione

del giudizio in attesa di decisione delle Sezioni Unite e in

subordine per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che L.I. ha impugnato per cassazione l’ordinanza in data 11 marzo 2009 con cui il Tribunale di Milano, 1^ sezione penale, ha rigettato l’opposizione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), dalla medesima proposta avverso il decreto di liquidazione del compenso professionale per l’attività di trascrittrice e traduttrice nell’ambito di un procedimento penale;

che a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 4024 del 2011, la parte ricorrente è stata rimessa in termini per proporre ricorso nelle forme del rito civile;

che in esecuzione di detta ordinanza, la L. in data 21 aprile 2011 ha notificato ricorso per cassazione al Ministero della giustizia;

che l’intimata Amministrazione ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che non si ravvisano ragioni di opportunità per sospendere il presente giudizio in attesa della decisione, rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria della 1^ Sezione civile 1 aprile 2011, n. 12621, sulla legittimazione passiva nei procedimenti di opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, atteso che nella specie il ricorso è di pronta soluzione per una questione assorbente e preliminare;

che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52;

che il motivo è inammissibile, perchè non rispetta la prescrizione formale dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile, non essendo accompagnato dalla formulazione del quesito di diritto;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma;

che nella specie il motivo non si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata;

che il secondo mezzo censura omessa e insufficiente motivazione in relazione alla mancata liquidazione delle attività diverse dalla traduzione;

che il motivo non reca la conclusiva formulazione del quesito di sintesi;

che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni della contraddittorietà della motivazione o per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid plurls rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie il motivo di ricorso, formulato ex art. 360 c.p.c., n. 5, è totalmente privo di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione della censura;

che pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’evocato Ministero della giustizia, che liquida in Euro 600,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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