Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30618 del 28/10/2021

Cassazione civile sez. I, 28/10/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 28/10/2021), n.30618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21203/2020 proposto da:

E.O.F., elettivamente domiciliato in Roma Via Della

Giuliana, 32, presso lo studio dell’avvocato Antonio Gregorace, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5001/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2021 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E.O.F., cittadino della Nigeria, ricorre con cinque motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 12 novembre 2019 che rigettava la sua impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il richiedente fondava la richiesta sulle seguenti circostanze:

– aveva scoperto ammanchi nella contabilità dell’azienda di famiglia causati dolosamente dallo zio il quale, per il timore di perdere il controllo dell’azienda stessa, aveva assoldato dei sicari che avevano ucciso suo padre e suo fratello, ferendo il richiedente che era riuscito a fuggire. La polizia non gli aveva offerto supporto per assenza di prove della vicenda da lui denunciata. Aveva perciò appiccato il fuoco alla officina e, per timore di essere arrestato e subire una carcerazione disumana, era fuggito dal paese.

La Corte riteneva inattendibile tale versione dei fatti per il lungo tempo decorso e il mancato esercizio di attività difensive, escludendo le condizioni per la protezione sussidiaria rispetto alle condizioni interne del paese e, quanto alla protezione umanitaria, riteneva innanzitutto ostativa la sostanziale valutazione di non credibilità della narrazione e, comunque, insufficiente il mero dato dello svolgimento di un’attività lavorativa in Italia.

Il ricorrente ha presentato una memoria con la quale, oltre a ribadire i motivi di ricorso, deposita copia di un contratto di locazione di una abitazione e la lettera di comunicazione della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato indeterminato nonché il CUD dei redditi del 2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla Direttiva 2004183/CE, recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese dal ricorrente ed al mancato supporto probatorio. La Corte di appello non ha rispettato l’onere di cooperazione istruttoria affermando le incongruenze del racconto del richiedente, frazionando le sue risposte e valutando singolarmente ogni questione. Invece, è evidente che il ricorrente ha esposto i fatti in modo lineare depositando anche delle dichiarazioni del suo avvocato che lo aveva assistito in Nigeria e di moglie e sorella nonché certificati di morte del padre e del fratello, documentazione che non è stata affatto valutata.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale aveva ribadito le incongruenze delle dichiarazioni del ricorrente in Commissione, motivando anche sull’assenza di rilievo della documentazione prodotta in quanto generica e poco credibile in sé (soprattutto metteva in dubbio la provenienza di quella dell’avvocato per evidente anomalie dei timbri e altro), ritenendo inconsistente la mera prova della morte di padre e fratello poiché non se ne indicavano le ragioni e, quanto alle dichiarazioni di altri familiari, troppo recenti e di poca credibilità. E la Corte di appello ha confermato, con espressa motivazione, il giudizio di non attendibilità sulla scorta dei fatti riferiti dal richiedente. Quindi, il motivo si risolve nella richiesta di una non consentita rivalutazione del merito.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 35 bis, comma 9, in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria. Si ritiene che non sia stata effettuata la valutazione delle condizioni interne del paese di provenienza.

Il motivo è inammissibile perché è limitato ad una generica doglianza, considerato che la sentenza motiva ampiamente sulla scorta di informazioni tratte da fonti puntualmente indicate (v. pag. 10 sentenza) sulla diversità dell’area in cui opera la banda terroristica (OMISSIS). L’evidente assenza di connessione con il contenuto della sentenza dimostra che si è in presenza di argomenti stereotipati utilizzabili per qualsiasi analogo procedimento.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente. Si trascrivono informazioni di fonti che il ricorrente ritiene affidabili. Con il quarto motivo si lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio – politiche del paese di origine: Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Entrambi i motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la connessione, sono inammissibili. Vale quanto già detto nel senso che era stata valutata, ed esclusa, l’attendibilità del richiedente; tale valutazione – che il ricorso definisce genericamente erronea, implicitamente quanto inammissibilmente insistendo nel chiederne una revisione in questa sede – non rendeva necessario alcun ulteriore approfondimento istruttorio circa la condizione individuale del ricorrente nel Paese di origine (cfr. Cass. n. 24575/2020). Ne’, d’altra parte, le fonti citate dal ricorrente smentiscono le valutazioni della Corte di merito circa l’assenza, nel sud della Nigeria, di una situazione di violenza indiscriminata.

Con il quinto motivo si deduce l’errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è inammissibile limitandosi a generiche asserzioni non ricollegate allo specifico provvedimento impugnato, che ha affrontato espressamente il tema qui riproposto.

E’, poi, inammissibile, a norma dell’art. 372 c.p.c., la produzione, in allegato alla memoria, di nuovi documenti attinenti al merito della decisione.

Il ricorso, quindi, è complessivamente inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021

 

 

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